Emiliano Fittipaldi, L’Espresso 8/6/2012, 8 giugno 2012
Qualche giorno fa il segretario di Stato Tarcisio Bertone ha ricevuto una relazione dal contenuto devastante: l’area sanitaria dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, l’ateneo cattolico che controlla l’ospedale Gemelli, ha un debito complessivo che sfiora il miliardo (750 milioni verso le banche e 170 verso i fornitori), e il rischio di un crac è vicinissimo
Qualche giorno fa il segretario di Stato Tarcisio Bertone ha ricevuto una relazione dal contenuto devastante: l’area sanitaria dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, l’ateneo cattolico che controlla l’ospedale Gemelli, ha un debito complessivo che sfiora il miliardo (750 milioni verso le banche e 170 verso i fornitori), e il rischio di un crac è vicinissimo. TARCISIO BERTONETARCISIO BERTONE "L’Espresso" ha letto la nota riservata datata 17 maggio 2012, in cui Giuseppe Profiti, fedelissimo di Bertone e consigliere della Cattolica, spiega senza fronzoli la gravità della situazione. Causata da cattiva gestione e dal fatto che i crediti iscritti a bilancio che il management dell’ospedale sostiene di avere nei confronti della Regione Lazio (circa 820 milioni che in teoria pareggerebbero i debiti, soldi che comprendono i 257 milioni di un lodo arbitrale ancora in corso) sono, in gran parte, inesigibili. giuseppe profitigiuseppe profiti La prospettiva, per il Gemelli, è da incubo. Taglio degli stipendi, licenziamenti, scissione tra università e nosocomio e vendita dell’ospedale. A dicembre la regione Lazio guidata da Renata Polverini ha detto di voler concedere al Gemelli non più di 79 milioni, mentre Profiti è più ottimista e spera che il tavolo appena aperto dal governo porti in cassa il 50 per cento della somma richiesta. Ma anche se così fosse il debiti residui non sarebbero "inferiori a 400 milioni di euro". Se la cifra fosse iscritta nel bilancio complessivo della Cattolica le conseguenze potrebbero essere disastrose. "Impossibilità di accesso al finanziamento bancario strutturato e l’esposizione a possibili istanze di fallimento presso il tribunale di Milano da parte dei creditori ovvero, qualora la situazione dell’Università venisse a conoscenza del giudice, l’apertura della procedura fallimentare ex officio. Pare il caso di segnalare", chiosa il "promemoria", "che il tribunale di Milano ha sviluppato un atteggiamento molto aggressivo". Come dimostra il caso del San Raffaele di Milano. Sogno infranto. In Vaticano "mala tempora currunt". Tra corvi, fughe di documenti riservati e guerre tra fazioni opposte la Santa Sede è sconvolta da scandali inauditi. Ma presto verranno al pettine altri nodi cruciali, magagne che finora sono rimaste ben nascoste sotto il tappeto e fanno tremare la Curia, perché la nuova crisi travolgerà la Chiesa in uno dei settori a cui tiene di più: quello degli ospedali controllati dai religiosi. RENATA POLVERINIRENATA POLVERINI ETTORE GOTTI TEDESCHIETTORE GOTTI TEDESCHI Eppure fino a poco tempo fa le speranze erano ben altre. Bertone aveva deciso, d’accordo con l’ex presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi (che insieme ad alcuni politici aveva inizialmente lanciato l’idea, come si legge in questo documento esclusivo) e lo stesso Profiti (il presidente laico del Bambin Gesù, fedelissimo dell’ex arcivescovo di Genova), di comprare il San Raffaele. Il salvataggio avrebbe dovuto essere il primo tassello di un’operazione più ardita, che comprendeva la creazione di un polo sanitario vaticano comprendente, oltre all’istituto fondato da Don Verzè, anche il Gemelli, l’Idi-San Carlo, il Bambin Gesù e la Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo. Un colosso. GIUSEPPE ROTELLIGIUSEPPE ROTELLI Ma con il passare dei mesi il puzzle immaginato da Bertone e Profiti è andato a farsi benedire. Il San Raffaele è finito nelle mani di Giuseppe Rotelli, Gotti Tedeschi è stato cacciato con disonore, il controllo dell’Istituto Toniolo (la fondazione che controlla la Cattolica) è finito nelle mani di un nemico giurato come Angelo Scola. Mentre ad esclusione del Bambin Gesù gli ospedali cattolici presentano conti sempre più negativi, e qualcuno