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 2012  giugno 02 Sabato calendario

Notizie tratte da: Piero Angela, A cosa serve la politica?, Mondadori Milano 2011.Gli svedesi hanno un reddito pro capite di 28

Notizie tratte da: Piero Angela, A cosa serve la politica?, Mondadori Milano 2011.

Gli svedesi hanno un reddito pro capite di 28.000 euro, i turchi di 9.000

«Ogni società si basa su due pilastri: produrre ricchezza, distribuire ricchezza. Nella distribuzione della ricchezza la politica, ovviamente, ha un ruolo primario» (14)

«È incredibile come una società che vuole essere moderna e competitiva abbia in realtà una ricerca umiliata, un’educazione che nei test internazionali risulta nelle posizioni di coda, un merito negato, un’assenza disperante di cultura scientifica, dei valori calpestati, una corruzione diffusa, un’assenza di un piano energetico degno di questo nome, delle università considerate tra le ultime nelle classifiche internazionali, pochissimo sostegno all’innovazione creativa e all’eccellenza, una cultura e un’informazione che non parlano quasi mai del ruolo profondo e "filosofico" della tecnologia, ma solo delle sue meraviglie o dei suoi guasti (che sono spesso proprio il frutto di un’incapacità di capirlo e gestirlo) [...] La Tabella 2 mostra il calo, in percentuale, negli ultimi 150 anni, degli addetti all’agricoltura in Italia, e la crescita invece degli addetti all’industria». (19-20).

«Alla fine dell’Ottocento un quarto della manodopera nell’industria era composta da bambini tra i 6 e i 15 anni, con orari di lavoro tra le 12 e le 16 ore a giorno» (20).

«Più un paese è industrializzato meno ha addetti all’industria (Tabella 4)» (21).

«Se potessimo tornare indietro di 150 anni cosa vedremmo? L’Italia del 1861 era una società contadina povera: quasi il 70% della popolazione lavorava nei campi. Andando in giro per le campagne avremmo visto tanti uomini con la zappa e la falce, e tante donne, invecchiate anzitempo, circondate da bambini a piedi nudi. Il cibo era poco, malgrado la fatica quotidiana dall’alba al tramonto. L’acqua la si tirava con i secchi dal pozzo. Ci si lavava poco. Quasi nessuno aveva una vasca da bagno (ancor meno un gabinetto...). Nelle campagne il gabinetto era fuori casa. Non esistevano week-end e vacanze (e tanto meno discoteche). Non c’era neppure la luce elettrica. Si partoriva in casa, con seri rischi di infezione (mia nonna morì di parto a 20 anni). Le donne passavano la loro giovinezza tra una gravidanza e l’altra, tra un allattamento e l’altro. La mortalità infantile era altissima: il 23% dei bambini moriva nel primo anno di vita (oggi lo 0,3%). L’analfabetismo era la regola: il 78 per cento della popolazione italiana era analfabeta con punte del 90%. Anche tra i giovani l’analfabetismo era altissimo: consultando gli atti di matrimonio del 1867 si scopre che si scopre che il 60% degli sposi firmava con una croce, e così il 79% delle spose. Lungo le strade polverose si sarebbero incontrati solo uomini su carretti o su somari, e donne con fagotti sulla testa, spesso con pochi denti in bocca. A quel tempo non era stata inventata neppure la bicicletta. Si moriva presto: bastava un’infezione per andarsene all’altro mondo (polmonite, tifo, tetano, tubercolosi). Gli abiti e le scarpe dovevano durare fino a completa consunzione.» (18-19)

«Al tempo dei romani una spiga di grano, a conti fatti, permetteva di ottenere soltanto cinque chicchi (di cui uno doveva essere tenuto da parte per la semina). È stato necessario aspettare il Rinascimento per aumentare la resa di un solo chicco [...] Attualmente in Italia gli addetti all’agricoltura (sia pure con la difficoltà di contare i clandestini) sono intorno al 4% della popolazione attiva. Ma producono infinitamente più cibo di quel 78% di contadini del 1861. Negli Stati Uniti, addirittura, oggi basta l’1 per cento della popolazione attiva per produrre cibo in abbondanza per tutti, e esportarne milioni di tonnellate (la Tabella 1 mostra quanto è aumentato il cibo pro capite in Italia dal 1861) (19 e seguenti)

Primario: agricoltura, pesca e attività collegate.
Secondario: industria, edilizia, artigianato, lavorazione delle materie prime.
Terziario: tutto ciò che non è agricoltura e infustria. Quindi: banche, commerci, assicurazione, PA, sanità, turismo, sport, ricerca, informazione, arte, spettacolo, editoria, scuola.

