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 2012  maggio 29 Martedì calendario

Sculli e l’amico della cosca “Va bene, ti danno i soldi?” - Io posso essere amico pure di Bin Laden, ma non vuol dire che faccio le cose di uno o le cose dell’altro»

Sculli e l’amico della cosca “Va bene, ti danno i soldi?” - Io posso essere amico pure di Bin Laden, ma non vuol dire che faccio le cose di uno o le cose dell’altro». Veramente, dalle carte, lei risulta amico di un trafficante di sostanze stupefacenti e di due capi ultrà, uno di estrema destra, già indagato per tentato omicidio e truffa sportiva, l’al- La puntata su Lazio-Genoa tro con precedenti per droga e violenza allo stadio. «Ripeto: posso essere amico di chi mi pare, questo non significa niente». Ne è proprio sicuro? Giuseppe Sculli risponde al telefono alle tre di pomeriggio, nel giorno in cui poteva essere in carcere anche lui. «Lo so che Giuseppe Sculli Io posso pure essere amico di Bin Laden e di chi mi pare ma questo non significa niente il pm aveva chiesto il mio arresto e il gip non l’ha concesso. Ma sono tranquillo, vedremo». E lo sa che nell’ordinanza di custodia cautelare viene citato anche suo nonno, il boss della ‘ndrangheta Giuseppe Morabito, detto Peppe Tiradritto? «No, questo veramente non lo sapevo, ma non devo fare commenti. Saluti». La storia di Beppe Sculli da Locri, già attaccante di Crotone, Brescia, Lazio e Genoa, emerge dal mare delle carte. «Una posizione che merita ulteriori approfondimenti», dice un investigatore. Per rendere l’idea. Il 10 maggio 2011 c’è una riunione in un ristorante di Genova, in orario di chiusura, documentata con fotografie e appostamenti. Quella riunione incrocia tre diverse indagini. Per il gip di Cremona dimostra il tentativo di mettere insieme denaro contante da investire sulla partita truccata Lazio-Genoa del 14 maggio. «Sculli aveva incaricato il pregiudicato bosniaco Altic di rastrellare un’ingente somma di denaro...». La procura di Alessandria, invece, ci arriva seguendo un giro di furti, auto rubate e riciclaggio. Mentre la procura di Genova la ritiene interessante per spiegare meglio i rapporti fra tifo organizzato e squadra del Genoa, dopo i fatti del 22 aprile 2012, quando gli ultrà obbligarono i giocatori a spogliarsi in campo e consegnare le maglie «per disonore». Sculli compare sempre. È lui che al telefono con il pregiudicato Altic, che chiama «fratello», parla di «orologi» da consegnare, di alberghi da prenotare, di «porte» da comprare per 50 mila euro. E poi, finalmente, il suo interlocutore esclama: «Domani mattina li vedo». Sculli: «Ah, va bene, ti danno i soldi?». E Altic: «Sì, ti chiamo dopo mezzogiorno». Per gli investigatori, Sculli si agita prima della partita e ricompare dopo: «Era presente a Milano in occasione del summit conseguente a Lazio-Genoa, al quale partecipavano Ilievsky, Zamperini, Milanetto e Dainelli del Genoa». Nonno boss della ’ndrangheta Una storia inguardabile. Nel giro vorticoso di telefonate ritenute pertinenti, rimbalzano i giocatori Kaladze e Milanetto, il pregiudicato Salvatore Occhioni e tal Guido Morso, così definito nelle carte: «Ultrà del Genoa, appartenente alla famiglia Morso, collegato alla cosca Emanuello di Gela». Quel giorno al ristorante, oltre a Sculli, c’è il compagno di squadra Domenico Criscito detto Mimmo. Ed è per questo motivo che ieri mattina, dopo la perquisizione a Coverciano, ha lasciato il ritiro della Nazionale. Rapporti con ultrà pregiudicati Cattive compagnie. Perché sempre lì è presente anche Altic, poi finito in carcere per traffico internazionale di stupefacenti. Sempre lì ci sono due ultrà del Genoa. Uno si chiama Fabrizio Fileni e un giorno, durante un’intervista, ci ha detto: «Ho avuto precedenti per droga. Ho fatto degli errori di gioventù. Sono stato coinvolto nelle indagini per la morte del tifoso del Milan Vincenzo Spagnolo. Ma per me il Genoa resta l’amore più grande. Ho perso persino un occhio per colpa dell’asta di una bandiera». Fileni era protagonista in curva il giorno in cui il Genoa fu costretto a rimanere in mutande. Il suo è un nome che ritorna. Come quello dell’altro ultrà presente sulla scena del ristorante. Si chiama Massimo Leopizzi, già noto per l’accusa di aver cercato di uccidere la moglie e per aver partecipato alla combine della partita GenoaVenezia del 2005, costata la retrocessione ai rossoblù. Nulla cambia davvero. Nulla imbarazza. «Sculli è uno di