Eleonora Barbieri, il Giornale 29/5/2012, 29 maggio 2012
Mancia da 100mila euro, la crisi presa a schiaffi - Lui non si è fatto sconti l’altra notte al Billionaire
Mancia da 100mila euro, la crisi presa a schiaffi - Lui non si è fatto sconti l’altra notte al Billionaire. Non in Costa Smeralda, ma a Montecarlo. Lui, un magnate pachistano (si scopre che esistono anche miliardari pachistani, non solo russi o sceicchi del Golfo, questi sono miti da provinciali, da gente che chiaramente non ha i soldi) ha bevuto a sfinirsi. Di champagne. Bottiglie su bottiglie. È facile immaginare la lista delle sue ordinazioni: Cristal, Dom Pérignon, Château Pétrus, Romanée- Conti. Il conto alla fine è stato di conseguenza, centocinquantamila euro. Il riccone pachistano però non ha fatto come certi turisti indignati, che si fanno grattugiare il tartufo nei ristoranti stellati e poi si lamentano del prezzo. Non ha neanche chiesto un po’ di arrotondamento: ha pagato e poi ha rincarato la dose. Centocinquantamila euro di spesa, altri centomila di mancia. Nessuno si è levato il cappello, ma solo perché al Billionaire faceva già troppo caldo. C’è una ricchezza che non arrossisce. Orgogliosa di sé perché spende e quindi alimenta i consumi e quindi crea lavoro. Ecco questo lusso una volta si fermava anche in Italia. Adesso no. Resta dove non si sente guardato con sospetto. Resta dove l’apprezzano. Montecarlo sta lì, fiera del suo sfarzo e accogliente per chi vuole mostrare il proprio. Del resto le serate ultimamente sono intense, tra la festa di inaugurazione con il principe Alberto e Charlène, il Gran Premio di Formula uno, la stagione estiva che riparte. Soprattutto, da quelle parti si rifugia chi vuole spendere e bere e divertirsi senza badare né al portafoglio, né alla guardia di finanza che potrebbe piombare nel locale fra una flûte e l’altra: quindi le serate sono piene, i tavoli stipati di italiani che corrono oltre Ventimiglia per gozzovigliare senza l’incubo del fisco spione, e senza il timore che qualcuno li imbecchi mentre scialacquano e ridono in tempi neri. Senza fare la figura degli antichi romani che banchettano sulle rovine dell’Impero. Per esempio anche l’altra sera, nel palazzo che il Billionaire condivide con il Cipriani erano molti i connazionali che hanno assistito allo spettacolo del pachistano generoso. Dicono che lui, il miliardario, si sia divertito parecchio: lo champagne non gli è neppure bastato. Ha dato fondo alle riserve del locale, e ne avrebbe bevuto ancora, avesse potuto. Ma perfino lo champagne era finito, l’altra sera: come se per una volta qualcuno fosse riuscito a sfondare il confine del lusso, che hai voglia di dire sempre che sia senza freni. Questa volta invece si è dovuto fermare, per mancanza di liquidi (e non nel senso di soldi, è chiaro): ma forse è stata perfino una goduria in più, una cascata di denaro che scorreva a fiumi come il vino della cantina, quasi si sentiva tintinnare la cassa in sottofondo, al posto dei neon brillavano i dollari, come gli occhi di zio Paperone quando si rigirano a slot machine. Non si è vergognato di esibire, il magnate arrivato da lontano: e poi ha pensato anche ai dipendenti del Billionaire, cento fra camerieri, pr, barman. Mille euro di mancia ciascuno, più o meno. Si chiacchierava, fra un tavolo e l’altro, ammirando le bottiglie dorate alla corte del pachistano, di che cosa sarebbe successo dalle parti di Cortina, o in Versilia. I finanzieri avrebbero subito chiesto al magnate di mostrare il suo 730, poi avrebbero calcolato su due piedi la tassazione dovuta per le mance, controllato gli introiti della serata e, al netto, avrebbero fatto scappare il riccone a gambe levate. Per evadere non il fisco, per carità, ma almeno dalla routine. Per divertirsi un po’. Anche con la crisi, anche se lo champagne prima o poi finisce. Perché anche quando non c’è più niente da bere, c’è sempre una paccata di soldi da lasciare sul tavolo, senza pensieri.