Gian Antonio Stella, Sette 1/6/2012, 1 giugno 2012
«VOGLIO PROCESSI PUBBLICI PER I POLITICI»
Bum! Certi sondaggi vi danno al 23 o 24%. Ma sono impazziti, gli italiani?
«Eh eh. Erano tutti convinti che noi fossimo un pulviscolo al 2 o 3%. Ma noi vogliamo arrivare al 100%».
Sì, ciao.
«Cento per cento. Perché non è una questione di partito, di avere più voti per il partito. Noi vogliamo che cambi la società intera. Vogliamo una rivoluzione culturale. Sento delle discussioni ridicole».
Esempio?
«Non si sono accorti di cosa sta succedendo. È una iper-democrazia di cui sapremo qualcosa di più fra quattro o cinque anni».
Come la vede?
«Probabilmente saremo l’unica opposizione a un governo con dentro tutti. Banchieri, finanzieri, Confindustria, vecchi partiti, Montezemolo. Chi lo sa? Noi abbiamo una visione completamente diversa dal Pdl e dal Pd meno elle. Loro sono diventati polvere. Eravamo in progressione leggera. Leggera. E questa accelerazione la dobbiamo a loro. Perché oltre a essere dei mentecatti sono anche dei dilettanti della comunicazione. Evidentemente la gente si è stufata di andare dietro a questi dilettanti allo sbaraglio. Ci hanno spalancato la strada i loro tesorieri».
A proposito, qual è il vostro?
«Non abbiamo tesorieri. Perché non abbiamo il tesoro».
Lo avrete, all’ingresso in Parlamento.
«Questo lo dicono loro. Pensano: faranno come tutti, dicono una cosa fin che stanno fuori poi appena dentro vedrai che saranno uguali. Ragionano come i ladri. Pensano che, un po’ più un po’ meno, tutti siano ladri. Non hanno capito che noi non prenderemo un centesimo».
Lei cosa si aspettava, ragionevolmente, da queste elezioni?
«Qualche bel risultato qua e là. E in effetti abbiamo avuto qualche bel risultato qua e là. È il crollo degli altri che ci ha agevolato. Questa è stata la vera sorpresa. Noi ci siamo limitati a fare entrare un sacco di ragazzi giovani e puliti. Che hanno dietro i più bravi consulenti della rete. Fiscalisti, urbanisti, geologi, esperti di bilanci. Tutta gente che si mette a disposizione gratuitamente. Con un entusiasmo che gli altri se lo sognano. Questo volontariato dei cittadini, questo spirito civico, è meraviglioso. È un nuovo modo di vedere il mondo. Ogni persona darà un po’ del suo tempo agli altri. Quello che ho fatto anch’io. Ognuno fa il suo mestiere. E insieme dedica del tempo agli altri. E così andiamo a ricostruirci una identità. Non abbiamo più una identità. Ci hanno fatto venire i sensi di colpa. Ma che cazzo di senso di colpa, mica l’abbiamo fatto noi, il debito pubblico! È esploso per colpa di opere costate tre o quattro volte più che dalle altre parti. Occorre scrollarsi di dosso il senso di colpa e cominciare a parlare con altre parole. È il pensiero che non c’è più. Le percentuali! Anche lei, la prima domanda, le percentuali. Chi ci sarà al governo. Chi ci sarà in Parlamento. Non so chi sarà in Parlamento. Non so se ci saremo. Probabilmente ci saremo, ma non so. Qui cambia tutto. Noi cambiamo tutto. A Parma facciamo saltare un inceneritore da 300 milioni».
E come ve la cavate, per esempio, con gli impegni già presi? Già Pizzarotti è sembrato meno tranchant.
«Lui, ovviamente, è dentro. Ci sono penali. Contratti da andare a vedere. Vedremo. Cercheremo una soluzione, come abbiamo fatto a Genova col Parco dell’Acquasola, dove era prevista la costruzione di un parcheggio su tre piani per 450 posti auto. C’erano già i contratti e tutto. I cittadini si sono mossi, il progetto è stato bloccato e le società coinvolte hanno avuto altri lavori per un pari importo. Si cercherà di fare così anche a Parma. Adesso non so quali lavori si possono fare per riconvertire. So che lì il processo è già avanti. Vedremo. Ce lo diranno gli specialisti. Noi non vogliamo danneggiare le aziende. Ma dove entriamo noi il business dell’inceneritore finisce. Punto. Questo è un dato di fatto. Non ci sono “forse, chissà, vediamo”. Finisce l’incenerimento e comincia la raccolta differenziata. Il recupero. Il riciclaggio. Un sistema diverso di affrontare le cose. Occorre costruire in modo diverso. Vivere in modo diverso».