rischia seriamente il crac finanziario. LACHAPELLELACHAPELLE Oltre al dissesto del Gemelli, all’Idi-San Carlo i medici e gli infermieri vengono pagati a singhiozzo (l’ultimo stipendio ricevuto è quello di marzo), mentre l’ospedale fondato da Padre Pio, con un rosso da 90 milioni in pancia, combatte una guerra impossibile per ottenere crediti che vanta dalla Regione Puglia. Due inchieste giudiziarie della procura di Roma (una sull’Idi e l’altra sul Gemelli, dove a fine 2010 sono "spariti" 800 mila euro destinati ai ricoveri) hanno cominciato a indagare sui possibili responsabili dello sfascio. Gemelli crac Partiamo dal Gemelli. I sindacati ricordano che i problemi sono cominciati nel 2006, quando - nonostante nuovi accordi prevedessero che la Regione ripianasse solo le prestazioni sanitarie prodotte - l’ospedale ha invece continuato a spendere e a spandere, iscrivendo a bilancio (che non è pubblico ed è "compreso" in quello della Cattolica) crediti che "rappresentano piuttosto", si legge nella relazione, "pretese di ripiano a pie’ di lista dei costi annuali del Policlinico". Anche nel 2011 la perdita non sarà inferiore a 60 milioni. SAN RAFFAELESAN RAFFAELE Com’è possibile che il "Vaticano II", come viene soprannominato l’ospedale dove viene ricoverato il papa, si sia avvitato verso la catastrofe? In questo caso la Santa Sede c’entra solo marginalmente: il controllo diretto della segreteria di Stato c’è solo per il Bambin Gesù e l’ospedale di Padre Pio, che sono di certo messi meglio dei loro cugini. padre pio2padre pio2 Il Gemelli è invece proprietà della Cattolica, il cui cda è stato nell’ultimo decennio guidato dal rettore dimissionario Lorenzo Ornaghi, diventato ministro della Cultura a novembre. Il rettore è stato chiamato dai vertici dell’Istituto Toniolo, il potentissimo ente che possiede il gruppo Cattolica e che ha di fatto avallato le scelte di Ornaghi e dell’ex direttore amministrativo Antonio Cicchetti, gentiluomo del papa che ha regnato sul Gemelli fino al 2010. Nel "comitato permanente" che tutto comanda, Bertone è in netta minoranza: la presidenza del Toniolo - che il braccio destro del papa voleva assegnare manu militari all’amico Giovanni Maria Flick, ex ministro della Giustizia ed ex presidente della Corte costituzionale - è invece passata per volontà di Ratzinger dalle mani di Dionigi Tettamanzi a quelle di Angelo Scola. Che ora, con l’aiuto di ruiniani di ferro come Dino Boffo, dovrà gestire la patata bollente. La spaccatura nel Toniolo e nel cda della Cattolica sulle soluzioni anti crac è totale. Le proposte di Bertone e Profiti (negoziazione a oltranza con la Regione Lazio, passo indietro dell’Università per dare maggiori poteri al nuovo direttore del Policlinico "affinché inizi l’operazione di razionalizzazione dei costi e di innalzamento della produttività") sono rispedite al mittente dalla maggioranza vicino a Tettamanzi e Scola, e considerate letteralmente un "tentativo di disegno egemonico sull’Università e il Policlinico" da parte della Santa Sede. lorenzo ornaghilorenzo ornaghi Il prossimo cda che dovrà approvare il bilancio consolidato è previsto per il prossimo 20 giugno, e sarà infuocato. Mentre la Chiesa si divide (la relazione arriva a sostenere "l’assoluta carenza di visione e comprensione dei sistemi di negoziazione a livello istituzionale con conseguente inefficacia, pressoché totale, sugli esiti dei negoziati con regione e ministero") oltre 5 mila famiglie sono con il fiato sospeso. "I medici, però, non protesteranno contro la Polverini", spiega uno dei leader della categoria: "La Regione Lazio stavolta non c’entra. Speriamo che il sostituto di Cicchetti, Marco Elefanti, riesca a salvarci. Ma abbiamo molta paura". IDI ISTITUTO DERMOPATICO DELL IMMACOLATAIDI ISTITUTO DERMOPATICO DELL IMMACOLATA E l’Idi non paga Dopo la mancata acquisizione del San Raffaele e la crisi del Gemelli anche la speranza del Vaticano di rilanciare l’Idi sembra svanita. "Non ci danno gli stipendi da tre mesi. I nuovi dirigenti? Peggiori dei vecchi, presto faremo ingiunzioni di pagamento", urlano i medici del più grande ospedale dermatologico d’Italia, piegato da un declino che sembra inarrestabile. Lo