Mark Halperin, l’Espresso 7/6/2012, 7 giugno 2012
Farò ripartire l’America colloquio con Mitt Romney Sull’economia Obama ha fallito. Io ridurrò le tasse al ceto medio e farò calare i disoccupati
Farò ripartire l’America colloquio con Mitt Romney Sull’economia Obama ha fallito. Io ridurrò le tasse al ceto medio e farò calare i disoccupati. Parla il candidato repubblicano alla presidenza – Obama ha sbagliato tutto in politica economica e, per rimettere in moto l’America, c’è bisogno di qualcuno che capisca la materia: cioè lui. Parla Mitt Romney, 65 anni, imprenditore, mormone e candidato repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti. In questa intervista accetta il gioco di immaginare di aver vinto la corsa del prossimo novembre alla Casa Bianca. E racconta cosa farà non appena si sarà insediato per ridare fiducia alla gente e rimettere in moto la locomotiva America. Mitt Romney, con lei presidente, quale sarebbe alla fine del 2013, cioè dopo un anno di mandato il panorama dell’occupazione, della disoccupazione e della crescita economica negli Stati Uniti? "Si apprezzerebbe un drastico cambiamento delle prospettive per gli imprenditori, soprattutto delle aziende piccole e medie ma anche per alcune grandi multinazionali. La gente direbbe: "La sai una cosa? Gli Stati Uniti sembrano nuovamente un buon posto per investire, per rischiare, per assumere personale"... Il punto qui è creare nuovi posti di lavoro per gli americani appartenenti alla fascia di reddito medio, un compito nel quale il presidente Obama, francamente, ha fallito. I suoi sforzi per imporre una serie di proposte liberal, che lui riteneva di portata storica, gli hanno fatto perdere di vista il nodo cruciale dell’economia attorno cui tutto gira. Gli americani non sono stupidi. Vogliono qualcuno in grado di farla ripartire". Quale sarebbe il tasso di disoccupazione alla fine del suo primo anno di mandato? "Non è possibile predirlo con precisione. Posso promettere però che nell’arco di quattro anni, grazie alle nostre politiche, il tasso di disoccupazione scenderebbe al 6 per cento o forse addirittura leggermente al di sotto". Secondo il presidente Obama, la sua esperienza presso Bain Capital (la società di cui lei è stato amministratore delegato) sarà un elemento centrale di questa campagna elettorale. Che cosa ha imparato alla Bain Capital che la aiuterà a creare nuovi posti di lavoro? "È un po’ come chiedermi che cosa tra tutto ciò che ho imparato nella vita mi aiuterà a essere un leader. Ho imparato a diventare un leader lungo tutta la mia esistenza, dall’educazione ricevuta dai miei genitori, alla mia formazione, alle esperienze nel settore privato dove sono stato, per esempio, il capo dell’organizzazione delle Olimpiadi invernali del 2002 a Salt Lake City. Fino al contributo che ho dato alla guida dello Stato del Massachusetts tra il 2003 e il 2007. So, insomma, come si legge un bilancio. L’aver lavorato nel settore privato per venticinque anni mi dà un vantaggio rispetto a chi non ha mai trascorso un giorno nel settore privato, come il presidente Obama, il quale semplicemente non capisce l’argomento". Obama dice di voler concentrare buona parte della campagna e del dibattito elettorale sulla sua carriera alla Bain Capital. "E a me sta benissimo. Anch’io voglio, naturalmente, focalizzare l’attenzione su questo aspetto. Che cosa ha fatto lui come presidente degli Stati Uniti negli ultimi quattro anni? Ha fatto qualcosa per migliorare le cose per il popolo americano? Gli americani stanno meglio oggi di quattro anni fa? È riuscito a tenere la disoccupazione sotto l’8 per cento? Sono passati - quanti? - trentanove mesi? Le cose non sono andate così bene. I prezzi della benzina: la gente ne è contenta? Il valore delle case: la gente è soddisfatta del livello dei prezzi, del numero di case tornate in possesso delle banche per insolvenza dei mutuatari? O forse la gente crede che ci sia chi può fare meglio? Io penso che il popolo americano voglia qualcuno in grado di capire l’economia, con una visione su come rimettere al lavoro gli americani. Penso che la ragione per la quale in tutto il Paese la gente dice di voler provare qualcuno di nuovo sia la convinzione