Mah.
«Sogniamo un mondo che non c’è ancora. I posti di lavoro li troveremo nella rete, nelle rinnovabili, nelle case passive, nel fare le coibentazioni, nelle pompe di calore, nei pannelli solari. Piccoli centri invece che megastrutture».
Vivete sulla luna, dicono.
«Senta, due anni fa abbiamo fatto una battaglia alla morte (alla morte!) con il sindaco di Finale Emilia che mi aveva scritto una lettera dicendomi: “Vogliono stoccare 3 miliardi e mezzo di metri cubi di gas metano in una cavità a due chilometri e mezzo di profondità».
Finale Emilia, dove c’è stato il terremoto?
«Esatto. Lì. Volevano stoccare tutto quel gas per comprarlo d’estate quando costa meno e poi distribuirlo in inverno. Io pubblico la lettera nella homepage del blog e dopo tre giorni mi chiama il sindaco: “Tolga la lettera, per carità, tolga la lettera perché il Pd mi ha piantato un casino, mi sta massacrando”. Gli dico: “Senta, o lei fa il sindaco o lei fa il pidiino. Io non tolgo niente”. Abbiamo organizzato delle manifestazioni, delle fiaccolate per bloccare questo stoccaggio voluto da Scajola che bypassava tutti gli enti locali. Mi dica lei: se lo avessero fatto? Cosa sarebbe successo se lo avessero fatto, col terremoto?».
Guardi che hanno deciso comunque di studiare la cosa, anche dopo il terremoto.
«È pazzesco. Non ho parole. Questa è gente che va mandata a casa. Subito. È gente che non ha la minima percezione di come questo Paese vada rilanciato in un altro modo. Tu fai questi discorsi e loro non ti stanno neanche a sentire. Leggiamo certe cose...».
Le dà fastidio l’accusa di essere un populista?
«Populista? Detta da loro è un complimento ».
Qualunquista?
«Ma noi non c’entriamo niente con l’uomo qualunque. Non siamo passatisti. Noi vogliamo andare avanti, cambiare».
Per lei i politici non sono tutti uguali?
«Per niente. I partiti sì, sono tutti uguali. Come strutture. Gli uomini no. Ci sono anche tante persone perbene. Solo che dentro quei meccanismi. Guardi le reazioni contro di noi».
Con chi ce l’ha?
«Beh, adesso cercano di far passare questa strana cosa per cui io sono volgare e i ragazzi del movimento raffinati. Ti fa venire voglia (lo dico per scherzo, sa? è una provocazione) di fare un corso di volgarità. Stanno cercando di dividerci. Di staccare me dal movimento e il movimento da me. È un gioco sporco. E poi, questa storia dei “grillini”!».
Cosa c’è che non va?
«Ma perché li dovete chiamare grillini?».
Forse perché chiamarli movimentisticinquestellini è una litania.
«Ho capito, ma perché grillini? Non sono mica miei. Sono ragazzi formidabili. Sono persone. Gente che ci mette la faccia. Perché grillini?».
Trovi lei dei sinonimi.
«Cittadini. Citizens. Cittadini. Combattenti con l’elmetto. Altro che grillini».
Forza, un sinonimo.
«Io non devo trovare niente. Mi dà fastidio il disprezzo che c’è nel chiamarli grillini. Mi dà fastidio il modo in cui certi giornalisti che sono già morti tentano di infinocchiarli. Di spiegare che io sono un guru volgare e loro bravi ragazzi educati e perbenino. Forse sono perfino troppo educati, con certi giornalisti. Ma impareranno, impareranno ».
Qual è il suo rapporto con la volgarità?
«Io sono volgare da trent’anni, allora. È il “vaffanculo day” che non hanno digerito. Ma vaffanculo non è più volgare. Lo dice la Cassazione».
La Cassazione?
«La Cassazione ha depenalizzato il “vaffanculo”. Non è un’offesa. Potrei dire che è un consiglio turistico e culturale. Ma certo non è un’offesa. Non è perseguibile penalmente chi manda qualcuno “affanculo”. Lo dice la Cassazione. Il nostro vaffanculo era liberatorio, allegro».
