Andrea Tarquini, la Repubblica 1/6/2012, 1 giugno 2012
Lavoro, 60 milioni di posti di lavoro verdi In Germania, un paese-leader sul tema ecologia, la ristrutturazione di case e palazzi per il risparmio energetico sul riscaldamento ha mobilitato investimenti per 100 miliardi e sta creando almeno trecentomila nuovi posti di lavoro l´anno
Lavoro, 60 milioni di posti di lavoro verdi In Germania, un paese-leader sul tema ecologia, la ristrutturazione di case e palazzi per il risparmio energetico sul riscaldamento ha mobilitato investimenti per 100 miliardi e sta creando almeno trecentomila nuovi posti di lavoro l´anno. In Brasile, potenza globale di domani, l´economia ecologica dà lavoro già oggi al 7 per cento degli occupati. Persino nel povero Bangladesh, le case a energia solare sono un affare per chi le costruisce e chi le compra. Green economy, ecco la sfida che il mondo può vincere per venire a patti con la natura, creare più lavoro, e diffondere vita dignitosa, progresso tecnologico e prosperità sostenibile. La grande chance del futuro prossimo la indica il rapporto pubblicato ieri dall´Ilo (International Labour organization, l´agenzia delle Nazioni Unite per il lavoro) dedicato alla green jobs initiative. Fino a sessanta milioni di persone in più sul nostro pianeta, rivela il dossier, potrebbero trovare un lavoro dignitoso e sicuro nel prossimo ventennio se il mondo sceglierà definitivamente la transizione a un´economia sempre più verde. "Working towards sustainable development: opportunities for decent work and social inclusion in a green economy", s´intitola il dossier che la Ilo ha pubblicato, in vista della conferenza "Rio+20" delle Nazioni Unite, dedicata appunto al grande tema: come garantirsi sviluppo economico, progresso sociale e lavoro rispettando i limiti delle risorse della natura sul pianeta. Quasi duecento fitte pagine di studio scientifico documentato, arricchite da grafici e tabelle, calcoli logaritmici ed esempi-reportage di casi concreti di successo della green economy, dai paesi più ricchi e avanzati ai più poveri e sfortunati del mondo. «L´attuale modello di sviluppo si è dimostrato inefficiente e insostenibile, non solo per l´ambiente ma anche per le economie e le società», sottolinea Juan Somavia, direttore generale dell´Ilo. Sembra quasi che l´agenzia dell´Onu si richiami o faccia proprie le idee dei grandi rivoluzionari del momento, i grandi nomi dell´economia alternativa e dell´ecogiustizia sociale e ambientale, a cominciare da Jeremy Rifkin o Vandana Shiva. È la seconda volta in quattro anni che l´Ilo pubblica un dossier-rapporto sull´opportunità urgente di un ripensamento e ristrutturazione dell´economia mondiale, dopo il primo studio di quattro anni fa. Da allora ad oggi, nota il documento uscito ieri, un riorientamento globale purtroppo non è ancora iniziato, ma le esperienze compiute, nei paesi altamente industrializzati come nel Terzo mondo, hanno fornito risultati incoraggianti. C´è ovviamente l´esempio tedesco, con gli investimenti e il picco occupazionale creati dalle nuove leggi che impongono severi limiti al consumo energetico degli edifici. O con l´addio al nucleare, che costerà sì 32 miliardi ma sta creando un boom di posti di lavoro. Nella costruzione di centrali eoliche e fotovoltaiche, e prossimamente nella costruzione di una vera e propria rete di "autostrade elettriche", cioè linee elettriche ad alta tensione che porteranno nel sud più industrializzato l´energia rinnovabile prodotta in maggior misura nel nord o sulla costa. 3800 km di linee ad alta tensione, posti garantiti per anni. Ma anche lontano dalla ricca Europa del welfare, i passi avanti si vedono. Colombia e Brazile hanno creato minijobs che salvano vite, affidando l´incarico di raccoglitori di rifiuti part-time a 15-20 milioni di persone. Le misure per salvare le foreste hanno creato impieghi in Nicaragua, le centrali di produzione d´energia grazie ai biogas o alle biomasse fanno uscire milioni di indiani dei ceti più bassi dalla miseria nera. Ovunque, dall´Europa al subcontinente, la produzione d´acciaio con metalli riciclati consente risparmi enormi. Riconvertire e ripensare l´economia mondiale secondo i principi della sostenibilità ambientale, dice ancora Juan Somavia, «non è una scelta job-killer (distruttrice di posti di lavoro) come a volte si sente dire. Al contrario, se gestita nel modo giusto, può portare a creare più posti di lavoro, a una maggiore qualifica degli impieghi esistenti, alla riduzione della povertà su base globale, a una maggiore inclusione nelle società» dei ceti emarginati a causa della miseria. La rivoluzione della green economy tra l´altro, notano gli esperti dell´Ilo, non solo può coinvolgere in modo positivo almeno la metà della forza lavoro mondiale, cioè circa un miliardo e mezzo di persone. In ogni settore, dall´agroforestale alla pesca, dall´industria manifatturiera al trasporto. Le sole energie rinnovabili hanno creato 5 milioni di posti di lavoro, numero raddoppiato in cinque anni dal 2006 al 2010. La green economy ha anche un secondo aspetto qualitativo, oltre alla sostenibilità portata dal rispetto dell´ambiente. Impone per forza di cose rapporti di lavoro più umani, apre più spazi ai diritti sindacali, alle pari opportunità delle donne, specie nel terzo mondo. Aiuta indirettamente, per l´impegno e i controlli che richiede, anche a combattere la piaga del lavoro minorile, stimola ovunque il dialogo tra le parti sociali. Persino nelle produzioni di beni durevoli inquinanti, i vantaggi si vedono: sempre più linee aeree rinnovano la loro flotta con velivoli ad alta efficienza, che consumano e inquinano sempre meno l´aria attorno al pianeta blu. La sfida insomma non è da perdere, raccoglierla vale la pena per tutti.