Rossella Bocciarelli, Il Sole 24 Ore 31/5/2012, 31 maggio 2012
Piccoli passi nella competitività – La buona notizia, e di questi tempi ce n’è davvero un gran bisogno, per mitigare le ammaccature della self confidence, è che l’Italia ha conquistato, scavalcando il Portogallo, due posizioni nel prestigioso World competitiveness Yearbook edizione 2012 pubblicato dall’Imd (International Institute for management development) di Losanna
Piccoli passi nella competitività – La buona notizia, e di questi tempi ce n’è davvero un gran bisogno, per mitigare le ammaccature della self confidence, è che l’Italia ha conquistato, scavalcando il Portogallo, due posizioni nel prestigioso World competitiveness Yearbook edizione 2012 pubblicato dall’Imd (International Institute for management development) di Losanna. Il nostro Paese, che lo scorso anno si collocava al quarantaduesimo posto, si piazza oggi al quarantesimo su un totale di 59 Paesi classificati. La selezione avviene sulla base di qualcosa come 329 criteri atti a definire non solo la capacità competitiva misurata dagli indicatori oggettivi ma anche l’attitudine a competere nella globalizzazione e l’esigenza o meno di riforme economiche e sociali. Accanto ai dati statistici, del resto, gli esperti dell’Imd sondano anche l’opinione diretta del mondo del business internazionale, interpellando più di 4.200 dirigenti sparsi per il mondo. I Paesi più competitivi, in base alla graduatoria, sono Honk Kong (primo posto), gli Stati Uniti (secondo posto) e la Svizzera (terzo posto) e questo non sorprende: nonostante tutti i rovesci subiti, gli Usa restano al centro del ring. Nessun’altra nazione, rimarcano a Losanna, riesce a esercitare un simile effetto di traino sul resto del mondo. «L’Europa, invece – osserva Stephane Garelli, direttore del Centro competitività dell’Imd – è appesantita dall’austerity e da una leadership politica molto frammentata. Ed è scarsamente credibile come sostituto degli Stati Uniti in qualità di motore della crescita, mentre il blocco dei mercati emergenti è ancora da considerare una sorta di work in progress». Secondo Garelli non c’è solo la frammentazione della leadership politica in Europa di cui tener conto. L’elemento nuovo del quale chiunque faccia impresa dovrà tener conto è proprio questa tendenza al ritorno verso la frammentazione dell’economia globale: «Basta considerare – osserva – quanto in questo momento sia differente la situazione economica delle varie aree del mondo. Abbiamo Paesi che marciano forte e Paesi in recessione, Stati in cui il problema principale è contenere l’inflazione e altri che debbono vedersela con la deflazione. Tutto questo ci dice che il contesto nazionale dei sistemi economici è tornato a essere importante». Perciò secondo l’esperto le imprese dovranno considerare contemporaneamente più modelli per il proprio business. «Di sicuro – conclude - è nuovamente importante il "made in" anche per l’immagine di un Paese: si consideri, ad esempio, che oggi risulta difficile pensare a qualcosa che sia made in Great Britain. Dunque il vostro made in Italy va coltivato con cura». Ma cosa ha fatto il nostro Paese per meritare un avanzamento in classifica, proprio al termine di un anno non certo brillante come è stato il 2011? Secondo Garelli, nei giudizi raccolti ha contato molto anche l’immagine del governo Monti che ha credibilità e larghi apprezzamenti nel mondo del business internazionale. Un altro esperto Imd, il professor Salvatore Cantale, spiega che l’avanzamento in classifica va considerato solo come un miglioramento relativo ad altri, e non necessariamente come una performance migliore del sistema Paese rispetto a quanto realizzato l’anno prima. «Significa solo che stiamo attraversando la crisi meglio di altri. Così, abbiamo sorpassato nel ranking Portogallo, Indonesia e Filippine. La Lituania, peraltro ci ha sorpassati, portandosi dal quarantacinquesimo al trentaseiesimo posto. Quanto alla Spagna è molto probabile che l’anno prossimo la sua posizione in classifica peggiorerà». Insomma, noi italiani siamo sempre collocati nella parte bassa della classifica e i nostri vicini in graduatoria sono Paesi di taglia economica assai leggera. Tra gli elementi che evidenziano un miglioramento dei risultati dell’Italia rispetto allo scorso anno si segnala il maggior afflusso di investimenti diretti nel nostro Paese (32,62 miliardi di dollari contro i 9,59 dell’anno precedente); ma gli intervistati rilevano un miglioramento del problema dell’evasione fiscale e una maggiore trasparenza. Migliora in modo consistente l’opinione sulle decisioni del Governo e anche quella sulla coesione sociale; cambia in maniera sensibile il giudizio sul finanziamento della previdenza e sale leggermente anche la valutazione sulla burocrazia. Sull’altro piatto della bilancia, appare in discesa il Pil pro capite e quello complessivo; in declino anche il giudizio sulla finanza pubblica e sul credito nonché sul costo del capitale: peggiora pure il giudizio sul modo in cui sono gestite le città e quello sull’efficienza della giustizia. Nelle classifiche di settore i miglioramenti di rilievo si registrano nell’efficienza del business (dal 48° al 44° posto) e in quello delle infrastrutture, in particolare di quelle tecnologiche (dal 30° al 28° posto in classifica). Le sfide principali per il nostro Paese? Sono quelle di sempre: aumentare l’efficienza del settore pubblico, condurre una più forte lotta all’evasione e, se possibile, abbassare le aliquote fiscali che gravano su imprese e lavoratori. Rossella Bocciarelli