Non c’è solo quello, via. In piazza, ridendo di queste accuse lei fa la scenetta di urlare apposta: “Cazzo cazzo cazzo cazzo culo culo culo culo”.
«Ma quello è teatro. Teatro! E poi, scusi, l’ha mai vista una seduta parlamentare? Risse, parolacce, cappi, lanci di mortadelle. Io sono un gentleman, in confronto».
Esagerato.
«Dico sul serio: sono un gentleman in confronto a tanti politici che in questi anni ne hanno dette di tutti i colori. Mi fa ridere che accusino me. E la gente lo sa. Io sono un Lord, in confronto. Sono Lord Brummell. E poi io non sono volgare, nella mia vita. È che la parola a volte deve essere forte, per esprimere un concetto».
Appunto, non può negare.
«Ma certo che le dico, in due ore di spettacolo posso dirne per 30 o 40 secondi. Ma vogliono vedere solo quelle perché si rifiutano di sentire cosa dico. In una piazza aperta, per arrivare alla gente, in fondo, devi gridare. È la mia caratteristica: il finto iroso, il finto arrabbiato. Arrivo al culmine della rabbia e poi sdrammatizzo con una battuta».
Vuol dire che nei comizi recita?
«Assolutamente sì. Capiamoci: la rabbia c’è, l’indignazione c’è, ma sono sempre controllate. È un po’ di scena, anche. E il mio lavoro. Da quarant’anni. Ovvio. Quando urlo: “Italiani!”, la gente ride. Non sono mica Mussolini, belin. È solo Scalfari che non capisce. Dice: “Quando sento Grillo dire: ‘Italiani!’, sento un brivido lungo la schiena e mi ricordo dei tempi bui”. Ma è solo lui a preoccuparsi. La gente ride. La verità è che dovrebbero ringraziarci».
Cioè?
«Stiamo riempiendo un vuoto con dei cittadini incensurati, entusiasti e pieni di buona volontà. Vuoto che negli altri Paesi stanno riempiendo gli estremisti. Guardi in Grecia, quei nazisti di “Alba dorata” o pioggia dorata, come diavolo si chiamano. Guardi in Ungheria. Guardi la Marine Le Pen in Francia. Guardi tutte le altre parti. Quando c’è un vuoto di potere crescono gli “Eia eia alalà!”. Noi non siamo quella roba là. Siamo un movimento di cittadini che vuol fare politica in maniera diversa. Negli altri Paesi il vuoto viene riempito dalle camicie brune, noi portiamo in politica i boyscout. Ragazzi perbene. Laureati. Incensurati. Colti. Curiosi».
Insomma, secondo lei dovrebbero farvi un monumento.
«Siamo l’ultima chance per l’Italia. Lo dico serenamente. L’ultima chance per la democrazia. Poi c’è solo l’uomo della provvidenza. Non possono dire a me che sono Goebbels. Mi hanno dato del nazi-comunista. Ma vai a spasso! Non hanno neanche la fantasia di dire qualcosa di diverso. Ma lo sanno tutti che cosa sono io. Sono trent’anni che dico la stessa cosa. Monotonamente. Sempre la stessa cosa. L’ambiente. La differenziata. I pannelli solari. Le macchine a idrogeno. Il risparmio energetico. Sono anni che faccio politica così. Cosa c’entra l’anti-politica?».
Le dà fastidio l’accusa?
«Ma no, onestamente, è così insensata che non vuole dire niente. Tutto è politica. Cosa mangi. Come ti sposti. Come fai la spesa. Cosa vuol dire “anti-politica”? Come posso offendermi per un’accusa che non vuol dir niente? Io non sono anti-politico, sono contro i partiti».
Scusi, Grillo, ma in nessun Paese al mondo c’è mai stata una democrazia senza i partiti. Poi questi possono essere virtuosi o fare schifo, ma una democrazia senza partiti...
«Ma secondo lei perché ci sono tutti i giornalisti del mondo qua? Perché stanno capendo che ci può essere un’altra forma di democrazia. Ormai il mondo occidentale... ».
Insisto: una democrazia senza partiti?
