Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  maggio 29 Martedì calendario

Mancia da 100mila euro, la crisi presa a schiaffi - Lui non si è fatto sconti l’altra notte al Bil­lionaire

Mancia da 100mila euro, la crisi presa a schiaffi - Lui non si è fatto sconti l’altra notte al Bil­lionaire. Non in Costa Smeralda, ma a Mon­tecarlo. Lui, un magnate pachistano (si sco­pre che esistono anche miliardari pachista­ni, non solo russi o sceicchi del Golfo, questi sono miti da provinciali, da gente che chiara­mente non ha i soldi) ha bevuto a sfinirsi. Di champagne. Bottiglie su bottiglie. È facile immaginare la lista delle sue ordinazioni: Cristal, Dom Pérignon, Château Pétrus, Ro­manée- Conti. Il conto alla fine è stato di con­seguenza, centocinquantamila euro. Il ric­cone pachistano però non ha fatto come cer­ti turisti indignati, che si fanno grattugiare il tartufo nei risto­ranti stellati e poi si lamentano del prezzo. Non ha neanche chiesto un po’ di arrotondamen­to: ha pagato e poi ha rincarato la dose. Centocinquantamila euro di spesa, altri centomila di mancia. Nessuno si è levato il cappello, ma solo perché al Bil­lionaire faceva già troppo caldo. C’è una ricchezza che non ar­rossisce. Orgogliosa di sé per­ché spende e quindi alimenta i consumi e quindi crea lavoro. Ecco questo lusso una volta si fermava anche in Italia. Adesso no. Resta dove non si sente guar­dato con sospetto. Resta dove l’apprezzano. Montecarlo sta lì, fiera del suo sfarzo e accoglien­te per chi vuole mostrare il pro­prio. Del resto le serate ultima­mente sono intense, tra la festa di inaugurazione con il principe Alberto e Charlène, il Gran Pre­mio di Formula uno, la stagione estiva che riparte. Soprattutto, da quelle parti si rifugia chi vuo­le spendere e bere e divertirsi senza badare né al portafoglio, né alla guardia di finanza che po­trebbe piombare nel locale fra una flûte e l’altra: quindi le sera­te sono piene, i tavoli stipati di italiani che corrono oltre Venti­miglia per gozzovigliare senza l’incubo del fisco spione, e sen­za il timore che qualcuno li im­becchi mentre scialacquano e ri­dono in tempi neri. Senza fare la figura degli antichi romani che banchettano sulle rovine del­l’Impero. Per esempio anche l’altra se­ra, nel palazzo che il Billionaire condivide con il Cipriani erano molti i connazionali che hanno assistito allo spettacolo del pa­chistano generoso. Dicono che lui, il miliardario, si sia divertito parecchio: lo champagne non gli è neppure bastato. Ha dato fondo alle riserve del locale, e ne avrebbe bevuto ancora, avesse potuto. Ma perfino lo champa­gne era finito, l’altra sera: come se per una volta qualcuno fosse riuscito a sfondare il confine del lusso, che hai voglia di dire sem­pre che sia senza freni. Questa volta invece si è dovuto fermare, per mancanza di liquidi (e non nel senso di soldi, è chiaro): ma forse è stata perfino una goduria in più, una cascata di denaro che scorreva a fiumi come il vi­no della cantina, quasi si senti­va tintinnare la cassa in sottofon­do, al posto dei neon brillavano i dollari, come gli occhi di zio Pa­perone quando si rigirano a slot machine. Non si è vergognato di esibire, il magnate arrivato da lontano: e poi ha pensato anche ai dipen­denti del Billionaire, cento fra camerieri, pr, barman. Mille eu­ro di mancia ciascuno, più o me­no. Si chiacchierava, fra un tavo­lo e l’altro, ammirando le botti­glie dorate alla corte del pachi­stano, di che cosa sarebbe suc­cesso dalle parti di Cortina, o in Versilia. I finanzieri avrebbero subito chiesto al magnate di mo­strare il suo 730, poi avrebbero calcolato su due piedi la tassa­zione dovuta per le mance, con­trollato gli introiti della serata e, al netto, avrebbero fatto scappa­re il riccone a gambe levate. Per evadere non il fisco, per carità, ma almeno dalla routine. Per di­vertirsi un po’. Anche con la cri­si, anche se lo champagne pri­ma o poi finisce. Perché anche quando non c’è più niente da be­re, c’è sempre una paccata di sol­di da lasciare sul tavolo, senza pensieri.