Neil Forsyth, Internazionale 1/6/2012, 1 giugno 2012
Il carcerato nudo Stephen Gough Nudo integrale – (pezzo da sistemare) – Neil Forsyth, South China Morning Post, Hong Kong Nel penitenziario di Perth, Stephen Gough occupa un universo parallelo
Il carcerato nudo Stephen Gough Nudo integrale – (pezzo da sistemare) – Neil Forsyth, South China Morning Post, Hong Kong Nel penitenziario di Perth, Stephen Gough occupa un universo parallelo. Mentre gli altri detenuti lavorano nelle oicine o ricevono visite, lui resta sempre solo nella sua cella. Alle otto e mezzo di sera, quando l’ediicio chiude per la notte, lo fanno uscire per mezz’ora. Svuota il cestino, imbuca le lettere e si fa una doccia. Se è fortunato, gli rimane tempo per una passeggiata, un breve giro nei corridoi deserti. Stamattina Gough ha un appuntamento con me. Viene scortato fuori della cella, lungo la passerella e giù per le scale. Sento il rumore felpato dei suoi piedi scalzi che camminano sulla pietra prima che entri nella sala. “Piacere di conoscerla”, dice educatamente. Ci stringiamo la mano e per un attimo lui non sa dove sedersi. Rimane in piedi in attesa di istruzioni. Ha un corpo pallido e magro, costellato di ciui di peli scuri. Il suo pene penzola a mezz’aria davanti ai miei occhi. Per i mezzi di informazione è il “camminatore nudo”. Gough sta scontando una pena di 657 giorni per turbamento dell’ordine pubblico e oltraggio alla corte: è uscito senza vestiti dal carcere di Perth al termine della condanna precedente e anche quando è stato portato davanti al magistrato era nudo. Questa condanna è la diciassettesima in dieci anni. Di fatto, Gough è in carcere da quasi sei anni perché rifiuta di vestirsi. Gli chiedo come sta. “Be’, sa com’è, ci si adatta”. Dopo un passato nei Royal Marines e una breve fascinazione per gli adepti del reverendo Moon in Thailandia, Gough ha vissuto per quasi vent’anni a Eastleigh, la sua città nello Hampshire. Lavorava come camionista e aderiva a gruppi ambientalisti. Poi nel 2000 si è trasferito a Vancouver per un anno con la sua compagna e i loro due igli. “In Canada non lavoravo. Mi occupavo dei bambini e facevo passeggiate. Un giorno, mentre camminavo, mi è successo qualcosa. Mi sono reso conto di essere buono. Noi inglesi veniamo educati in dalla nascita nella convinzione di non essere buoni o con l’obbligo di stare attenti a quello che facciamo. Invece ho capito che nel mio profondo sono buono, che tutti siamo buoni e che ci si può fidare di questa parte di sé”. Così Gough ha cominciato a presentarsi in pubblico senza vestiti: se lui era buono, infatti, anche il suo corpo doveva esserlo. “Il corpo umano non è oltraggioso”, spiega. “Afermare una cosa del genere è irrazionale”. La sua ex compagna era “più conservatrice” e una visita dei genitori di lei ha avuto efetti disastrosi. “Una mattina sono sceso nudo a colazione ed è inita lì”, dice Gough con tono asciutto. “E dire che i suoi non ci hanno nemmeno fatto caso”. Al ritorno a Eastleigh Gough è andato a vivere dalla madre. È entrato in un commissariato di polizia e ha chiesto se fosse illegale uscire in strada nudi. “Non mi hanno saputo rispondere”, aferma. La sua prima passeggiata senza vestiti è stata breve. Nel gennaio del 2003 Gough è uscito di casa e si è diretto verso il centro di Eastleigh. “Non è successo niente”, racconta. “Un uomo ha urlato: ‘Che schifo’, ma stava mangiando un panino, e credo fosse quello il problema. Stavo per entrare nel mercato coperto quando la polizia è arrivata di corsa”. Al processo diverse organizzazioni naturiste si sono schierate dalla sua parte. Nelle foto all’uscita del tribunale si vede un uomo muscoloso e in ottima salute che scende raggiante la scalinata. “Volevo seguire la mia verità”, ricorda, “volevo continuare a fare domande”. Quell’estate Gough è partito da Land’s End, in Cornovaglia, con solo un paio di scarponi da escursionista e uno zaino, diretto a John o’Groats, in Scozia. Il primo giorno i giornali locali hanno pubblicato articoli spiritosi. Il secondo l’inglese è stato fermato dalla polizia di St. Ives, che l’ha trattenuto brevemente e poi l’ha rilasciato. Ma subito dopo è stato aggredito: “Due tizi mi hanno buttato a terra. Mi hanno preso a calci in faccia e mi hanno fatto questo”, e indica il naso storto. “Ho pensato: ‘È questo che mi aspetta?’