«Ormai la corruzione è arrivata da tutte le parti. Quando c’è un partito si instaura la corruzione. Noi siamo i principi della corruzione. Abbiamo esportato il fascismo, abbiamo esportato la mafia, abbiamo esportato il Bunga-Bunga, siamo i portatori sani o insani di cose tremende. Gli altri Stati non hanno neanche gli anticorpi contro i nostri virus. Noi vogliamo una cosa nuova. Una iper-democrazia senza i partiti. Che non contempla i partiti. Una democrazia con al centro i cittadini. Che votano».
Resta il fatto che alla fine voi entrate in un consiglio comunale, prendiamo a esempio Parma, e lì ci sarà un partito che sta con Pizzarotti e gli altri che saranno contro. Che li chiami partiti o non li chiami.
«Ma non vuol dire niente. Quando ci sono le idee giuste non c’è destra o sinistra. Ti seguono. A Treviso un consigliere solo, a 500 euro al mese, ha fatto delle cose fantastiche. E tutti gli sono andati dietro. Il piano della mobilità. La riattivazione della centrale elettrica di un fiume sotterraneo. La raccolta differenziata totale in 90 scuole. Il risparmio energetico. Tutti i mezzi pubblici a metano. Se tu porti delle idee giuste non c’è più destra e sinistra».
Ma da che mondo è mondo la democrazia è sempre stata confronto fra cittadini che stanno da una parte e cittadini che stanno dall’altra, raggruppati in partiti.
«No, no, no: questa cosa qua è implosa. Non c’è più. Non è questa la democrazia che abbiamo avuto in Italia. Abbiamo delegato dei truffatori che dovranno rispondere di quello che hanno rubato. Cosa pensano, di andare negli studi televisivi a spiegarci come uscire dalla crisi che hanno creato loro? Noi non siamo smemorati. È la televisione che non ha memoria. Ma noi ce l’abbiamo. Ce lo ricordiamo come siamo finiti nella crisi. Quindi i responsabili saranno giudicati da un giudizio pubblico e dovranno restituire i soldi che hanno rubato. Come i mafiosi».
Cosa vuol dire, che ha in mente dei processi pubblici?
«Assolutamente sì. Non processi. Ma un giudizio pubblico. Con cittadini estratti a sorte, incensurati, che diranno quali lavori socialmente utili far fare a questa gente che ha derubato il Paese».
Scusi, Grillo, scavalcando la magistratura?
«La magistratura non c’entra. Loro si prenderanno un avvocato, magari Ghedini che adesso è più libero del solito, e si difenderanno. Sempre attraverso la legge, si capisce, mica pensiamo a processi militari. Ma non pensino di cavarsela così. Di dire: “Va bene, d’accordo, ci siamo sciolti, arrivederci, grazie, ci vediamo alle Seychelles”. No, no: devono restituire, vedremo come, la differenza tra quello che hanno speso e quello che hanno rubato».
Scusi, ma un conto è fare un processo “politico” e un altro imbastire un processo sui reati. Lì c’è la magistratura.
«Vedremo, vedremo. Quali potranno essere i metodi per fare le cose nel modo giusto non lo so. Io so solo che i responsabili di questo disastro la devono pagare. Hanno fottuto due generazioni. Hanno colluso con la mafia. Hanno riempito di pregiudicati il Parlamento. Hanno violato tutte le decisioni prese dagli italiani nei referendum. I partiti sono diventati delle banche. Il Pd è una banca. Il Pdl una banca. Con degli amministratori. Fanno delle municipalizzate con dentro 20 società che hanno 20 consigli di amministrazione. Ci hanno messo tutti nei guai. E adesso dobbiamo trovare i fondi per dare ai cittadini un salario di cittadinanza perché nessuno si butti dalla finestra».
E i soldi dove li andreste a trovare?
«Si possono risparmiare quelli della Tav. Si possono recuperare cento miliardi di evasione fiscale. Si possono fissare tetti alle pensioni più alte, da 3.000 euro in su. Tante cose. Hanno concesso agli evasori uno scudo fiscale facendogli pagare le briciole. Io questa non gliela perdono. I cittadini non gliela perdonano. L’abbiamo già detto, prendendo da Jim Morrison: “Nessuno uscirà da qui”».
Dentro il movimento siete d’accordo tutti, su questa cosa?