Un milione e 300 mila italiani hanno incarichi politici (24)

«Penso che se un economista fosse portato bendato in un gabinetto pubblico di qualsiasi paese del mondo saprebbe calcolare il pil pro capite, la scolarità media e il numero di libri letti dalla popolazione» (28).

«La natura è praticamente scomparsa» (29)

La metà delle gravidanze si concludono in un aborto senza che neanche la donna se ne accorga (31).

«Una società avanzata deve essere in grado di produrre gli antidoti ai propri veleni. E avere una classe politica capace di farlo, cioè capace di prevenire, controllare, gestire, punire» (35).

«Qualunque attività, di qualunque tipo, produce inevitabilmente scorie (qualcuno direbbe a causa del secondo principio della termodinamica: perché per avere neghentropia, cioè ordine, occorre energia)». (35)

«Per realizzare una Bibbia era necessario scuoiare un intero gregge di pecore, e impegnare un monastero per un anno per scrivere a mano, sulle pergamene, una o due copie della Bibbia» (36)

«Tra le venti città più inquinate del mondo, dodici sono cinesi» (39)

«La fusione atomica utilizzerà come fonte energetica l’acqua del mare (o per meglio dire il deuterio, un isotopo dell’idrogeno che vi si trova in abbondanza)» (46)

«Ogni volta che si gira un interruttore si inquina da qualche parte» (48)

«La peste del Manzoni del 1628 provocò la morte, a Milano, di 65 mila persone, più della bomba di Nagasaki; quella che devastò l’Europa tra il 1347 e il 1352 si calcola che uccise addirittura 25-30 milioni di abitanti» (48)

«Il "New York Times" ha l’inserto Arte, l’inserto Libri, e quello Educazione, ma non ha l’inserto Cultura. E ha un ottimo inserto Scienza» (51)

«Il pedagogista Tullio De Mauro mi ha illustrato un’indagine realizzata dall’Istituto Canadese di Statistica in collaborazione con l’Ocse in un certo numero di paesi, tra i quali il nostro. L’indagine, compiuta su un campione rappresentativo di cittadini, consisteva in 6 questionari concernenti la lettura, la scrittura e il calcolo. Le risposte venivano classificate in 5 livelli: il 4° e il 5° livello comprendevano coloro che avevano conseguito un risultato buono, o ottimo, il 3° livello un risultato mediocre, il 1° e il 2° erano coloro invece a rischio analfabetismo. Il quadro per l’Italia è il seguente: il 5% della popolazione non arriva nemmeno al 1° livello, cioè è letteralmente analfabeta. Ciò vuol dire che il numero degli analfabeti in Italia supererebbe nettamente i 2 milioni! In precedenti indagini risultava un numero inferiore (700 mila) ma derivava da un’autodichiarazione, non da un test reale.
«Al 1° livello (rischio analfabetismo) si trova il 33 per cento degli italiani. E un altro 33 per cento si ferma al 2° livello. Ciò significa che complessivamente oltre il 70 per cento degli italiani (il 71 per cento) non arriva neppure al 3° livello, cioè alla mediocrità! Solo il 20% si situa nella fascia sopra la mediocrità, e pochissimi raggiungono il 4° e 5° livello» (63-64).

«Ancora agli inizi del Novecento il 38 per cento dei nostri coscritti alla visita di leva risultava incapace di leggere e di scrivere (e c’erano già allora enormi differenze tra Sud e Nord, in Piemonte solo 6 per cento...) mentre negli altri paesi europei l’analfabetismo era stato ridotto al minimo [...] Ancora oggi due terzi degli italiani non comprano e non leggono libri. Su 50 milioni di italiani adulti, 15 milioni sono lettori saltuari e soltanto 4 milioni sono lettori abituali (meno di un italiano su 12)» (65).