che questo presidente, pur essendo forse una persona piacevole, non sia all’altezza del compito di contribuire a guidare l’economia". Lei ha individuato qualche idea nuova per creare posti di lavoro? "Il bello dell’economia è che non la può fare svoltare un singolo elemento. Molti fattori contribuiscono. Se si va a vedere quel che ha fatto il presidente, diventa chiaro che non capisce come funziona l’economia e che fa fatica. Guardi come si sta comportando adesso: non ha idea sulle iniziative da prendere per farla ripartire. Io sì". Lei ha detto di avere un piano per ridurre drasticamente, in un certo numero di anni, la spesa del settore pubblico. Perché non in tempi più brevi? "Perché una riduzione del bilancio federale di mille miliardi di dollari nel primo anno, per esempio, implicherebbe una contrazione del Pil del 5 per cento. Questo è ciò che, per definizione, ci sta facendo entrare in recessione o in una depressione. Quindi non lo farò, naturalmente. Quello che si deve fare è procedere con aggiustamenti avvalendosi di misure che nel tempo portino al pareggio di bilancio". Mi dica qualcosa sulla riforma fiscale. Lei è disposto, o sarà disposto prima del voto, ad affermare che alcune deduzioni devono essere abolite, come per esempio quella che riguarda la spesa per il mutuo per gli americani ad alto reddito? "Non è mia intenzione abbassare il contributo fiscale degli americani a più alto reddito. Questo è un principio fondamentale. Se mai volessi alleggerire il peso fiscale a un gruppo, e non è detto che sia così, favorirei gli americani con reddito medio, che sono stati quelli più colpiti con Obama. Ciò significa che la riduzione delle deduzioni o delle esenzioni sarà più consistente per la fascia a più alto reddito. Di quali deduzioni ed esenzioni si tratterà, lo elaboreremo più avanti al Congresso". Ma non sarebbe giusto che gli americani conoscessero la sua posizione su un tema così importante? "La mia posizione sulla tassazione è molto chiara. Abbassare i coefficienti, mantenere il livello del contributo fiscale pagato attualmente dalle persone con i redditi più alti, alleggerire quello delle persone con redditi medi e limitare le deduzioni e le esenzioni per gli americani che appartengono alla fascia più alta di reddito". C’è una fascia di reddito alla quale lei vorrebbe aumentare le tasse? "È probabilmente impossibile procedere a una riforma del sistema fiscale senza un qualche aggiustamento per gli uni e per gli altri, ma anche così non modificheremo il peso della tassazione delle diverse fasce di reddito". Si sta avvicinando il cosiddetto "scoglio fiscale" fatto di tagli alla Difesa e anche di un aumento delle tasse tramite diversi canali, che potrebbero trasformarsi in una vera zavorra per l’economia. Lei sarebbe d’accordo se il presidente e il Congresso affrontassero questi temi durante la sessione congressuale in cui ci saranno ancora i membri uscenti? "Naturalmente no. Preferirei che la questione si affrontasse successivamente, sotto la mia guida. La mia speranza è di riuscire ad assumere l’incarico potendo contare già, in entrambi gli schieramenti del Congresso, su persone consapevoli della natura critica della sfida fiscale e di quella occupazionale che il popolo americano ha davanti. Il fallimento dell’economia sta danneggiando tante persone e vorrei vedere i repubblicani e i democratici disponibili a individuare insieme le proposte per il sistema fiscale in grado di incoraggiare la crescita economica e il tipo di riforma delle normative che potrebbe incoraggiare la crescita". L’attuale amministrazione, tuttavia, vuole che le riforme sulla tassazione e la spesa entrino in vigore il primo gennaio prossimo. Lei, se fosse eletto, non assumerebbe l’incarico fino al 20 gennaio. Teme che ciò possa danneggiare l’economia in termini di fiducia o di percezione? "Se avrò la fortuna di essere eletto, i consumatori e le piccole imprese si renderanno conto di avere un amico nella Casa Bianca che incoraggerà attivamente la crescita. Il Paese ritroverà la fiducia e ci sarà una nuova volontà di assumersi dei rischi, di investire, di aumentare il numero degli impiegati. E credo che godrò di un periodo di grazia che ci permetterà