. Ma in realtà quello è stato l’unico problema vero finché non sono arrivato in Scozia”. In Inghilterra la polizia lo fermava “ogni tanto”. In quei casi si rivestiva e spiegava che cosa stava facendo. E gli agenti, sconcertati, lo buttavano fuori dal commissariato “di nascosto, dalla porta sul retro”. Ma in Scozia è stato arrestato diverse volte e alla ine ha dovuto scontare quattro mesi nel penitenziario di Inverness per disturbo dell’ordine pubblico. L’esperienza, però, non è stata negativa: “Mi sono rinvigorito e ho scoperto alcune cose su me stesso”. dopo essere stato rilasciato, Gough si è lanciato nello scatto finale verso la punta settentrionale della Gran Bretagna. È arrivato a John o’Groats il 22 gennaio 2004, con i giornalisti che lo aspettavano. Si è messo in posa con disinvoltura di fronte ai fotograi e ha ricevuto una bottiglia di champagne da un albergo del posto. “È stata una sensazione stupenda”, ricorda. “Pensavo di essere arrivato alla meta”. Poi è tornato a Eastleigh, ha comprato un furgone e ha guidato ino a Studland, un paesino del dorset frequentato da sostenitori di stili di vita alternativi. Ha anche cercato di scrivere un libro sul suo viaggio, ma lo ossessionava un dubbio: “continuavo a dirmi che ero sceso a compromessi. Perché mi rivestivo ogni volta che la polizia mi fermava? avevo sbagliato: in quel modo mi ero contraddetto”. avrebbe rifatto il viaggio, stavolta “senza compromessi” e con Melanie roberts, la sua nuova ragazza. era il giugno del 2005. Quella volta attraversare l’Inghilterra è stato ancora più semplice. In rete si trovano foto di Gough e Roberts nudi nei pub tra i clienti divertiti, o nei supermercati. I rapporti con la polizia erano solo una semplice seccatura. “ci chiedevano cosa stavamo facendo, noi rispondevamo e di solito iniva lì”, dice Gough. Ma in Scozia sono cominciati i guai, come la volta precedente. “ci hanno preso a Edimburgo”, racconta. “e a quel punto io ero diventato un po’ intransigente”. con “intransigente” Gough intende che non ha voluto coprirsi per andare in tribunale e ha sostenuto di non commettere alcun reato. roberts invece si è vestita, ha riconosciuto la sua colpevolezza e si è sistemata in un ostello. Gough ha scontato una pena di due settimane nel carcere di Saughton. e neanche in seguito la polizia scozzese si è mostrata tollerante. “Mi hanno beccato di nuovo”, dice semplicemente Gough. “Ho passato altri cinque mesi nel carcere di Inverness”. Basta non fermarsi Gough e Roberts sono arrivati a John o’Groats nel febbraio del 2006, in uno dei mesi più freddi dell’anno. “Faceva piuttosto freddo, ma si poteva gestire”, ammette con tono di sida, sottolineando che la temperatura è un problema solo “quando ci si ferma, ed è allora che ci si blocca… Il trucco consiste nel continuare a camminare”. I due dormivano vestiti da capo a piedi dentro i sacchi a pelo, ricorda roberts. “Quando a terra c’è la neve è diicile tirarsi fuori dal sacco a pelo, per non dire dai vestiti, e camminare per trentacinque chilometri”. In caso di maltempo erano ammesse eccezioni alla regola: “Indossavamo cappelli di lana, calzettoni, guanti e scarponi. Mangiavamo molti carboidrati e camminavamo veloci. Più ci avvicinavamo al nostro punto di arrivo, più era facile dimenticare il freddo e il dolore”. a John o’Groats stavolta “c’erano