gim, Internazionalw 1/6/2012, 1 giugno 2012
Il massacro siriano – (pezzo da sistemare) Prima o poi ogni conlitto armato in cui la vittoria è determinata dalla sottomissione della popolazione civile – piuttosto che dal controllo del territorio – ha la sua My Lai, la sua Sabra e Shatila, la sua Srebrenica
Il massacro siriano – (pezzo da sistemare) Prima o poi ogni conlitto armato in cui la vittoria è determinata dalla sottomissione della popolazione civile – piuttosto che dal controllo del territorio – ha la sua My Lai, la sua Sabra e Shatila, la sua Srebrenica. Anche la guerra civile siriana (perché è di questo che si tratta in in dei conti) ora ha il suo bagno di sangue esemplare, il suo momento spartiacque. Il 26 maggio 2012 a Hula, vicino a Homs, sono stati uccisi 108 civili, tra cui 49 bambini. Il massacro è stato attribuito all’esercito e agli shabiha, i miliziani che spesso sostituiscono i soldati nel lavoro sporco. Negli ultimi quindici mesi di conlitto sono state commesse molte atrocità, ciascuna con il suo tributo di sangue, dolore e vendetta, e il centinaio di cadaveri di Hula avrà provocato poco più di un brivido di orrore tra gli spettatori assuefatti e perplessi. Dal punto di vista statistico questi morti sono solo una parte del numero sempre più grande di vittime nel conlitto: le Nazioni Unite calcolano che le persone morte in Siria siano più di diecimila, ma la stima varia di alcune migliaia a seconda di chi tiene il conto. È passato un mese dall’arrivo in Siria dei 270 osservatori dell’Onu dopo l’accordo parziale tra il presidente Bashar al Assad e Koi Annan, inviato dalle Nazioni Unite e dalla Lega araba per trovare una soluzione alla crisi. Ma la presenza degli osservatori non ha fermato né fatto diminuire le uccisioni, nonostante le dichiarazioni iniziali (a dire il vero bisognerebbe chiedersi quando mai i peacekeeper siano riusciti a fermare un conlitto). Le uccisioni di Hula sono avvenute a soli 25 chilometri dalla postazione degli osservatori Onu a Homs. Diversamente da quanto succede nei vecchi ilm western, la cavalleria non è mai arrivata. In questo spaventoso reality show che ormai ci coinvolge tutti, gli uomini delle Nazioni Unite sono arrivati dopo, giusto in tempo per ilmare i cadaveri che gli assassini si erano lasciati alle spalle, con l’unico merito di aver documentato le atrocità commesse. I video girati a Hula mostrano che alcune vittime civili – i cui cadaveri sono spesso mutilati – sono “non speciiche”. Con questo intendo dire che, come succede nelle guerre, molti sono stati uccisi solo perché erano nel posto sbagliato al momento sbagliato e gli uomini che hanno sparato con l’artiglieria o dai carri armati non volevano fare del male a loro nello speciico, in quanto individui. Altri, invece, portano sui corpi le tracce di uccisioni ravvicinate: armi da fuoco premute contro la testa, coltelli che hanno inciso gole in profondità. Queste ultime vittime, tra cui ci sono anche dei bambini, turbano più di tutti gli altri morti, perché spingono a chiedersi se, almeno nelle menti delle persone coinvolte nel conlitto, esista a questo punto un piano di pace realizzabile. Ecco perché Hula rappresenta uno spartiacque (e perché il regime sostiene che è tutta una messinscena per screditarlo). In una guerra come questa, che coinvolge una comunità – la minoranza alawita, che governa il paese e teme l’estinzione per mano della comunità sunnita, molto più numerosa (anche tra gli abitanti di Hula) – gli assassini continuano a fare il loro lavoro, a prescindere da quello che dicono i loro referenti politici. Il segretario generale dell’Onu, Ban Kimoon, ha dichiarato che non esiste un piano B per la Siria. Il piano A, per dirla in breve, si basa sulla buona volontà e sulla disponibilità a modiicare le proprie posizioni da parte del regime e dei ribelli che gli si oppongono. Ma c’è da chiedersi cosa bisogna fare quando gli uomini diventano capaci di tagliare la gola di un bambino di pochi anni. Jon Lee Anderson è un inviato di guerra statunitense. Il suo ultimo libro pubblicato in Italia è Guerriglieri (Fandango Libri 2011).