«Alla domanda: ha usato o usa il computer?, hanno risposto sì: Norvegia 93 per cento, UK 90 per cento, Usa 86 per cento, Svizzera tedesca 85 per cento, Svizzera italiana 75 per cento, Italia 52 per cento (65: indagine dello stesso istituto dei 5 livelli) (64)

«Quasi la metà dei giovani italiani ritengono che lavorare meglio degli altri non giustifichi retribuzioni maggiori, mentre il 90 per cento degli americani, per esempio, ritiene che le persone con maggiori abilità dovrebbero guadagnare di più» (73)

«L’uguaglianza, nello sport, non consiste nel far giocare tutti i cittadini italiani a turno nella Juventus, o nel Milan» (73).

«Un italiano su due dichiara di aver trovato lavoro grazie ad amicizie/raccomandazioni; solo il 5 per cento lo ha fatto attraverso agenzie o cacciatori di teste. Inoltre un italiano su quattro si rivolge a un politico per ottenere la soluzione di un suo proiblema» (75).

«Secondo dati Istat rielaborati da Confindustria (tabella 8), l’Italia avrebbe bisogno ogni anno di 20 mila ingegneri in più, di 15 mila economisti statistici in più, di 8 mila fra medici e altre figure sanitarie in più, mentre c’è un esubero di 4 mila laureati in psicologia, 4 mila architetti, 17 mila laureati in Lettere o in Lingue. Andando a vedere nel dettaglio si scopre che gli iscritti a psicologia sono pari agli iscritti a matematica, fisica e informatica messi assieme. E che ci sono più futuri sociologi e laureati in scienze politiche che medici. Gli iscritti ai corsi di Scienza della Comunicazione sono oltre 52 mila... Per quanto riguarda Giurisprudenza ci sono oggi più avvocati a Roma che in tutta la Francia» (78).

«In altre parole in questo secolo e mezzo il terziario avanzato ha potuto crescere moltissimo solo grazie al fatto che nel primario (agricoltura) e nel secondario (industria e affini) vi è stato un tale aumento di efficienza che oggi bastano poche persone per produrre cibo e oggetti per tutti. C’è stata, cioè, una straordinaria moltiplicazione dei pani e dei prodotti di ogni tipo che hanno permesso per esempio a 10 milioni di studenti di studiare e a un milione di insegnanti di insegnare senza dover produrre cibo, oggetti o servizi perché l’efficienza dell’ecosistema tecnologico ha reso possibile questa evoluzione» (80)

«Ricordo in proposito l’esperienza di un giovane ricercatore italiano, laureato in geologia. Dopo aver conseguito il Ph.D. all’università di Berkeley in California, tornò in Italia per partecipare a dei consorsi universitari, e fu regolarmente trombato. Gli chiesi perché non concorreva per un paio di posti all’università di Berkeley, dove aveva studiato per 4 anni, e conoscevano le sue qualità. Mi rispose che non poteva concorrere a Berkeley perché la regola è che non è consentito avere una cattedra nella stessa università dove si è conseguito il dottorato di ricerca, proprio per evitare eventuali favoritismi» (84).

«Il 19% dei ricercatori italiani espatria, mentre arriva nel nostro paese solo lo 0,7% dei ricercatori dell’area Ocse» (dati del Forum Economia e Società aperta) (86).

«Dopo la Seconda Guerra Mondiale la Montecatini decise di finanziare le ricerche che il chimico Giulio Natta conduceva al Politecnico di Milano e che riguardavano la creazione di molecole sintetiche. Nel 1954 lo scienziato scoprì come costruire il polipropilene isotattico: la molecola di base del moplen. Per questo risultato Natta vinse il Nobel nel 1963, mentre la Montecatini diventò un’azienda leader nella produzione di materie plastiche» (88).

Frammentazione italiana: su 23 milioni di imprese europee, 6 milioni sono italiane (90)

La regina Vittoria, che aveva appena assistito a un esperimento, chiese al fisico Michael Faraday: «A che cosa serve questa elettricità?». Faraday rispose: «Non lo so, Maestà. Ma so che un suo successore ci metterà una tassa sopra» (94).

