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 2012  giugno 01 Venerdì calendario

RISERVATO



Roma-Washington Confidential. Nei dispacci sconosciuti che pubblichiamo, spediti (prevalentemente) dall’ambasciata americana in Italia al Dipartimento di Stato Usa, riaffiora una Repubblica un po’ delle banane, sospesa fra il primo centrosinistra e la strategia della tensione. Poi arriverà il sequestro Moro a cambiare lo scenario e il tono delle missive, Riferite da fonti italiane attendibili e fin troppo ubique, vengono riportate miserie e nobiltà della nostra politica: con un linguaggio che oscilla tra l’obiettività della stampa anglosassone e il gossip da tabloid. Compaiono anche due imprenditori: Gianni Agnelli e Giangiacomo Feltrinelli. Quest’ultimo in versione rivoluzionaria, però. Su richiesta del Dipartimento di Stato, o per iniziativa spontanea, da Palazzo Margherita (monumentale sede dell’ambasciata in via Veneto) vengono però spedite soprattutto informative sui leader più in vista, Naturalmente de, se si esclude Giorgio Napolitano: Moro, Fanfani, Andreotti, Rumor, Leone, I giudizi sono a volte impietosi, ma ambasciator non porta pena, perché sono gli stessi leader che così si pronunciano sui capi delle correnti rivali. Riferendo sulla crisi del centrosinistra, su Lotta Continua, sulle beghe dc, su Piazza Fontana o le Br, l’amico americano adotta un tono che oggi risulta stralunato: certe umorali convulsioni italiane dovevano essere incomprensibili, o irriferibili, nel linguaggio diplomatico yankee. Inevitabile, quindi, che la morte di Feltrinelli si sia svolta in «circostanze da film diJames Bond», Ma, nonostante lo sguardo perplesso e l’effetto comico probabilmente involontario, gli amici americani di Palazzo Margherita erano abbastanza ragionevoli nelle loro valutazioni sull’Italia e le sue crisi. E neppure troppo allarmisti sul pericolo comunista. Adesso bisognerebbe capire se, a Washington, i loro rapporti avevano qualche peso o erano considerati carta straccia. Arrivata da un lontano Paese mediterraneo. LONDRA. Gianni Agnelli? «Un ex playboy, di una bellezza classica, timido, freddo, intelligente». La morte di Giangiacomo Peltrinelli? «Come in un film di James Bond». Andreotti? «Un buon amico de- gli Stati Uniti». Rumor? Più preoccupa- to da Moro che dai comunisti. E poi Saragat che, dal Quirinale, chiede agli Usa di indicargli un istituto di sondaggi fidato; Napolitano, che incontra l’ambasciatore inglese e gli assicura che il compro- messo storico sarà solo una transizione verso «un’alternanza al potere di tipo britannico»; il capo di Stato maggiore generale Marchesi, che si dichiara pronto a mettere l’esercito al fianco dei «politici democratici, contro i comunisti». E Adriano Sofri, che si prepara a formare Lotta Continua. E poi la strage dei Piazza Fontana, l’omicidio Calabresi, l’espulsione dei leader del manifesto dal Pci, per poi arrivare al compromesso storico e all’eurocomunismo. Due decenni di vi- ta politica italiana, tra gli anni Sessanta e Settanta, sotto la lente d’ingrandimento dei rapporti top secret del Dipartimento di Stato americano e del Foreign Office britannico. Documenti che Il Venerdì ha potuto esaminare. Spie e diplomatici di Washington e di Londra guardavano con attenzione e preoccupazione al nostro Paese. Era l’epoca della Guerra fredda. In Italia infuriavano la contestazione giovanile, l’autunno caldo, il Pci aumentava i consensi, la politica girava ancora attorno alla De, ma oscillando tra le incertezze del governo di centrosinistra e le tentazioni