Riccardo Staglianò, il venerdì 1/6/2012, 1 giugno 2012
PADRI E FIGLI
LIVORNO. Il riassunto migliore sta già tutto nei cedolini dei de Filicaia, padre e tìglio.Cognome nobile, professioneportuali. Con la pensione diVincenzo ci vengono fuoriquasi due stipendi di Yari. Detta altri-menti, il riposo del primo vale il doppiodel lavoro del secondo. «E non è niente aconfronto con i primi anni 80: prendevoun milione al mese, contro le trecento-mila lire di un operaio normale. Potevamo permetterei un sacco di cose: vacan-ze all’Abetone, cabina al mare tutta lastagione, cene fuori» ricorda questo cinquantenne che ha già fatto buon uso delprimo sole. Nostalgia, nostalgia canaglia.Il suo bimbo, un trentaseienne col fisicoda rugbista, il primo tempo allegro delfilm della loro vita l’ha vissuto da spetta-tore. E ora che è protagonista del secondo non può sottrarsi al gioco triste dellesimilitudini: «Da gruista il rapporto con la paga degli operai è di uno a uno. Senzamia moglie che lavora, con due figlio, faticheremmo ad arrivare a fine mese». Perlui, «siamo la prima generazione che vivrà peggio dei propri genitori», non è so-lo un mantra giornalistico. E non avevaneppure bisogno della recente conferma ,Istat per capire che i salari non sono marstati così fermi dal 1983. Quando suo padre strecciava, Utero e bello, con x» lui accanto sulla litoranea del Sorpasso. Qualcosa si è rotto nella cinghia ditrasmissione delle «magnifiche sorti».La storia non o finita, ma ha tempora-neamente messo la marcia indietro. Come questa carrellata di generazioni acoììtronto dalla provincia italiana ribadisce. Nessuno si salva. Sergio Neri, 65 an-ni, è il padre di Nicola, 37. Li incontro nelloro studio di avvocato a cento metri dallungomare. «In quegli anni avevo quat-tro figli che portavo un mese in vacanzaall’Elba. Una casa di famiglia e una bel-lissima Lancia lieta 1600, comprata usa-te) ». L’unico ninnerò in comune con il fi-glio è «un terzo». Ovvero, la percentualedi denaro che riusciva a mettere da par-te ogni anno. Con la differeii/.;» che il gio-vane vive ancora da lui, usufruisce dellostudio e delle bollette pagate e ha da sfa-mare cinque bocche in meno. «Babboera la tessera 171, io la 1071» cerca dicontestualizzare, «sono state abolite letariffe. Livorno era il secondo porto ita- liano, ora è l’enne-simo. Ma al nettodi tutto questo...».Le vacanze le faali’estero, perchévolando low cost,costano di menodi qualsiasi altromare italiano. E«Aw.», per quantolo riguarda, po- I rebbe benissimo rimandare ad avventi-y.io invece che a un blasone d’antan.1 docenti pubblici il paradiso nonl’hanno mai conosciuto. Ma ciò non li hamessi al riparo dalla caduta. Luca Cata-norchi nell’83 insegnava italiano al liceoe si sentiva «economicamente solido»,con una casa di proprietà e una «vitamolto incardinata», che comprendevadue figlie e una moglie insegnante anchelei con cui ogni estate andare in Dalma-zia e in montagna. Viola, una delle duebambine di allora, ne ha seguito le orme,ma non gli stati d’animo. Dopo sei annidi supplenze, in cui l’appuntamento piùcaldo dell’estate era la fila dall’Inps perla disoccupazione, è entrata di ruolo nel2010. «Tutti i giorni a Cecina e la mia(SOO non ce la fa più. Sto per coni- W9 prare un’auto nuova, con l’aiuto dibabbo». Vive in affitto con il fidanzato,«un tempo indeterminato» che da qua-lifica contrattuale sembra diventatauna virtù teologale, non hanno figli, so-no stali in Grecia e una volta addirit-tura ai C;«’aibi, ma per il resto nientestravizi. Eppure non riescono a mette-re da parte un euro. «Il futuro? È sino-nimo di timore. Però almeno il presen-te è più stabile di due anni fa».Bisogna sapersi accontentare. Con-centrarsi sul qui e ora. Convertirsi allareligione del bicchiere-mezzo-pieno.Succede cosi anche in casa Morandi,duecento chilometri più a nord, nella ci-vilissima Reggio Emilia. Provincia privi-legiata, ma non per questo immune dalladinamica «si stava meglio quando si sta-va peggio». Nicola è figlio di Lucetta chea sua volta ha ereditato l’albergo omoni-mo dal padre. Fatturati in crescita sinoalla Grande Contrazione, alcuni anni fa. «Vendiamo a prezzi del 2007 ma con icosti del 2012» riassume Nicola, e detta-glia l’ammontare di luce, gas, «i 432 euroal mese di abbonamento a Sky che nonpuoi non dare» e di vari altri esborsi.