«Questo è quello che penso io. Poi non so se diventerà il pensiero del movimento. Il movimento non è un partito con un segretario che dà gli ordini. A casa mi ha telefonato un giornalista che ha chiesto: “Mi passa, per favore, il segretario generale?”. Gli ho passato mio figlio che ha 12 anni: mandalo affanculo tu, dai. Il segretario generale! Noi abbiamo tre o quattro regolette, altro che partito».
Sarà, ma sul simbolo c’è scritto www.beppegrillo. it. Il simbolo è suo. Proprietà sua.
«Certo. È mio e deve rimanere mio perché è la garanzia che chi si iscrive deve essere incensurato e mi deve dare la fedina penale. Chi si iscrive deve essere cittadino italiano, deve risiedere in Italia, deve pagare qui le tasse, non deve essere iscritto a un altro partito. Io controllo queste cose qua. Ho i magazzini pieni di fedine penali e certificati di residenza. Io e Gianroberto Casaleggio ci facciamo un mazzo così. Controlliamo tutto».
Vagamente inquietante, ammetterà.
«Se non facciamo così sa cosa succede? Che mi nascono intorno grilli e grillini di tutti i generi. Sono spuntate liste di ogni genere, con dentro la parola grillo. Grilli parlanti. Grilli elettrici. Aggrillati. Sono riusciti anche a scovare uno che aveva esattamente il mio stesso nome: vota Beppe Grillo sindaco. Ho degli avvocati che mi garantiscono che quelli che si iscrivono almeno un minimo di buona reputazione ce l’hanno. Sennò».
Fatto sta che dopo anni di contestazione alla politica basata sul “padrone” del partito lei è padrone.
«Ma no, no. Posso essere l’ispiratore. Il grande vecchio. Cosa devo dire? Io ci sono. Mi piace. Niente di più. Noi facciamo democrazia dal basso. Le liste vengono fatte dal basso. Dai cittadini. Il capolista, il candidato sindaco, è una scelta loro. Non li calo mica io, dall’alto».
Quindi, se decidessero di buttare fuori lei per scegliersi un altro leader?
«Liberi di fondare un altro movimento».
Visto? Il partito è suo.
«Io faccio il garante. Adesso viene il difficile. Ha idea di quanta gente cercherà di entrare?».
Teme quelli che salteranno sul carro del vincitore? Teme di imbarcare qualche Scilipoti o qualche Razzi?
«Faremo di tutto perché non succeda. Ma parliamoci chiaro: non sarà facile filtrare per bene le persone».
Fatto sta che, a escludere quelli che hanno una condanna, esclude anche lei, che porta il peso di quel lontano incidente stradale in cui morirono tre persone.
«Esatto. Infatti non sono candidato. Non sono candidabile».
Come andò, quella volta?
«Era inverno. Guidavo io. Eravamo a Limone Piemonte. Facevamo una strada che conoscevano quelli che erano in macchina con me, ma io no. C’era un tubo che perdeva, una lastra di ghiaccio. Siamo finiti fuori strada. Io mi ritrovai appeso a una roccia. E mi salvai, per miracolo. I miei amici e il loro bambino no. In primo grado mi assolsero. In appello mi condannarono. È un ricordo che mi pesa. Tutti i giorni».
Per questo non ha cercato di farsi restituire i diritti civili per poter essere eletto?
«Io non voglio candidarmi. Voglio che abbiano spazio gli altri. I cittadini. Che devono votare un programma. Non una faccia. La storia è piena di leader che sono finiti appesi a gambe in su. I cittadini devono dire: voglio questo programma, questo progetto, fatto da queste persone. Voglio gli asili nido, voglio i parchi, non voglio gli inceneritori, voglio l’acqua pubblica».
Messa così, i cittadini possono volere anche la luna ma poi come ve la cavate, in una situazione economica pesante come questa?
«Noi abbiamo un programma di massima. Condiviso. Poi è chiaro che si deve misurare coi fatti. Non vogliamo tutto e subito. Non siamo così superbi. Io ho sempre cercato il confronto. Il programma, dopo averne discusso per mesi, l’avevo portato a Romano Prodi. Avevo cercato di spiegarglielo. Avevamo tirato in mezzo le idee anche di tre premi Nobel. Da Joseph Stiglitz, per il lavoro, a Muhammad Yunus, per le banche e il microcredito».
E Prodi?