meno fotograi”, racconta Gough, “e lo champagne offerto dall’albergo era in una bottiglietta”. Sono tornati a Bournemouth, la città di roberts, con diverse citazioni in giudizio per Gough e con una relazione in crisi. “È stato molto triste”, ricorda roberts. “Steve sapeva che sarebbe restato in carcere a lungo. ci siamo lasciati prima che salisse sull’aereo. Io ero preoccupata per lui, ma sapevo che avrebbe soferto se non avesse seguito la sua idea di quello che è vero e giusto”. Il 18 maggio 2006 Gough si è imbarcato, vestito di tutto punto, sul volo delle 6.45 da Southampton per edimburgo. Prima dell’atterraggio è andato alla toilette e ne è uscito nudo. “Sapevo già di voler andare in tribunale senza vestiti, allora mi sono detto: perché non subito? L’assistente di volo mi ha chiesto di rivestirmi. Le ho risposto che non avevo intenzione di farlo e lei mi ha lasciato stare. Non è successo niente inché non siamo atterrati e non è arrivata la polizia”. Quel gesto è costato a Gough una condanna a quattro mesi di reclusione. E da allora è sempre restato in carcere. Un problema di interpretazione Gough non è pazzo. “Svolgono valutazioni di continuo”, dice sorridendo. “A livello mentale sto benissimo: sono lucido”. In effetti, gli esami psicologici dell’uomo sono impeccabili. “Se lei o io trascorressimo due anni in prigione”, dice John Good, suo ex legale, “probabilmente mostreremmo segni di traumi. Lui invece sembra immune all’ambiente che lo circonda”. Gough è d’accordo, anche se ammette di essere perplesso, a volte. “Mi sveglio al mattino e mi chiedo cosa ci faccio qui. Ma so che il mio agire non riguarda solo me. Io sto mettendo in discussione la società, e devo farlo perché la società è sbagliata”. In Scozia, il turbamento dell’ordine pubblico è deinito come una “condotta che induce o potrebbe indurre nei cittadini uno stato di paura, allarme o disturbo”. Raramente la pubblica accusa ha trovato testimoni che affermassero che la nudità di Gough aveva prodotto in loro uno di questi efetti. A costringerlo in carcere è semplicemente l’ipotesi che questo possa veriicarsi. Lui è convinto che per raggiungere l’obiettivo che si è preissato (uscire dal penitenziario di Perth e tornare a Eastleigh senza vestiti), “non è la legge che deve cambiare, ma la sua interpretazione”. Per due volte i giudici scozzesi hanno dichiarato che né la nudità in pubblico né quella in tribunale costituiscono infrazioni della legge. “In entrambi i casi i magistrati erano donne anziane”, osserva Good (che ha smesso di rappresentare Gough nel 2010 in modo che potesse difendersi da solo e che fosse quindi più difficile espellerlo dall’aula quando era senza vestiti). “Stephen poi ha deciso di uscire nudo dal tribunale e allora è stato arrestato per nudità in luogo pubblico”. Alla ine il caso di Gough è stato esaminato dalla corte d’appello scozzese, e i giudici hanno scelto di dare un’interpretazione della legge che criminalizzasse il suo comportamento. Da allora i magistrati scozzesi si sono adeguati e hanno cominciato a inliggergli il massimo della pena. Se continuerà a non volersi coprire, Gough resterà quindi intrappolato in una sequenza ininita di condanne a due anni di reclusione. Lui insiste sul fatto che, se gli permettessero di tornare a casa nudo a Eastleigh, smetterebbe di presentarsi in pubblico senza vestiti. Sta ai tribunali, alla prigione e alla polizia trovare una soluzione. “Ogni mattina gli chiediamo di vestirsi e partecipare alla vita quotidiana del carcere”, aferma un portavoce del penitenziario di Perth. “Lui si riiuta. Così noi non possiamo farlo muovere e tutti i servizi devono essergli forniti in cella”. Gough, dice il funzionario, non si è mai lamentato del letto o del riscaldamento, e inora la struttura riesce a gestire la sua condizione “singolare e problematica”. “Di