«Una volta i margini su una camera era-no del 60 per cento, oggi del 20-25». TIsuo tenore di vita, rispetto a quello disua madre che ha anche sistemato lui oil fratello con una casa a testa, si è ri-stretto di conseguenza. «Ho eliminato tutto il superfluo. Nove volte su dieciquando vedo una camicia che mi piace-rebbe, resta in vetrina. E i libri, che com-pravo a buste intere, li sfoglio in libreriama poi li ordino su Amazon, con lo scon-to». Tra il non necessario ha mantenuti)solo la sua passione, le ultramaratone,quei massacri podistici da disputare sul-la sabbia in varie parti del mondo. «Il bi-glietto aereo e l’iscrizione costano, poiperò sto due settimane in condizioni disopravvivenza, con uno zaino da 25 chiliche diventa la mia casa». Allenamentoideale per il back to hasics. Per il momen-to il taglio dei costi in albergo si è ferma-to alle ciabatte per gli ospiti, ieri di unabella spugna cicciottella, oggi cinesi epiù spelacchiate, due terzi meno care.«È cambiato tutto, forse dovremmocambiare anche i contratti per i nostridipendenti» azzarda Nicola, ma sua ma-dre non ci sente: «Come potrei spiegarloa persone che conosco da una vita?». È cambiato tutto, ma c’è chi fa fintadi non crederci. Paola Silvi e Maria Ber-tozzi più che madre e figlia sembrano fo-tocopie genetiche. Stessi occhi. Stessonaso. Diversissima è solo la fiducia chela prima aveva nel domani quando aveval’età della ragazza trentenne. «Quando ilPci dismise la libreria Rinascita, in cuilavoravo da commessa "spolveratrice",feci un piano imprenditoriale, chiesi unmutuo e la rilevai». La libreria AU’Arco,con le sue volte infinite, è una tra le piùbelle d’Italia. Silvia, separata dal marito,cresceva la bimba in negozio o d’cstato,chiuse le serrande, ri-iniziava con le fe-ste dell’(7/»tò sino alle due o le tré. «Perògli afifari andavano bene. Mentre da gen-naio di quest’anno non mi do più lo sti-pendio». Per continuare a darlo ai diciot-to dipendenti, compresa la figlia, che do-po un master americano in managementdello sport da sette anni è tornata allabase. Dice: «Prima si trattava di allarga- rè l’attività, ora di farla sopravvivere.Da quel che mi racconta mamma ioprendo meno della metà di allora, e noninvestiamo più». La casa l’ha ereditata,si veste agli outiet e non ha auto. Con-stata: «La gente entra, ma non com-pra». Non siamo mai stati grandi letto-ri, e ora siamo anche poveri.Resiste giusto Marzia Dall’Aglio. «Avenl’anni lavoravo, non ho studiatoquanto avrei voluto, e ora leggo il più possibile» confessa il locale segretariodel sindacato pensionati Cgil. «Neglianni 80, con mio marito "trasfertista",volevamo farci una bella casa. E così èstato. Ci siamo tolti qualche soddisfa-zione, abbiamo mantenuto nostra fi-glia al conservatorio. Ora siamo rassi-curati dal fatto che i miei genitori ab-biano l’orto e le galline. E temiamo,con l’età, i costosissimi problemi didenti». Giorgia, trentatré anni, ha ap-peso il clarinetto al chiodo («non èaria») ed è diventata sindacalista an-che lei. Ma le analogie si fermano qui:«Ho la fortuna che il mio moroso hauna casa. Facciamo ogni tanto deiweekend fuori e, negli anni, siamo sta-ti in Provenza e in Germania. Ma ave-te visto quanto è rincarata la benzina?Per il pieno mi va via quasi il doppio».Con gli stessi litri, una volta, si andavamolto, mollo più lontano.