di patti con i comunisti. Vista dal di fuori, una nazione complicata, fragile, dove tutto poteva accadere. Sicché pacchi di cablo riservati partivano dalle ambasciate di Stati Uniti e Gran Bretagna, a Roma, diretti alla Casa Bianca e a Downing Street». Nel luglio 1968, per esempio, a Washington arriva un lungo ritratto di Giovanni Agnelli, «detto Gianni, da pronunciare Johnny». Nota l’autore, il console americano a Torino, dotato di un umorismo forse involontario: «Fino a qualche anno fa, Agnelli aveva la reputazione di essere un playboy internazionale e, secondo alcuni rapporti reperibili presso il nostro consolato, si è impegnato molto per mantenerla. Si dice che avesse una relazione perfino con una delle figlie di Churchill». Segue una precisa descrizione fisica di Agnelli: «La sua è una bellezza classica. I suoi capelli, grigi e ondulati, non sono molto corti. Ha i lineamenti del viso marcati. È una personalità tutt’altro che calda, come il suo sorriso». Ancora dal consolato americano, una notizia sco-nosciuta ai più: nessuno, nel suo entourage lo chiamava Avvocato. Laureato in Legge, Gianni Agnelli «è chiamato "il dottore", giacché non ha mai esercitato la professione forense». Ma la sua aura mondana fa colpo: «È membro di diritto dei jet set e conosceva personalmente l’allora senatore John Kennedy e moglie. Si dice sia stato loro intimo amico. Infatti, quando nell’estate del 1963 il consolato di Torino era in procinto di essere chiu- so, è stata probabilmente la sua persona- le intercessione presso il presidente Kennedy a far revocare l’ordine». E più avanti: «Sebbene ammiri il progresso del nostro Paese, c’è da dubitare che abbia una predilezione per gli Stati Uniti. È stato piuttosto freddo con me tutte le volte che ci siamo incontrati. Durante la recente visita del nostro ambasciatore alla Fiat, lo ha ricevuto in un grande salone, ma lo ha fatto rimanere in piedi per tutti i quindici minuti del colloquio, per quanto nella sala vi fossero varie sedie». In conclusione: «Esercita grande influen-za sulla vita economica italiana e ammi-ra molto gli Stati Uniti, ma non ci ama».Pochi mesi dopo, dicembre ’68, unrapporto segreto dell’ambasciata ameri-cana analizza il nascente movimento stu-dentesco italiano. «Molti giornali hannotracciato frettolose similitudini con ilMaggio francese. Tuttavia la rivolta stu-dentesca italiana non ha paralizzato lanazione e non si è congiunta alle forzeradicali del sindacalismo e della politica,sviluppo che a nostri) parere avrebbe po-tuto condurre a serie conseguenze. Ilmovimento italiano va monitorato, seb-bene sia disorganizzato, incoerente, sen-za guida e caratterizzato da intellettuali-smi adolescenziali piuttosto che da un autentico zelo rivoluzionario».Ma un anno più tardi,qualcosa cambia. Il 26 no-vembre 1969, parte un altrorapporto, stavolta dal conso-lato americano di Firenze.«La scorsa estate, AdrianoSofri, i] leader dell’ala pisanadi Potere Operaio, ha trascor-so un lungo periodo a Torinoinsieme a molti suoi collabo-ratori, con l’obiettivo di fo-mentare disordini alla Fiat edi creare un nuovo movimen-to, Lotta Continua. Tale for-mazione intende porsi comeveicolo dell’attivismo studen-tesco e operaio nelle grandi città. Tutto indica che Lotta Continuamira a fare proseliti tra gli operai delNord e a mantenere una base tra i mili-tanti duri ed estremisti dell’Universitàdi Pisa». Tre giorni più tardi, un tele-gramma informa Washington del-l’espulsione di Rossana Rossanda, AldoNaioli, Luigi Pintor e Lucio Magri dalPci per «la loro attività faziosa» risul-tante dalla pubblicazione del manifesto’.