«Ma vi rendete conto di come nascono i nostri programmi? Siamo partiti facendo discutere la gente e mettendo sul blog quello che usciva sui giornali stranieri, le idee più interessanti che leggevamo sul New York Times o sul Financial Times, raccogliendo le osservazioni degli esperti. Facendo discutere la gente. Confrontandoci. Abbiamo scritto due articoli al giorno per anni. Lavorato come bestie per mettere a punto le nostre idee. In quale partito hanno discusso tanto sulle cose quanto noi?».
E Prodi?
«Io parlavo, lui ha fatto una smorfia, poi si è addormentato ed è decollato nel cyberspazio... Quando abbiamo fatto il V-Day, perché quelli di sinistra non si sono impossessati delle nostre idee? C’erano il tetto delle due legislature, i voti di preferenza, la legge elettorale. Erano lì, a disposizione».
Oddio, li avete bombardati a tappeto.
«Ma se ho provato perfino a iscrivermi al Pd per andare al loro congresso e portare il nostro programma! Non era di sinistra l’acqua pubblica? Non è di sinistra la raccolta differenziata e tutte le altre cose che proponiamo? Non sono tutte cose condivise dai ragazzi della base del Partito democratico? Io gli volevo dire: ragazzi, in rete abbiamo fatto questo programma. Io faccio il comico e torno volentieri a fare il comico. Voi siete un grande partito. Mandate via questi cialtroni, questi morti viventi che avete alla guida, fate largo ai ragazzi, prendetevi il programma e buona fortuna. Poi parliamo di tutto. Come va fatta una macchina, come va fatto un piano regolatore, come va fatta una centrale elettrica. Ma smettiamola di parlare di niente. Niente. Mi hanno risposto che io sono ostile. Le ho tentate tutte. Anche violentandomi in una sezione del Pd ad Arzachena per farmi la tessera. Niente. Non vogliono ascoltare. Vogliono parlare solo fra di loro. Adesso basta. Adesso abbiamo la forza per fare alcune cose, almeno qua e là, da soli. E dietro non abbiamo una banca o una S.p.A., ma una Srl con una ventina di ragazzi bravissimi».
Comunque alla fine dovrà fare i conti con le alleanze.
«Ma no, no no no: non ci saranno alleanze. In Parlamento ci saranno da una parte le banche, il potere finanziario, gli zombi, l’industria con le pezze al culo e dall’altra ci saremo noi che vogliamo un mondo diverso. Che chiederemo aiuto ai massimi esperti del mondo di questo o quel settore. Parleremo di cose di cui siamo competenti. E avremo finalmente in Parlamento dei cittadini competenti. Giovani. Colti. Che leggono. Studiano. Si informano. Che vogliono la trasparenza. Che metteranno in rete tutto. Tutto».
Anche le discussioni nel movimento?
«Tutto. Abbiamo provato a discutere dell’organizzazione fra di noi. Un disastro. Diventi un partito quando discuti della struttura. Non va bene. Bisogna discutere all’aperto. Con i cittadini. Facciamo l’iper-democrazia. È difficilissimo, lo so. Ma noi ci vogliamo riuscire».
Quindi tutte le riunioni del partito...
«Non lo chiami partito! Non è un partito! È un movimento. E tutto ciò che avverrà dentro il movimento sarà pubblico. Lo so anch’io che un bilancio è una cosa incomprensibile. Ci sarà qualcuno che si farà carico di spiegarlo ai cittadini. I cittadini devono capire come vengono spesi i loro soldi. E dire qual è la loro priorità di spese».
Quindi una democrazia piena zeppa di referendum.
«Sì. Non siamo svizzeri che lo fanno da 150 anni e bisognerà farci la mano, ma sì. Dovremo arrivarci, piano piano. La democrazia dal basso è quella. E dovremo modificare qualcosa della Costituzione».
Cioè?
«Beh, siamo stati scottati: il Parlamento deve avere l’obbligo di discutere delle leggi popolari che vengono presentate. L’obbligo. E poi il referendum senza quorum. Due o tre cose. Per arricchire una Costituzione che è già meravigliosa per conto suo ma non prevede lo spazio necessario per i cittadini».
Un giorno disse che voleva fare il comico fino a 94 anni.
«È vero».
E poi, cosa vorrebbe fosse scritto sulla sua lapide?
«Vado un po’ a vedere cosa c’è di là».
Gian Antonio Stella