noi», ci ha confidato Fileni, sicuro di fargli un gran complimento. Proprio questa, per certi versi, è la cosa più impressionante: la sensazione di già visto. Il gip Guido Salvini scrive: «Giova rappresentare che Giuseppe Sculli non è nuovo a fatti del genere. Risulta già implicato in vicende relative all’alterazione di eventi sportivi (otto mesi di squalifica)». Siamo nel 2002. Gli investigatori della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria stanno dando la caccia al nonno di Sculli, boss latitante, secondo alcuni pentiti addirittura in contatto con Totò Riina. E mentre indagano, incappano in alcune telefonate del nipote. Sculli, giocatore del Crotone, sta combinando una partita con alcuni dirigenti del Messina. Tutto si incrocia e ritorna, in questa perfetta storia italiana. Sculli «fratello» di Altic, fiancheggiatore della cosca siciliana dei Fiandaca, specializzata in usura e riscossione crediti. Sculli che telefona a Zamperini, intercettato a sua volta mentre telefona a Angelo Senese, «elemento di spicco del clan camorristico dei Moccia». Ma gli amici, contano o no? NICCOLÒ ZANCAN *** “Ai corrotti seicentomila euro ma Lecce-Lazio fruttò 2 milioni” - Una vera e propria piramide dove ognuno era funzionale all’altro e dove, alla fine, il guadagno era assicurato. Così, leggendo le quasi 500 pagine dell’ordinanza del gip Guido Salvini, il quadro che ne esce è ricco di numeri ed intrecci. I primi li dà il pm di Cremona Roberto Di Martino («Truccare Lecce-Lazio fruttò all’organizzazione due milioni di euro, 600 Mauri e lo zingaro mila sarebbero stati, invece, i soldi previsti per corrompere i giocatori...»), i secondi ruotano attorno ad una vera e propria spy story con al centro i due calciatori di A finiti in carcere, Stefano Mauri e Omar Milanetto. La combine, secondo l’accusa, di Lazio-Genoa 4-2 del 14 maggio 2011, viene raccontata dal grande pentito dello scandalo scommesse Carlo Gervasoni e strattona al centro dell’inchiesta alcuni dei personaggi diventati simboli dello scandalo. Il cuore dell’ordinanza ruota attorno a questa partita in un crescendo di contatti, soprattutto riservati. «...ricordo - fa mettere a verbale Gervasoni - che Ilievsky (uno dei capi degli zingari, ndr) mi mostrò una foto sul proprio cellulare che lo ritraeva abbracciato a Mauri... ricordo che le scommesse dei giocatori della Lazio erano state effettuate presso un amico di Zamperini che aveva un’agenzia di scommesse a Roma...». Ricordi di Gervasoni che mettono in moto la macchina investigativa. Mauri, per l’accusa, «ha la palese intenzione di eludere eventuali investigazioni sul suo conto diversificando le utenze a lui in uso». Come? Il capitano della Lazio manda e riceve sms o telefona con due schede personali e in chiaro, ma spesso, scrivono gli inquirenti, inserisce nel proprio apparecchio una scheda in dotazione a Samanta Romano, fidanzata di Luca Aureli, titolare dell’agenzia di scommesse. Verdet- a to? L’utenza intestata alla ragazza di Roma e le due di proprietà di Mauri camminano insieme, al centro sportivo di Formello o a Cervia, luogo dove il centrocampista biancoceleste e l’amico Zamperini trascorrono insieme il tempo libero. Questione di contatti, dunque. Sempre più frequenti fra gli indagati come «fino alla tarda sera del giorno prima di LazioGenoa». Zamperini incontra Ilievsky in via del Cenacolo perché «dalle 12,10 alle 15,20 del 14 maggio non si chiameranno più», fatto inusuale vista le miriade di messaggi che legano i due. Poi, da Roma nord, il movimento delle utenze di Zamperini ed Ilievsky si sposta ai Parioli, ovvero dal quartier generale della Lazio a Formello all’albergo Duke che ospita i liguri, quindi «è lecito ipotizzare che Ilievsky, accompagnato da Zamperini, si sia incontrato prima con Mauri e poi con Milanetto...». L’accusa non ha dubbi: la combine per Lazio-Genoa ha avuto la regia direttamente sul campo dello zingaro Ilievsky e si è sviluppata attraverso i continui contatti prima con Mauri, poi con Milanetto ed infine con Aureli nell’agenzia scommesse di quest’ultimo. Ma la combine di Lazio-Genoa ha, secondo l’accu- Il brindisi dopo la «torta» sa, anche un gran finale. «Il giorno dopo la partita, si registra un summit di eccezionale valenza investigativa a Milano, al quale parteciperanno Ilievsky, gli emissari ungheresi Lazar e Strasser, Zamperini, Bellavista e il calciatore Milanetto...». Tradotto: il brindisi dopo la torta. GUGLIELMO BUCCHERI