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 2012  maggio 29 Martedì calendario

Taranto hub cinese in Europa – Dopo essere rimasto incagliato per anni il porto di Taranto, possibile asse in un futuro prossimo dei commerci tra Europa e Asia, sta per ripartire

Taranto hub cinese in Europa – Dopo essere rimasto incagliato per anni il porto di Taranto, possibile asse in un futuro prossimo dei commerci tra Europa e Asia, sta per ripartire. Il Governo e in particolare i ministri dell’Ambiente e della Coesione territoriale Corrado Clini e Fabrizio Barca hanno risolto i problemi burocratici che impedivano di andare avanti sui lavori infrastrutturali. Le annose questioni con Hutchison Whampoa, il gigante dei trasporti di Hong Kong, sono state appianate e Taranto potrebbe diventare nell’arco di qualche anno nell’Europa del Sud quello che Rotterdam è nell’Europa del Nord: il grande snodo dei commerci europei. Ai primi di giugno si firmerà alla Presidenza del Consiglio un accordo fra tutte le parti, compresi i trasportatori cinesi e il Comune di Taranto, per l’inizio dei lavori infrastrutturali necessari a soddisfare le esigenze di ampliamento del porto. Entro 24 mesi, secondo il presidente del porto Sergio Prete, dovrebbero essere completati lavori come il dragaggio dei fondali e una diga foranea che permetterebbero l’attracco delle nuove navi porta-container con maggiore pescaggio. Nello stesso periodo, o spostato di qualche mese più avanti, potrebbero finire invece i lavori per costruire una nuova banchina attraverso cui Taranto sarebbe in grado di ricevere e movimentare anche oltre quattro milioni di container all’anno. Da subito la Hutchison si impegna a non spostare più il traffico sul Pireo come aveva fatto negli ultimi tempi, e a portare a Taranto almeno un milione di container all’anno. Potrebbe essere la rinascita della città, soffocata oggi sotto una nube di polemiche per la diossina degli impianti industriali esistenti, e una grande iniezione di fiducia per tutto il Paese. Su questo punto di leva si può iniziare a risollevare l’economia dell’Italia, dando anche un enorme contributo alla soluzione della questione meridionale, e cambiando la scena dell’Europa, perché il fulcro degli scambi con la dinamicissima Asia può ritornare, come fu per secoli, la Penisola. La Hutchison, oggi proprietaria della metà della concessione del porto di Taranto, mentre l’altra metà è di Evergreen, una consorella di Taiwan, è infatti il maggiore trasportatore di container del mondo, e il progetto potrebbe trasformare Taranto nel punto di riferimento commerciale dell’Asia nel Mediterraneo. Se la grande "dinamo" cinese, attraverso le due società, volesse fare di Taranto e dell’Italia il ponte per i trasporti con l’Europa, Taranto e il meridione potrebbero trasformarsi radicalmente, e l’intero Paese potrebbe trovare nel Sud il suo nuovo punto di crescita. Taranto ha spazio per altre banchine, ha alle spalle una pianura che potrebbe essere cambiata in una base per l’industria di trasformazione del porto stesso. I container potrebbero essere aperti, smistati e reimpacchettati in strutture alle spalle del porto. Un’intera nuova economia potrebbe crescere intorno a Taranto e quindi far decollare una città oggi di 200mila abitanti in un qualcosa con 800mila persone. Gli scambi commerciali e industriali tra Europa e Asia sono destinati a crescere a ritmo vorticoso nei prossimi decenni ed il problema è solo da dove passerà questo fiume di merci. Camminerà attraverso l’Italia, dove Hutchison ed Evergreen hanno già investito milioni con Taranto, o passerà attraverso la Grecia, la Spagna o il Nord Africa, tutte destinazioni che offrono condizioni migliori di quelle nostre? Difficile che i cinesi che avessero speso e fallito a Taranto possano poi tentare nuovi esperimenti in altre località italiane. Un passaggio direttamente su questa città taglierebbe tempi e costi di trasporti rispetto sia ai porti del Nord Europa che ad altri del Mediterraneo, vista la sua posizione geografica. Quindi porterebbe vantaggio a tutti, facendo guadagnare anche i tedeschi, che potrebbero quindi essere cointeressati allo sviluppo di questo porto. Servono però altri lavori. La ferrovia deve essere allungata di pochi chilometri fino ad entrare nel porto; la linea fino a Bari, una sessantina di chilometri, deve essere raddoppiata; l’autostrada, che oggi si ferma alle soglie della città, deve arrivare fino alle banchine. Non sono opere gigantesche né, diversamente da altre, sono controverse, ma si sono perse per decenni in paludi burocratiche. Investitori privati potrebbero essere disponibili a essere coinvolti almeno in parte in tali opere, purché vi sia la certezza della concessione e che lo stato effettivamente farà quello che si è impegnato a fare. Qui una alea enorme per gli stranieri è la continuità della politica di governo italiana, presa nella morsa dell’instabilità attuale dell’euro e dell’incertezza quasi completa sui risultati delle prossime elezioni nel 2013. Nonostante i mille dubbi sul futuro, Taranto potrebbe essere un punto di svolta vero per il governo e per l’Italia oggi. Questo progetto offre una grande prospettiva di sviluppo per l’Italia e l’Europa al di là delle mille pur necessarie ricette di austerità fiscale e di spesa. Francesco Sisci