1934: fissione nucleare di Fermi (95)

«Molti anni fa mi recai in Svezia per realizzare un documentario sul rapporto Stato-cittadini. E scoprii una cosa sorprendente: che il ministro non poteva dare ordini al ministero. Addirittura non poteva nemmeno risiedere nello stesso palazzo. Perché? Perché il ministro rappresenta il governo, che è una struttura politica eletta solo da una parte dei cittadini, mentre il ministero è una struttura pubblica che rappresenta tutti i cittadini, cioè lo Stato. Lo Stato e il governo sono infatti due cose completamente diverse, in un certo senso contrapposte, perché lo Stato rappresenta la collettività, il governo solo una maggioranza provvisoria. E bisogna evitare che questa parte di cittadini che un provvisorio potere prevarichi sugli altri, cioè sulla comunità dei cittadini. E chi è allora il capo del ministero? Il direttore generale» (107)

Indipendenza dell’apparato statale dai politici e dai partiti (104).

«(In Svezia) un altro controllo è quello operato sia sull’apparato statale sia sul governo, attraverso una legge che dice che qualsiasi atto pubblico deve essere pubblico, con pochissime eccezioni (offerte per aste, segreti militari, trattati internazionali in corso ecc.). Questo vuol dire, in teoria, che persino la posta del ministro è un documento pubblico. E infatti mi recai con un giornalista di un’agenzia di stampa svedese nell’ufficio di un ministro (momentaneamente assente) e il giornalista svedese chiese alla segretaria di poter visionare la posta del ministro!» (105).

«In passato il sistema francese era simile a quello italiano, le assunzioni avvenivano attraverso concorsi pubblici, che ogni amministrazione effettuava per conto suo. Ma nel dopoguerra è stato creato a Parigi l’ENA, École Nationale d’administration: è da questa scuola che escono i top manager degli apparati statali (ma anche i presidenti della Repubblica come Valéry Giscard d’Estaing, Jacques Chirac, moltissimi primi ministri e quasi tutti i grandi dirigenti non solo dell’amministrazione pubblica ma anche dei grandi enti e aziende statali. La selezione è durissima e basata su un criterio completamente meritocratico» (107)

«In un precedente libro, con Lorenzo Pinna, avevamo elencato per esempio i settori che in una regione italiana si occupavano di ambiente: "Natura 2000: osservatorio regionale per l’ambiente", "Conservazione natura", "Conservazione qualità dell’ambiente", "Conservazione foreste", "Sviluppo sostenibile", "Difesa del suolo", "Coordinamento uffici decentrati per l’ambiente"» (107)

«Quante persone vivono nell’ambito del sistema? Per avere un’idea della dimensione del fenomeno basta leggere uno studio pubblicato dal sindacato Uil, dal quale risulta che in Italia ben 1 milione e 300 mila persone vivono di politica! Se si aggiungono i loro familiari si arriva a una cifra molto consistente.
«È un esempio composto da oltre 145 mila tra parlamentari, ministri sottosegretari, amministratori locali. A essi vanno aggiunti 12mila consiglieri circoscrizionali, 24 mila persone nei consigli d’amministrazione delle 7 mila società, enti, consorzi autorità di ambito, 318 mila persone che hanno un incarico o una consulenza. Inoltre la massa del personale di supporto politico per gli uffici di gabinetto dei ministri, sottosegretari, presidenti di regione, provincia, sindaci, assessori regionali, provinciali, comunali: i direttori generali, amministrativi e sanitari delle Asl; la moltitudine dei componenti dei consigli d’amministrazione degli ATER e degli enti pubblici.
«Secondo questo studio ogni anno i costi della politica (per i dettagli è consultabile il sito della Uil), diretti e indiretti, ammontano a 24,7 miliardi di euro (18,3 miliardi più 6,4 miliardi per i costi derivanti da un sovrabbondante sistema istituzionale). Rispetto agli altri paesi europei l’Italia spende il 30 per cento in più per la politica» (108-109).

Il debito pubblico, si è distribuita ricchezza non prodotta (110).

