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 2012  giugno 01 Venerdì calendario

La tecnologia cambia la tv e la politica italiana – (pezzo da sistemare) – Eric Pfanner, The New York Times, Stati Uniti Quando gli italiani si sono liberati di Silvio Berlusconi hanno dimostrato di essere pronti per qualcosa di più di un semplice cambiamento politico

La tecnologia cambia la tv e la politica italiana – (pezzo da sistemare) – Eric Pfanner, The New York Times, Stati Uniti Quando gli italiani si sono liberati di Silvio Berlusconi hanno dimostrato di essere pronti per qualcosa di più di un semplice cambiamento politico. Da quando l’anno scorso Berlusconi si è dimesso dalla sua carica di presidente del consiglio, per tornare a occuparsi delle sue aziende, anche in Italia sembra inalmente arrivata l’era digitale. Mediaset, l’azienda televisiva di Berlusconi, è un gigante dell’era analogica che ha dominato il panorama italiano dell’informazione nei diciassette anni in cui il suo proprietario ha avuto un ruolo di primo piano in politica. Ma da quando Berlusconi ha lasciato il suo incarico, per la terza e probabilmente ultima volta, è in grave diicoltà. Le inserzioni pubblicitarie sono diminuite, i proitti sono crollati e un numero sempre maggiore di italiani si rivolge a servizi alternativi, come quelli oferti da Sky, la tv satellitare di Rupert Murdoch. Forse ancora più sorprendente è il modo in cui gli italiani stanno usando internet. Rispetto agli altri paesi dell’Europa occidentale, l’Italia è ancora indietro in termini di accesso alla rete e, secondo gli avversari di Berlusconi, questo ritardo è dovuto in parte alle scelte politiche fatte dall’ex premier per proteggere il suo impero economico. Ma lo spirito di cambiamento favorito dall’attuale premier Mario Monti sembra aver svelato agli italiani che la rete può fare la diferenza. Le nuove nomine Il 22 maggio 2012 la Open media coalition – un organizzazione che chiede maggiore trasparenza nelle scelte dei governi in materia di informazione – ha ottenuto una piccola vittoria: la camera dei deputati ha posticipato il voto sulle nomine dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), l’organismo di sorveglianza sui mezzi d’informazione, le telecomunicazioni e internet. Il presidente della camera dei deputati Gianfranco Fini ha annunciato che i candidati avrebbero dovuto mandare un curriculum per consentire una valutazione delle loro candidature in base al merito. La decisione di Fini rompe con la consuetudine che ino a oggi ha portato a scegliere i dirigenti di questa commissione attraverso accordi presi sottobanco. “Per la prima volta nella storia italiana il sistema dei partiti ha rinunciato alle nomine sottobanco, senza candidati uiciali, accettando invece il principio della trasparenza e della competenza”, ha dichiarato l’Open media coalition. Questa spinta verso una maggiore trasparenza coincide con un altro fenomeno della rete, il successo politico del comico Beppe Grillo. I candidati del Movimento 5 stelle di Grillo hanno vinto le elezioni comunali a Parma, e in altre città più piccole, cavalcando attraverso Facebook e Twitter un’ondata di rabbia contro la corruzione. La critica alle procedure di selezione del governo ha risvolti molto più ampi. Frank La Rue, incaricato speciale delle Nazioni Unite per la promozione della libertà di espressione, ha scritto di recente al governo italiano chiedendo consultazioni pubbliche sulle prossime nomine. Giuste credenziali La selezione dei dirigenti dell’Agcom ha suscitato interesse perché è considerata un test per valutare quanto potere sia ancora in grado di esercitare Berlusconi. I concorrenti di Mediaset si sono spesso lamentati del fatto che quando Berlusconi era presidente del consiglio gli organismi regolatori avessero favorito la sua azienda e Telecom, un altro gigante ben protetto dal punto di vista politico. Molte compagnie di telecomunicazioni concorrenti, comprese Vodafone Italia, Fastweb e Wind, hanno boicottato il recente discorso di addio del presidente dell’Agcom, Corrado Calabrò, il cui mandato si concluderà a luglio. Le decisioni dell’Agcom avranno un effetto fondamentale nel plasmare la società italiana nel dopo Berlusconi. Spetta all’Agcom assicurare una corretta informazione in vista delle elezioni che si terranno l’anno prossimo. L’autorità si occuperà