scorso novembre un’inchiesta de "l’Espresso" raccontò lo stato di salute del nosocomio di proprietà dei Figli dell’Immacolata Concezione, con 1.500 dipendenti e un buco record di circa 300 milioni di euro. A dicembre i pm di Roma hanno aperto un fascicolo, cercando di capire come può rischiare il default un istituto che fattura circa 80 mila euro al giorno. E’ la gestione del management che desta critiche: sprechi, investimenti sballati, strani finanziamenti. DINO BOFFODINO BOFFO GIOVANNI MARIA FLICKGIOVANNI MARIA FLICK Negli ultimi lustri in plancia di comando hanno tenuto il timone padre Franco Decaminada, leader indiscusso della congregazione che nel 2008 si è comprato una villa milionaria a Magliano in Toscana con 18 stanze e 23 mila metri quadri di terreno intorno; Domenico Temperini, ex direttore generale che organizzava per i preti convegni con politici di primo piano; l’imprenditore campano Giovanni Rusciano - che aveva il compito di gestire, secondo molti testimoni, i flussi di cassa dell’ospedale - e, come ha scritto "Il Fatto", il consulente Antonio Nicolella, ex agente di una struttura coperta dei servizi segreti. Dopo gli articoli dei giornali il gruppo dirigente è stato (apparentemente) sostituito con nomi nuovi: Bertone ha spedito un visitatore apostolico, ma pare non sia stato lui a nominare, lo scorso 5 aprile, il nuovo direttore Giuseppe Incarnato. La scelta è singolare: il manager napoletano, classe 1971, è stato licenziato in tronco da Unicredit il 29 ottobre 2010, come si evince dalle missive ottenute da "l’Espresso". Lettere in cui la direzione generale del colosso bancario contesta a Incarnato comportamenti che avrebbero "esposto la Banca a rilevantissimi rischi, anche reputazionali, tuttora in fase di definizione". Nel marzo del 2008, secondo la banca, Incarnato avrebbe prima raccomandato all’istituto un suo amico avvocato "eliminando" poi una segnalazione di sofferenza che gravava su di lui, e a dicembre dello stesso anno avrebbe effettuato delicate operazioni contabili in modo arbitrario. I guai non finiscono qui: il manager, denunciato penalmente da Unicredit, nel 2010 è stato rinviato a giudizio per concorso in truffa. ARCIVESCOVO DIONIGI TETTAMANZIARCIVESCOVO DIONIGI TETTAMANZI La scelta dei frati - pare ancora eterodiretti da Decaminada - è perfino più sorprendente visto che il maggior creditore dell’Idi, quello con cui bisogna trattare per non fare partire ingiunzioni, è proprio Unicredit, che ha prestato all’ospedale cento milioni tondi tondi. Miracolo a Foggia. L’ultimo tassello del progetto infranto di Bertone è in Puglia. A San Giovanni Rotondo sorge la Casa Sollievo della Sofferenza, fondata da Padre Pio nel 1956. Uno dei più grandi ospedali del Sud (57 mila ricoveri l’anno, di cui il 17 per cento extraregionali), un centro d’eccellenza controllato - questo sì - direttamente dalla Santa Sede. idi ISTITUTO DERMOPATICO DELL IMMACOLATAidi ISTITUTO DERMOPATICO DELL IMMACOLATA Nel 2008 Bertone ha spedito qui il suo amico Domenico Crupi, natali calabresi e carriera nella sanità pubblica della Liguria. Il manager - nonostante i maligni che a Roma gli fanno guerra da mesi - secondo i sindacati ha fatto un buon lavoro. "Ha ottenuto 14 milioni per ricerche sulle staminali adulte per combattere la Sla, riusciamo a ospitare gratis le famiglie dei bimbi malati di tumore, la curva dei costi è in discesa", spiegano dalla Uil. I 2.500 dipendenti sono però ugualmente preoccupati, e temono che anche qui esistano rischi di tagli. La Regione Puglia a fine dicembre 2011 ha annunciato che pagherà 8 milioni in meno di quanto previsto (l’ospedale riceverà circa 230 milioni) e sull’anno la perdita toccherà i 13 milioni. "Abbiamo impugnato al Tar le tariffe che ci rimborsa la Regione, molto più basse di quelle che avremmo se applicassero le leggi nazionali. In un secondo ricorso pendono altri 148 milioni. Ma difficilmente vinceremo", spiega con onestà un manager. "Peccato, con quei soldi potremmo fare investimenti". Alla fine, il debito nei confronti dei fornitori è di "appena" 90 milioni di euro. Un rosso coperto dal patrimonio dell’ospedale. Di questi tempi, numeri così sembrano un vero miracolo.