Premi e punizioni in 118 e seguenti

Il sindaco di Vilnius, in Lituania, schiacciava con un carro armata le auto ostinatamente parcheggiate in divieto di sosta (122)

La ragazza sulla spiaggia che si allontana lasciando la radio in bell’evidenza sull’asciugamano. Il caso in cui i vicini lasciano rubare la radio, solo indignandosi tra di loro, e quello in cui intervengono a difesa della radio (126-127)

Il Nord Italia produce un reddito pro capite superiore a quello della Svezia, mentre nel Sud Italia la produzione del reddito è inferiore a quella del Portogallo (129)

«Spesso si dice che la televisione perde telespettatori, e che ormai tutto si sta spostando su Internet, sul web. A guardare i dati non sembra. Questo è certamente vero per i giovani, ma non sempre (del resto anche su Internet si vedono i programmi televisivi, e questo ascolto non è rilevato). I dati dicono, in realtà, che gli ascolti sono aumentati. Negli ultimi 5 anni la platea televisiva è aumentata del 6 per cento, sfiorando la media di 10 milioni di spettatori nelle 24 ore (naturalmente con punte molto elevate nella prima serata, mediamente di oltre 25 milioni). Gli ultimi dati sono in ulteriore crescita, probabilmente per effetto della crisi, che fa rimanere in casa molta gente [...] Il consumo medio pro capite è ora di circa 4 ore e 6 minuti al giorno. È una dose molto elevata, a pensarci bene: tenendo conto che l’ascolto si estende non solo al sabato e alla domenica, ma anche nel periodo estivo e nelle ferie comandate, le ore totali annue ammontano a circa 1.500 (in realtà sono circa 2.000 se si escludono le persone che non guardano mai la tv). Le ore passate a scuola da uno studente sono circa 800-1000» (134-135).

«Per quanto strano possa sembrare, io ho avuto l’occasione di intervistare una persona che ha conosciuto bene un soldato che era alla battaglia di Waterloo. Come è possibile, se dalla battaglia di Waterloo sono passati quasi 200 anni? Il conto è presto fatto: questo soldato, nato alla fine del Settecento, morì, molto vecchio, nel 1892; l’uomo che io intervistai era nato nel suo stesso villaggio nel 1877 e aveva 87 anni quando lo incontrai (nel 1964). Quindi, fino all’età di 15 anni (tra il 1877 e il 1892) quest’uomo ebbe occasione di frequentare il reduce che gli raccontò varie cose della battaglia» (146)

«Nel 1950 l’Europa aveva 500 milioni di abitanti: si prevede che nel 2050 sarà aumentata di poco, 600 milioni (ma molti di questi nuovi abitanti saranno immigrati) (ma molti di questi nuovi abitanti saranno immigrati). L’Africa invece nel 1950 aveva solo 220 milioni di abitanti, e si prevede che nel 2050 ne avrà forse 2 miliardi e 200 milioni. Poco meno di Cina e India messe insieme oggi. In tutto l’Occidente le nascite stanno diminuendo e stanno rapidamente cambiando i rapporti demografici tra i continenti. Nel 1950 la percentuale della popolazione europea e americana nel mondo era del 29%, nel 2050 si sarà ridotta all’11 per cento. Ma gli italiani diminuiranno più rapidamente degli altri, le nascite sono ridotte al lumicino. Nel 1900 ogni donna italiana aveva mediamente quattro figli, nel 1930 tre, nel 1980 due, oggi solo 1,3. Il dato sale a 1,4 con le nascite delle donne extracomunitarie (che hanno un tasso di riproduzione doppio di quelle italiane: 2,6 [tabella 14] [...] In poco più di 50 anni i bambini in Italia si sono quasi dimezzati, mentre gli anziani con più di 65 anni si sono raddoppiati (gli ultraottantenni addirittura quadruplicati). Gli ultracentenari sono già più di 15 mila. Si prevede che nel 2050 l’Italia avrà una popolazione di 60 milioni di abitanti con 20 milioni di anziani e 10 milioni di extracomunitari in buona parte badanti. Essi rappresentano quindi la metà della popolazione» (148-149).