«Vedremo se l’espulsione porterà aduna sensibile agitazione all’interno delPci» si conclude la nota, «e se il manife-sto stesso, un periodico molto tetto,continuerà le pubblicazioni».Passa un mese e, il 12 dicembre 1969,Theodore Eliot, funzionario del diparti-menta di Stato, riferisce al segretario di Stato Henry Kissinger un rapportotelefonico urgente ricevuto dall’amba-sciata di Roma riguardo all’attentatoche ha tatto 17 morti alla Banca nazio-nale dell’Agricoltura a Milano: «In for-ma riservata» scrive poche ore dopo ifatti, «siamo stati informati che sonogià iniziati gli arresti di elementi dell’ul-trasinistra, cioè maoisti, anarchici egruppi del Potere Operaio».Siamo all’inizio della strategia dellatensione. È in quegli stessi mesi che Kis-singer trasmette ai suoi consiglieri un or-dine di Nixon: «II presidente chiede chesia preparato uno studio sulle possibiliconseguenze sulla politica americanadell’ingresso dei comunisti nel governoitaliano nell’arco dei prossimi due o tréanni». Il rapporto, stilato da esperti deldipartimento di Stato, della Difesa e del-la Cia, viene consegnato a Ni-xon nel gennaio 1970. La con-clusione è che sia «improba-bile» un ingresso a breve ter-mine del Pci nel governo.Tuttavia individua azioni per«aiutare i partiti democraticiitaliani», come incoraggiarevisite negli Usa di esponentidi governo, promuovere con-sultazioni più frequenti conRoma e trattare l’Italia comeun alleato «di primo rango».A luglio di quell’anno, gliamericani cercano di saper-ne di più da un diretto inte-ressato: il democristiano Ma- nano Rumor, presidente del Consiglio.Gli fa visita l’ambasciatore Graham A.Martin, che poi invia questo messaggioal segretario di Stato a Washington:«Rumor, di solito molto prudente nei-commenti sugli altri leader De, si è la-sciato andare a osseivaxioni su Moro ePantani che difficilmente avrebbe fattose un altro italiano fosse stato presente.L’ho assicurato che da parte nostra nonvi sarà fuga di notizie. Secondo Rumor,Moro è un uomo pericoloso, amareggia-to per essere stato scaricato dal partitocome primo ministro. A detta di Rumor,Moro è convinto che la sinistra sia latendenza politica del futuro ed è quindideciso a mettersi alla sua guida. Cita lavittoria di Kreisky in Austria e di v» Brandi in Germaniii come prova del-l’oscillazione a sinistra dell’opinione pub-blica... Moro non è un comunista, ma èricattato per le attività di Sereno Frea-to, un suo stretto collaboratore. Rumorha descritto quest’ultimo come "esatto-re di mazzette" per la corrente di Mo-ro... Quanto a Fanfani, lo ha presentatocome una personalità dura, energica, dirichiamo popolare, ma che a volte siscalda, perde le staffe e lascia che sianogli altri a raccogliere i cocci». A cavalca-re la tigre, gli risponde l’ambasciatore, sifinisce qualche volta per rimetterci. ERumor: «Vale pure per gli orsi».Allora Graham va a sentire in privatoanche Moro. Che si scaglia soprattuttocontro Fanfani, accusandolo di volere in-staurare in Italia «un regime di stampofascista» e allo stesso tempo di mantene- rè «una stretta relazione conl’ambasciata sovietica», tantoè vero che è rimasto «total-mente impassibile» dinanzialla repressione sovietica aPraga. Ma ad avere rapportiancora più stretti con l’amba-sciatore sovietico in persona,spiega Moro all’ambasciato-re, «è Ettore Bernabei, il di-rettore della Rai».Mentre i de si fanno cosi laguerra, negli Usa la preoccu-pazione di una crescita delPci non diminuisce. 