Franco Bechis, Libero 31/5/2012, 31 maggio 2012
UNIPOL, GLI UNICI REATI ERANO LE TRAME FRA DS
Il solo reato compiuto nella tentata scalata alla Bnl da parte del gruppo Unipol è stato quello più negato in questi anni: l’insider trading, e cioè la trasmissione di informazioni riservate e sensibili al mercato che avvenne nel 2005 nelle famose telefonate fra Giovanni Consorte, all’epoca amministratore delegato di Unipol, e i leader dei Democratici di sinistra, Piero Fassino, Massimo D’Alema e Nicola Latorre. Fu in quelle telefonate che Fassino chiese a Consorte: «Abbiamo una banca?».
Aveva dunque ragione Clementina Forleo, il gip che fu lapidato per avere insistito su quel filone di inchiesta, e a cui fu negato ostinatamente il lavoro anche con utilizzo dell’immunità parlamentare (l’europarlamento protesse così D’Alema). Mentre per la scalata alla Bnl non stava in piedi il filone di indagine pervicacemente seguito dagli inquirenti, che cercarono di incriminare i cosiddetti furbetti del quartierino (Danilo Coppola, Stefano Ricucci e Giuseppe Statuto), il governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio e l’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone.
STORIA RISCRITTA
Così ha stabilito ieri la Corte di appello di Milano con una sentenza clamorosa che a sette anni dai fatti è destinata a riscrivere buona parte della storia politica e finanziaria di Italia. Le motivazioni saranno note solo nelle prossime settimane, ma il verdetto già fa capire molto. Sono stati assolti tutti dal reato di aggiotaggio che era stato ipotizzato dalla procura di Milano e confermato nella sentenza di primo grado. Assolti con formula piena perché il fatto non sussiste Antonio Fazio, Francesco Gaetano Caltagirone, Emilio Gnutti, gli altri bresciani come i fratelli Ettore e Tiberio Lonati e il banchiere Bruno Leoni e perfino quelli che furono definiti i «furbetti del quartierino». Secondo la Corte non è vero dunque che gli aspiranti acquirenti italiani della Bnl avessero «inquinato con false informazioni e patti segreti i valori dei titoli in Borsa in modo che l’Unipol riuscisse ad acquisire la Bnl».
Sono invece restati in piedi due reati, quello di ostacolo alle attività di vigilanza e appunto quello di insider trading che era legato proprio alle telefonate fra Consorte e i leader Ds rivelate all’epoca da Gianluigi Nuzzi. Condanna a un anno e sette mesi per Consorte (che si è visto scontare di molto la pena del primo grado) e per il suo principale collaboratore, l’ex direttore generale di Unipol Ivano Sacchetti.
A sette anni dai fatti dunque la Corte di appello di Milano scrive una sentenza che ribalta la storia come fin qui è stata raccontata sia dalla procura di Milano, che da gran parte della politica dell’epoca e del gotha finanziario di questo paese. Ieri qualche avvocato degli imputati assolti con formula piena come Marco De Luca e Guido Alleva, ha commentato con amarezza parafrasando Fassino: «La verità è che l’Italia ha perso una banca».
La Bnl infatti grazie a quella inchiesta è finita in braccio ai francesi di Bnp Paribas con l’accordo del presidente della banca, Luigi Abete, e di alcuni degli azionisti principali dell’epoca, come Diego Della Valle. Lo scandalo dei «furbetti» – che in secondo grado è stato riconosciuto invece nell’inchiesta su Antonveneta e la Banca popolare di Lodi di Gianpiero Fiorani – era secondo la Corte di appello del tutto inventato per quel che riguardava la scalata alla Bnl.
PATTI LEGITTIMI
Legittimi i patti fra gli azionisti dell’epoca, legittima l’operazione pensata dal più importante di loro, Caltagirone, che ieri ha rivendicato in aula la propria innocenza e l’ingiustizia fin qui patita prima che i giudici si riunissero nella camera di consiglio che gli ha dato ragione.
Legittimo anche il ruolo svolto dalla Banca di Italia fra gli strali velenosi dei media che erano parte in gioco in quella guerra (il Corriere della Sera più di altri). Illegittimo invece quel che avvenne nelle telefonate censurate fra Consorte, Fassino e Latorre che la procura non avrebbe nemmeno voluto utilizzare, e che solo per la ostinazione della Forleo alla fine sono entrate nel fascicolo processuale. Permettendo di riscrivere completamente la storia politico-finanziaria degli scontri di potere di questi ultimi dieci anni.
Franco Bechis