Dino Pesole, Il Sole 24 Ore 1/6/2012, 1 giugno 2012
Decisiva la partita sulla lotta all’evasione– Se il risanamento finanziario passa per la via pressoché esclusiva sull’aumento della tassazione, prima o poi si paga il conto
Decisiva la partita sulla lotta all’evasione– Se il risanamento finanziario passa per la via pressoché esclusiva sull’aumento della tassazione, prima o poi si paga il conto. Nel definire l’attuale livello della pressione fiscale (si va verso il 45,4% del Pil) «non compatibile con una crescita sostenuta», il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco è andato diritto al cuore del problema. Si pone giustamente da più parti l’accento sull’eccessivo ricorso al prelievo fiscale da parte del governo Monti. In realtà la critica va estesa all’intera panoramica delle manovre correttive varate lo scorso anno, due delle quali (luglio e agosto) ad opera del precedente governo. Vale la pena di analizzare le cifre. Se si guarda alla sola correzione del deficit, le tre manovre del 2011 valgono 48,9 miliardi nel 2012, 75,7 miliardi nel 2013 e 81,3 miliardi nel 2014 (il 4,9% del Pil). Oltre il 70% delle risorse complessive, indirizzate sia alla correzione del deficit che allo sviluppo, deriva da maggiori entrate. È l’effetto della «clausola di salvaguardia» collegata alla delega fiscale e assistenziale (16,4 miliardi a regime), del combinato Imu e rivalutazione delle rendite catastali (10,6 miliardi nel 2012, 10,9 miliardi nel 2013 e 11,3 miliardi nel 2014), e della restante nutrita lista di aumenti dell’imposizione che hanno cominciato a dispiegare i loro effetti proprio a partire dal 2012. Il risultato è nell’incremento complessivo della pressione fiscale, che il Def dell’aprile scorso affida a questa inquietante progressione: 45,1% nel 2012, 45,4% nel 2013, 45,3% nel 2014. Citiamo a supporto quanto il presidente della Corte dei conti, Luigi Giampaolino ha sostenuto lo scorso 13 marzo alla Camera: le manovre del 2011 «hanno operato soprattutto dal lato dell’aumento della pressione fiscale, piuttosto che, come sarebbe stato desiderabile, dal lato della riduzione della spesa». Il risultato è che ci avviamo verso una pressione superiore al 45% del prodotto, «un livello che ha pochi confronti nel mondo». Poiché le stime più recenti sull’evasione parlano di 120-130 miliardi sottratti a tassazione, ne consegue che il sistema tributario italiano «è disegnato in modo tale da far gravare un carico tributario sui contribuenti fedeli sicuramente eccessivo». Un sistema fiscale iniquo e sperequato non è certo un alleato della crescita. Se poi è anche eccessivo nei confronti di chi le tasse le paga regolarmente, si rischia un pericolo effetto di rigetto. E non a caso Visco parla di inasprimento della tassazione «che non può che essere temporaneo». Si tratta di agire con determinazione sul doppio fronte: tagli selettivi e strutturali alla spesa corrente, centrale e periferica, recupero di gettito dall’evasione. Le risorse, già dal 2013, dovranno necessariamente essere indirizzate per gran parte al taglio delle tasse.