111S no-vembre 1970, il generale Wil-liam Westmoreland, capo di Stato Maggiore delle forze annate ame-ricane, trasmette al Dipartimento di Sta-to le dichiarazioni ricevute personalmen-te dal generale Enzo Marchesi, capo diStato Maggiore delle forze armate italia-ne, in un colloquio avvenuto il mese pre-cedente: «Di solito, [’Esercito italianonon si occupa di politica» gli ha dettoMarchesi. «Ma di fronte alla minaccia diuna possibile partecipazione al governodei comunisti, occorre che i capi militarimantengano stretti contatti con i politicidemocratici, con l’obiettivo di rafforzar-ne la fiducia e appoggiarli contro il co-munismo. Le forze armate sono forte-mente anticomuniste e desiderano che si(rovi una soluzione per mantenere l’Ita-lia libera e democratica. Il Pci è molto forte, organizzato, disciplinato e punta aprendere il potere entrando in qualchemodo nel governo. Noi desideriamo conforza l’aiuto americano nella lotta controil comunismo in Italia».Attentati, complotti e misteri prose-guono. Il 22 maggio 1972, un messaggiodell’ambasciatore americano Martin in-forma il Dipartimento di Stato sulla mor-te «del noto miliardario, editore e paladi-no della sinistra» Giangiacomo Feltrinel-li. Quindi, parla dello «scioccante assas-sinio» del commissario Luigi Calabresi,per sostenere l’ipotesi che «il terrore ur-bano» sia destinalo a continuare. La sta-gione del terrorismo e delle stragi di Sta-to sarà lunga. Ma lentamente il quadropolitico cambia. Il Pci avvia il compro-messo storico con la De. In Europa si in-travede l’eurocomunismo, un allontana- mento dei partiti comunistidall’Urss. Come lo interpre-tano Washington e Londra?Nel settembre 1977, l’amba-sciata americana di Londraconsegna al Foreign Officebritannico un documento ri-sc’rvalo. Gli inglesi lo com-mentano così: «Gli americanisottolineano gli aspetti nega-tivi dell’eurocomunismo. Mavi sono anche lati positivi, co-me il riavvicinarsi alla demo-crazia di ampi settori delleclassi lavoratrici italiane.L’eventuale ingresso dei co-munisti al governo in Italia e in Francia creerebbe certamente proble-mi all’Occidente, ma ben peggiori al-ITJrss». Se Wa.shingt.on t<?me un;i minoresicurezza nell’ambito della Nato e un «in-debolimento» delle istituzioni democrati-che. Mosca ha paura (perlomeno secon-do gli americani) che si possa formare«un blocco comunista europeo occiden-tale» fuori dal suo controllo e che ciòpossa contagiare i Paesi satelliti dell’Eu-ropa orientale: «Se il comunismo dal vol-to umano è possibile in Occidente, nonpotrebbe esserlo anche altrove?».In un messaggio successivo, l’amba-sciata americana rivela agli alleati bri-tannici che i diplomatici Usa in Italiamantengono da anni «contatti di lavo-ro» con il Pci, in maniera «più o 3» tliuliii regolare», riferendosi -ai colloqui segreti intercorsi ^tra l’ambasciatore Richard |Gardner e Giorgio Napolita- |no. E proprio da Napolitano, °nel corso di un colloquio conl’ambasciatore britannico a Roma nel-l’aprile 1978, giunge a Londra questaopinione riguardo alla politica del com-promesso storico: «II Pci sostiene che ilcompromesso storico sarebbe solo unafase transitoria, nel corso della qualeverrebbero stabilite le condizioni peruna successiva fase di alternanza al po-tere, secondo il modello britannico». Gliinglesi non ci credono troppo: in un do-rcumenlo si dicono convintiche, una volta entrato al governo, il Poi tenterebbe di«egemonizzarlo» e di «diventare un tratto permanentedella vita politica italiana».Così corn’è successo negli ultimi tren-t’amu, conclude con una punta d’ironiail Foreign Office, «con i governi domi-nati dalla Dc».