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 2012  maggio 30 Mercoledì calendario

Industriali italiani d’accatto – Hanno chiuso la stalla quando i buoi erano scappati e adesso tutti a protestare, col presidente-tecnico Mario Monti e il grillino Federico Pizzarotti, fresco della fascia tricolore di Parma, accomunati dal fatto che non sanno che pesci pigliare

Industriali italiani d’accatto – Hanno chiuso la stalla quando i buoi erano scappati e adesso tutti a protestare, col presidente-tecnico Mario Monti e il grillino Federico Pizzarotti, fresco della fascia tricolore di Parma, accomunati dal fatto che non sanno che pesci pigliare. Poiché ognuno fa il suo mestiere, non c’è da inveire nei confronti della multinazionale francese Lactalis (controllata dalla famiglia Besnier) che ha trovato terreno molle e ne ha approfittato, ha comprato l’azienda-leader in Italia, la Parmalat, sua concorrente, ed è diventata così tra coloro che controllano il mercato del latte e dei latticini in Italia. L’ha comprata poichè nella cassaforte di Parmalat c’era un malloppo (1,4 miliardi di euro) che, chissà perché, il suo salvatore Enrico Bondi teneva come un tesoretto anziché investirlo in acquisizioni e sviluppo. Ovviamente, i nuovi padroni hanno messo subito le mani sulla cassaforte così che più che un’acquisizione si è trattato di un cadeau che il sistema imprenditoriale italiano ha fatto a quello francese. Semplice, no? Se io acquisto una casa e vi trovo in un cassetto più o meno i soldi che ho sborsato per acquisirla ho fatto davvero un affare. Il bello è che le coop agroalimentari, le banche, le merchant, la politica sono state a guardare. Non solo. Una multinazionale che ha cervello e cuore in Francia, un paese dove il lattiero-caseario funziona, eccome, è evidente che una volta acquisita la Parmalat l’avrebbe usata come una sua pedina, in primo luogo affievolendo il legame (se non abbastanza remunerativo) con le campagne italiane. La Francia (e Lactalis) ha latte e formaggio da esportare, perciò talune produzioni italiane possono essere cancellate da un giorno all’altro nell’ambito di una strategia globale. Quello che il sistema-Italia ha fatto con Parmalat è un capolavoro alla rovescia. Tanto che viene da chiedersi a che servano le urla di queste ore poiché ogni cosa era scritta nel copione. Comunque, tutti arrabbiati con Lactalis. Dice Tiziana Bocchi, segretario Uila-Uil: «Parmalat rappresenta un patrimonio produttivo e occupazionale che non siamo disposti a mettere in discussione, se non in una logica di sviluppo, a partire proprio da quello del perimetro industriale italiano. Nell’augurarci che anche il governo intenda muoversi in questa direzione, ribadiamo a Lactalis che metteremo in campo tutte le iniziative utili a tutelare e difendere Parmalat Italia». Poi c’è Francesco Boccia, coordinatore delle commissioni economiche Pd alla Camera: “Il governo chiarisca in Parlamento le notizie secondo le quali i francesi di Lactalis utilizzerebbero le risorse di Parmalat per potenziare le loro attività fuori dall’Italia: se tutto questo fosse vero, saremmo di fronte ad una vera e propria oscenità. Sarebbe ingiustificabile e assurdo che al termine dell’azione di risanamento il cui conto è stato pagato dai risparmiatori italiani e dal tessuto produttivo del nostro Paese il risultato fosse che i francesi facciano un affare senza investire neanche un euro in Italia». Che cosa sta succdendo lo spiega Mauro Macchiesi, della segreteria nazionale Flai-Cgil: «Lactalis Usa decide di farsi ricomprare dalla Parmalat per un’operazione finanziaria che sposta le risorse, derivanti dal recupero di crediti del crack e destinate agli investimenti per operazioni finanziarie. Un vero e proprio scippo ai danni di Parmalat Italia. In questo anno Lactalis non ha investito un euro per migliorare gli impianti e soprattutto per rinnovare i prodotti e allargare la gamma degli stessi». «Non era questo», aggiunge Macchiesi, «il piano che Lactalis aveva presentato alla Consob al momento dell’Opa, in cui si affermava che la presenza della Lactalis in Italia avrebbe consentito alla Parmalat di migliorare le proprie performance. In realtà, con questa operazione cala la maschera e si evidenzia la volontà di utilizzare il marchio Parmalat nel mondo e dismettere la parte italiana. Ci chiediamo se il governo e gli organi competenti non abbiamo nulla da dire per evitare che a pagare siano i soliti noti». Quindi i francesi si mettono in tasca gran parte del tesoretto, con buona pace di Bondi: ben 909 milioni di dollari è la cifra che esce da Parmalat per acquistare Lactalis-Usa (che ha chiuso l’esercizio 2011 con un fatturato di 979,3 milioni di dollari e un Ebitda di 84 milioni), una sorta di operazione di giro al termine della quale però nella pancia della multinazionale finisce il fiume di denaro che Bondi era riuscito a risparmiare senza però spenderlo. Di fronte alla macroscopicità dell’operazione s’è mossa la Consob per chiedere chiarimenti e Franco Tatò, che la famiglia Besnier ha messo a capo di Parmalat, ha risposto secco: «L’acquisizione avviene per le elevate potenzialità di sviluppo offerte dal mercato lattiero-caseario nel continente americano». Sull’operazione c’è il placet di Mediobanca. Infatti la legge prevede il parere vincolante del comitato di amministratori indipendenti. Hanno votato tutti a favore. Comitato e CdA sono stati assistiti da Mediobanca, che ha rilasciato il parere di congruità. Intanto il 5stelle Federico Pizzarotti deve affrontare da neosindaco quello che a Parma chiamano lo 1svuotamento di Parmalat» e s’è fatto portare un dossier da studiare mentre Mario Monti ha affidato al ministro dello Sviluppo, Corrado Passera, il compito di indagare. Il ministro ha convocato i vertici Lactalis a cui chiederà ragione anche di un comportamento dubbioso: nello statuto di Parmalat era stata inserita una norma di salvaguardia: fino al 2020 non era possibile distribuire utili agli azionisti in misura maggiore del 50%. Cos’hanno fatto i francesi? Un’operazione di cash pooling, il che significa accentrare in un unico soggetto giuridico la gestione delle disponibilità finanziarie di un gruppo societario, al fine di ottenere la miglior gestione della tesoreria aziendale dal punto di vista fiscale e contabile. Questo soggetto è la Bsa Finances, scatola finanziaria della famiglia Besnier. Con buona pace della clausola di salvaguardia e del colloquio che Passera (forse insieme a Pizzarotti) avrà con gli emissari francesi. Giorgio Ponziano