di lavorare serenamente". C’è chi parla, tra questi anche il capogruppo repubblicano John Boehner, di un accordo complessivo e sostiene che l’unico modo di venire a capo della crisi sia affrontare contemporaneamente tutte le questioni: tasse, tagli al bilancio, riforma previdenziale e tetto del debito. Pensa che sia un’idea sensata? "Le riforme possono essere realizzate con un solo accordo a tutto campo o pezzo per pezzo. Ma qualunque strada si scelga, è chiaro che noi repubblicani siamo in grado di fare riforme migliori dei democratici. Il presidente Obama non è stato all’altezza di ciò che il popolo americano si aspettava da lui. I cittadini hanno capito che le sue politiche non sono servite a creare i posti di lavoro di cui l’America ha bisogno. Riconosce questo governo come responsabile della lentezza della ripresa e di aver immesso l’America su una strada che non ci porta a un’economia più forte e più solida a lungo termine. Noi vogliamo prendere una rotta diversa. Non posso dire se ciò accadrà il decimo, il ventesimo o il cinquantesimo giorno, ma posso promettere che molte cose accadranno già il primo giorno, e che poi nelle settimane successive, lavorando insieme ai buoni democratici e ai buoni repubblicani, rimetteremo in moto il Paese". traduzione di Guiomar Parada La sfida dei posti di lavoro di Antonio Carlucci I messaggi sono diretti e privi di sfumature. Mitt Romney sostiene che la sua vita è stata dedicata a creare posti di lavoro e a far crescere aziende e, dunque, lui è il solo a capire come riportare l’America sulla giusta rotta. Barack Obama descrive Romney come un consulente d’azienda che è stato capace solo di ristrutturare imprese riducendo il personale e delocalizzando gli impianti fuori dagli Stati Uniti, in Cina come in Messico, e che intende ridurre le tasse ai più ricchi a scapito della middle class. Tra comizi, incontri elettorali, interviste e spot il presidente che cerca la rielezione e lo sfidante repubblicano in attesa di ricevere la nomination dal suo partito stanno combattendo la guerra della percezione. L’obiettivo è quello di evitare che negli elettori metta radici la convinzione che il messaggio dell’avversario rappresenta la realtà. Romney insiste ogni giorno che il presidente non ha mai creato un posto di lavoro nella sua vita prima dell’ingresso in politica; Obama dice dello sfidante che i posti di lavoro li ha distrutti o regalati ad altre nazioni, che è allergico alle regole utili per evitare un altro disastro come quello del 2008. Chi sta vincendo la guerra della percezione? Secondo un sondaggio ABC/Washington Post, Romney è leggermente davanti a Obama: 47 americani contro 46 ritengono Romney in grado di fare un lavoro migliore per l’economia per l’esperienza acquisita nel settore privato. Il messaggio dello sfidante repubblicano dunque ha trovato terreno fertile in un elettorato che ha sotto gli occhi un’economia che marcia a velocità molto bassa. Tuttavia la guerra della percezione non ha ancora un vincitore. Anzi, una robusta maggioranza di americani ritiene che la visione generale di Obama in campo economico sia migliore di quella di Romney. Per questo, 66 su cento pensano che le regole che la Casa Bianca vuole siano giuste (28 per cento) o comunque non sbagliate (38 per cento) mentre solo 23 americani su cento ritengono che possano danneggiare l’economia. Così come 56 americani su cento credono che le ingiustizie in campo economico favoriscano i ricchi. Altri due elementi per comprendere il senso della sfida Obama-Romney e le mosse del futuro vengono dal fatto che gli americani ritengono (51 contro 42) che Obama abbia più a cuore dello sfidante le sorti della middle class, mentre Romney sconta una percezione negativa tra gli elettori quando questi pensano (65 su cento) che le sue proposte politiche favoriscano i più ricchi. Obama dovrà spingere gli elettori, soprattutto quelli degli Stati dove il voto è sempre in bilico, a guardare davvero dentro le proposte di Romney, mentre il repubblicano potrà solo far leva sulla sua esperienza nel settore privato. E se l’economia dovesse marciare più speditamente verso la ripresa Obama riuscirà più facilmente a contenere l’attacco dell’avversario.