notte mi metto una trapunta sulle spalle”, dice Gough. “Non è una contraddizione, perché quando sono solo nella mia cella non sono vincolato in nessun modo. Solo in pubblico mi impongono regole e quindi devo essere nudo. Anche con la trapunta comunque fa piuttosto freddo, ma l’esercizio isico aiuta”. L’ispettore capo Andy McCann della polizia del Tayside, dove l’inglese è stato arrestato più volte, spiega: “Abbiamo discusso e continuiamo a discutere con Gough per raggiungere una mediazione. Gli abbiamo proposto di trasferirlo in un carcere inglese, o di portarlo a casa al termine della pena, ma per lui queste soluzioni non sono accettabili”. Gough vuole uscire dal penitenziario di Perth a piedi e tornare nudo ino a Eastleigh. Considera qualunque alternativa un “compromesso” e la scarta. Il suo rilascio è previsto per quest’estate: uscirà ancora una volta senza vestiti per ricevere inevitabilmente una nuova condanna? “Sì”, annuisce convinto. “È la mia posizione”. Tutto per l’idea La sua scelta sta compromettendo il rapporto con i due igli adolescenti. “Probabilmente anch’io al loro posto sarei confuso”, dice. “Ma credo che quando cresceranno e scopriranno come va la vita, riletteranno sul mio modo di pensare”. Gough non ha notizie di Roberts da un po’ di tempo, ma lei continua a essere una convinta sostenitrice della sua causa. “Rivendica il diritto di ogni individuo a essere se stesso”, dice la donna. “Per me Steve è un eroe”. I gruppi naturisti che un tempo si radunavano davanti ai tribunali per appoggiarlo sono scomparsi da tempo. Sua madre ha 85 anni “e non sta tanto bene”. Dieci anni fa trovava la sua nudità divertente. “La considerava un simpatico vezzo britannico, come i Monty Python che suonano il pianoforte nudi. Ora non capisce più perché sono ancora qui”. Dopo due ore di conversazione non ci si accorge più della nudità di Gough. È una igura magnetica, un narratore instancabile, e il ritmo della sua voce oscilla mentre le parole faticano a tenere il ritmo dei suoi pensieri. Ammette di provare il desiderio irresistibile di “avere una conversazione signiicativa con qualcuno”. Scrive ai suoi sostenitori in tutto il mondo e approitta di ogni interazione che gli viene oferta. “La mia soglia di sopportazione delle chiacchiere sterili è più alta di quanto non sarebbe normalmente”. L’uomo ride: “Ieri notte ho parlato a lungo dei miei biscotti preferiti con un detenuto che lavava i pavimenti”. Il bisogno costante di giustiicare il suo atteggiamento, invece, a volte rende la situazione insopportabile. Good descrive momenti in cui Gough è crollato di fronte ai giudici. “Gli chiedevano di spiegare la sua posizione e per lui era così importante farlo nel modo giusto che non riusciva a parlare. Gli mancava l’aria, cominciava a singhiozzare”. Quando chiedo a Gough di sintetizzare un’ultima volta la sua idea, lui risponde: “La verità e la libertà sono concetti diicili da capire. La mente non può aferrarli”. Si mette in posa di fronte al fotografo, non si muove come una persona nuda. Ha la schiena rigida ed è impacciato, e batte i piedi induriti sul pavimento. È un uomo che è rimasto spogliato per quasi sei anni e risulta stranamente difficile immaginarlo vestito. Il fotografo gli chiede di mettersi le mani sul corpo. Lui riiuta cortesemente, spiegando che sarebbe solo un altro modo di coprirsi, di farsi befe della purezza della sua condizione. Invece allarga le braccia e gonia il torace, incorniciato dalla luce invernale. Due giorni dopo ricevo una lettera di Gough. È un’elaborazione delle sue ragioni, lunga e tortuosa, interrotta da acute intuizioni. Il testo si conclude così: “Possiamo vivere la vita che gli altri si aspettano da noi oppure sceglierne una basata sulla nostra verità. La diferenza è tra una vita consapevole e una inconsapevole, tra vivere e non vivere”.