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 2012  giugno 01 Venerdì calendario

Così i francesi hanno spogliato Parmalat – Milano La Parmalat di Enrico Bondi ha tenuto fermo in cassa per anni oltre un miliardo e mezzo di euro

Così i francesi hanno spogliato Parmalat – Milano La Parmalat di Enrico Bondi ha tenuto fermo in cassa per anni oltre un miliardo e mezzo di euro. Una scelta discutibile. Giusto 12 mesi fa Bondi è stato messo alla porta dal gruppo francese Lactalis, ma i nuovi padroni hanno fatto una scelta ancora più discutibile: si sono presi metà di quel tesoretto. E’ andata così. La Parmalat ha comprato le attività americane di Lactalis, messe in vendita dai Besnier, la famiglia che controlla la multinazionale transalpina. INSOMMA, Parma vende e Parigi incassa. "Un’operazione che non appare corretta sul piano formale nè sostanziale", è andato all’attacco ieri il rappresentante del fondo Amber all’assemblea dei soci di Parmalat convocata per approvare i conti del 2011. Questione di punti di vista, ovviamente. I francesi si difendono. Sul piano formale è tutto a posto. Ci sono le perizie degli esperti indipendenti che certificano la congruità del prezzo di vendita (904 milioni di dollari) delle attività Usa. Anche i tre amministratori indipendenti hanno esaminato e approvato l’acquisizione, così come prevedono le norme sulle operazioni in potenziale conflitto d’interesse. E anche la Consob, che pure ha chiesto un supplemento d’informazioni sulla vicenda, non ha fin qui sollevato obiezioni. I dubbi restano però. A cominciare da quelli sul prezzo pagato da Parmalat. Un prezzo fissato sulla base di un multiplo di 9,5 dell’Ebidta (i profitti lordi) della società Usa. Lo stesso multiplo applicato al valore di Borsa attuale del gruppo di Collecchio si aggira intorno a 4. Difficile non farsi qualche domanda. Una su tutte: perchè mai le attività americane sono così care rispetto a quelle del gruppo Parmalat? Va tenuto presente che i profitti lordi della società Usa, stimati in 95 milioni dollari per il 2012, sono del tutto aleatori. E il motivo è semplice. Il gruppo americano è appena nato, mettendo sotto un ombrello comune una serie di attività. Di conseguenza non c’è nessuno dato storico. Tutta si basa su previsioni. Non per niente il contratto prevede la possibilità di correggere il prezzo se i profitti si rivelassero più alti o più bassi, ma comunque entro una forchetta compresa tra i 760 e i 960 milioni di dollari. I TERMINI dell’operazione sono stati esaminati e approvati anche da Mediobanca, in qualità di esperto indipendente. La banca milanese, però, è indipendente fino a un certo punto, visto che nel recente passato ha avuto rapporti d’affari con il gruppo Lactalis. E per di più, poichè non sono disponibili i bilanci passati, Mediobanca non ha potuto fare altro che prendere in considerazione i dati forniti dai francesi. I quali, a quanto sembra, devono aver cambiato idea in questi ultimi mesi. L’anno scorso avevano messo nero su bianco che Parmalat avrebbe via via potuto assorbire le attività nel latte confezionato controllate da Lactalis in Francia e Spagna. E invece no. Il gruppo di Collecchio cambia rotta e varca l’Oceano. Per comprare che cosa? Un agglomerato di società, in molti casi costituite da pochi mesi, che in buona parte si limitano a rivendere prodotti targati Lactalis. Per farlo, tra l’altro, pagano royalties alla casamadre. Come dire che Parmalat d’ora in avanti dovrà farsi carico anche di questo obolo da versare ai suoi padroni francesi. In sintesi: Lactalis fa cassa a spese della sua controllata italiana e riesce anche ad assicurarsi un reddito supplementare per il futuro. E i soci di minoranza? Dopo l’Opa in Borsa dell’anno scorso l’esercito dei piccoli azionisti si è di molto ridotto. A Lactalis ormai fa capo l’82 per cento del capitale. IERI PERÒ in assemblea si sono fatti sentire i fondi internazionali, a cominciare da Amber che nei mesi scorsi è sceso in campo per contestare la gestione dei Ligresti alla Fondiaria. L’attacco dei fondi ha raggiunto almeno un risultato. Parmalat aveva messo ai voti in assemblea l’aumento dei compensi per il collegio sindacale. Lactalis si è astenuto e le minoranze hanno votato contro. Risultato: aumento bocciato.