inoltre dell’asta per assegnare le nuove frequenze televisive digitali, delle norme antipirateria e degli sforzi per ampliare la difusione della banda larga. Prima dell’annuncio di Fini e della posticipazione del voto sulle nomine, nei mezzi d’informazione italiani si era difusa la voce che il favorito per la presidenza dell’Agcom fosse Roberto Viola, attuale segretario generale dell’autorità. Viola è ritenuto in possesso delle giuste credenziali, ma i concorrenti di Mediaset si oppongono alla sua nomina a presidente a causa del suo coinvolgimento in decisioni che avrebbero favorito l’azienda di Berlusconi quando lui era al governo. L’anno scorso Sky Italia, la principale pay-tv in Italia, ha deciso di non partecipare all’assegnazione di nuove frequenze televisive digitali (il cosiddetto beauty contest). Secondo Sky, le linee guida dell’Agcom erano state elaborate in modo da assicurare la vittoria di Mediaset e della Rai, la cui oferta televisiva è soprattutto gratuita. Le aziende concorrenti di Telecom Italia contestano invece all’Agcom di aver avallato i pesanti rincari delle tarife imposte da Telecom Italia per l’accesso alle sue infrastrutture, costi che pesano per centinaia di milioni di euro sui loro bilanci. Secondo queste aziende, la scarsa diffusione della banda larga in Italia è in parte dovuta al monopolio esercitato da Telecom Italia sul mercato. In base ai dati difusi dall’Unione europea, a gennaio del 2011 si contavano 21,9 linee per ogni cento abitanti, contro una media europea di 26,5 connessioni ogni cento abitanti. “Viene spontaneo chiedersi perché il presidente Calabrò, lamentando la bassa penetrazione di internet in Italia, non si ponga il dubbio di come tali aumenti dei prezzi all’ingrosso abbiano inluito nel minare la difusione della banda larga in Italia”, si chiede Fastweb in un comunicato. Mediaset, Telecom Italia e Sky Italia non hanno voluto commentare. Tenuto conto di queste posizioni così arroccate, non sarà facile, secondo gli analisti, trovare un candidato che metta d’accordo tutti. Grazie alla spinta della rete per una maggiore trasparenza nella pubblica amministrazione, la scelta del nuovo presidente dell’Agcom ha attirato l’interesse di alcuni outsider della politica. Stefano Quintarelli, un informatico di recente nominato direttore dell’area Digital del quotidiano economico Il Sole 24 Ore, ha avviato una campagna su internet raccogliendo dodicimila irme a sostegno della sua candidatura. “Penso di avere una visione del mercato e competenze tecniche che potrebbero essere utili all’Agcom”, ha dichiarato Quintarelli. “La mia candidatura potrebbe servire da incoraggiamento agli italiani che credono nel merito”. Un ambiente insidioso Secondo gli analisti, tuttavia, Quintarelli non ha molte possibilità di farcela. È più probabile che il posto vada a qualcuno con appoggi politici più forti. C’erano già stati dei segnali che mostravano come l’ambiente delle autorità di garanzia potesse diventare un po’ più insidioso per Mediaset. Il governo Monti ha deciso che le frequenze televisive digitali non saranno assegnate gratuitamente, come invece aveva stabilito il governo Berlusconi, ma attraverso una vera asta. Anche le condizioni del mercato non sono più favorevoli a Mediaset. In un’economia in recessione molte aziende italiane che si occupano di informazione hanno dovuto affrontare delle diicoltà, ma nessuna ha soferto come Mediaset, che ha registrato una flessione del 10 per cento degli introiti pubblicitari e un crollo dell’85 per cento dei ricavi netti del primo quadrimestre. È per questo motivo che, secondo gli analisti, Berlusconi continua a seguire molto da vicino gli sviluppi della politica romana. “Sembra che la tv sia l’unico argomento che ancora lo interessi. Mediaset non se la sta cavando bene sui mercati. Se non riesce a inluenzare l’Agcom la situazione potrebbe peggiorare ulteriormente”, spiega Augusto Preta, direttore generale di Itmedia consulting, un istituto di ricerca di Roma. Mentre cambia il panorama politico, gli italiani stanno vivendo il tanto atteso risveglio digitale. “Molte persone non si rendono conto che ci sono momenti in cui un intero settore di mercato può cambiare completamente”, ha detto un ex dirigente televisivo italiano che ha chiesto di restare anonimo. “Ora stiamo attraversando proprio uno di quei momenti”. u