Raffaella Polato, Corriere della Sera 2/6/2012, 2 giugno 2012
MILANO —
Giù, senza freni. L’ennesimo calo delle vendite auto era ampiamente previsto ed è, ora, confermato dalle cifre ufficiali: in maggio le immatricolazioni sono scese di un ulteriore 14,26%, a quota 147 mila. Per una volta l’Italia non è il peggiore tra i grandi mercati europei: in Francia il crollo supera il 16%. E da noi c’è, all’apparenza, un leggero rallentamento del trend: in aprile le perdite erano arrivate al 18%, per i primi quattro mesi dell’anno la media rimane ancora più alta e continua a star sopra il 20% (dati del centro studi Promotor). Nell’uno e nell’altro caso, il confronto con i transpalpini e quello tutto interno, le buone notizie sono però relative. E non soltanto nei numeri. Le percentuali restano pur sempre a due cifre. Se poi scendono un po’, è perché la crisi ha ormai raggiunto dimensioni tali da intaccare persino il perimetro minimo di riferimento. I costruttori, i concessionari, l’intera filiera dell’automotive ripetono da tempo che a questi livelli il mercato torna dov’era vent’anni fa (per rivedere un maggio così basso occorre riandare al 1993, ricordano le imprese italiane riunite nell’Anfia). Ma c’è una nuova, pessima svolta. La sottolineano le case estere. È l’Unrae, la loro associazione, a notare come a questo punto, dopo sei mesi di rosso spinto, a diminuire sia direttamente il «parco circolante». Tra gennaio e aprile si è ridotto di 26.600 macchine. E questo significa, brutalmente, che altrettanti proprietari hanno «rottamato» la vecchia auto senza potere (o volere) sostituirla con una nuova. «Demotorizzazione», la definisce l’Unrae. Il cui presidente, Jacques Bousquet, richiama nemmeno troppo velatamente il governo: «Preso da altre priorità, non riesce a intervenire sul rilancio del settore e dell’economia».
Il riferimento è evidente: la richiesta di incentivi si alza sempre più forte da tutta la filiera auto. Compatta, con un’unica eccezione: la Fiat. La posizione ufficiale di Torino è sempre la stessa: «No grazie, gli aiuti drogano il mercato». Nemmeno il Lingotto può però reggere una situazione come questa. Anzi: ha spesso pagato conti più salati della media. È andata meglio a maggio, chiuso con perdite ridotte all’11,2% e con un parallelo, leggero incremento di quota (dal 31,4% al 31,6%). Ma il quadro di fondo non cambia, rimane quello di un settore che, quest’anno, starà sotto il livello di sopravvivenza del milione e mezzo di vetture. Qualcosa anche la Fiat deve fare, tanto più in uno scenario di sconti selvaggi targati soprattutto Germania. Sergio Marchionne si è intanto inventato l’inedita forma di incentivi «privati» annunciata ieri (se poi arrivasse anche qualcosa dal pubblico, ovviamente non sarebbe Torino a dire no): la benzina a un euro per chi acquista auto del principale brand torinese.
Se dall’Italia, e dall’Europa, il trend dell’auto 2012 è di recessione dura, il Lingotto continua a bilanciare ampiamente con gli Stati Uniti. La corsa di Chrysler non si ferma, anzi: le vendite sono aumentate di un altro 30%. È la miglior performance del mese di maggio degli ultimi cinque anni. E batte ancora nettamente le altre due big Usa: Ford +12,6%, General Motors +10,9%.
Raffaella Polato