Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  maggio 25 Venerdì calendario

IL PATTO SU PROVENZANO


Quali misteri avvolgono la lunga latitanza di Bernardo Provenzano? Il padrino corleonese fu arrestato a Montagna dei cavalli, vicino a Corleone. Le immagini della sua cattura fecero il giro del mondo, ma qualcuno sospetta che Provenzano avrebbe potuto concordare la sua resa tramite un informatore della Guardia di finanza. L’uomo si presentò alla Procura nazionale antimafia come messaggero del boss. Segreto assoluto, un carcere nel Nord Italia e trenta giorni di tempo per fare dichiarazioni: queste le condizioni dettate da Provenzano. Oltre a una garanzia di 2 milioni di euro. “L’accordo c’era. Poi però l’operazione saltò”. Per Pier Luigi Vigna era affidabile, per il suo successore Pietro Grasso un truffatore.

QUALCHE settimana fa era uscita la notizia di una serie di incontri presso la direzione nazionale antimafia avvenuti tra il 2003 e il 2005. Era stato il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso a parlarne pubblicamente, per la prima volta, lo scorso dicembre al Csm dove veniva sentito nel procedimento contro il suo vice, il sostituto procuratore Alberto Cisterna accusato, dalla Procura di Reggio Calabria, di corruzione in atti giudiziari. “Quando presi il posto di Pier Luigi Vigna alla Procura nazionale antimafia mi fu prospettata dai colleghi la situazione di un informatore, qualcuno che voleva rendere dichiarazioni e collaborare per la cattura di Provenzano”. La prima visita in Procura nazionale del messaggero è del 10 dicembre 2003, poi ci torna il 15 luglio 2004. La trattativa va avanti fino a quando alla Dna arriva Pietro Grasso, che incontra l’intermediario di Provenzano nel 2005. L’ex procuratore di Palermo a quel tempo è tra i pochi a sapere che Provenzano è stato operato a Marsiglia, ed è in possesso del dna del boss. Per questo chiede al messaggero una prova biologica: un fazzoletto, un bicchiere. Che non arriverà mai.

Leggo il verbale di Grasso (il magistrato commette un errore affermando che Provenza-no fu catturato nel marzo 2006. Ufficialmente fu preso il giorno dopo le elezioni politiche, l’11 aprile 2006), intervisto l’ex procuratore Vigna e l’attuale procuratore generale di Ancona, Enzo Macrì, parlo con Alberto Cisterna. Ho tutta la storia raccontata dai vari protagonisti. Mi manca solo l’attore principale. Non mi resta che andarlo a cercare. Quando busso al citofono della palazzina dove vive l’intermediario di Bernardo Provenzano penso di non trovar nessuno o di dovermela cavare con la solita intervista “al citofono”. La fortuna vuole che “il messaggero” stesse aspettando il postino e scende ad aprirmi il portone. All’intermediario garantisco di non rivelare il nome. All’inizio è titubante. Poi poco alla volta si scioglie: “Io ho avuto degli incontri con l’allora procuratore Vigna e con i sostituti Cisterna e Macrì. Dal 1986 ho fatto l’infiltrato per la Guardia di finanza”.

Ma chi è l’uomo che ho davanti? “Sono esperto di flussi finanziari sull’anti-riciclaggio. Sono stato quattro anni in Iraq, durante la guerra. Mi ha assoldato la Cia”.

Ci sono particolari che divergono tra i testimoni. Secondo Cisterna, Vigna e Macrì la trattativa fallisce perché Provenzano, dopo l’intervento chirurgico per il tumore alla prostata dell’ottobre del 2003 a Marsiglia, non solo voleva consegnarsi ma aveva chiesto un mese di tempo, prima dell’annuncio ufficiale della “cattura”, per poter fare dichiarazioni ai magistrati. Per cautelarsi, secondo i magistrati, voleva 2 milioni di euro come prova che lo Stato aveva pagato e che lui era stato venduto.

UNA PARTE di questi soldi sarebbero andati a una terza persona. Ma “il messaggero” era vincolato al segreto sull’identità del terzo uomo. Per questo Vigna decise di fermarsi. Ma chi era il terzo uomo? “Non esiste”, secondo il messaggero. “Esiste una piramide, un’istituzione... Ci faccia caso: loro hanno catturato Provenzano prima del voto, ma hanno detto in televisione che era stato catturato dopo il voto, perché è una questione squisitamente politica, tutto il resto è noia”. Ma chi sono “loro”, i servizi? “Guardi, io ero già nel Sismi da quattro anni, tramite la Guardia di finanza”. Ma insomma, Provenzano l’hanno catturato o si è consegnato? “Provenzano doveva essere preso prima, c’era un accordo che è saltato”.

Non era un problema di soldi: quelli li avrebbe trovati il Sismi di Niccolò Pollari. “Erano più di 2 milioni di euro” secondo il messaggero. L’accordo poteva essere raggiunto già nel 2004, ma successe qualcosa di imprevisto. “I soldi destinati all’operazione sono stati deviati da un’altra parte, perché c’era la necessità di salvare quattro vite umane”. Il messaggero parla dei quattro contractors italiani rapiti in Iraq. “La verità è che mi hanno chiesto troppe cose, tutte insieme. Ma io alla pelle ci tengo”. Poi, a un certo punto, il messaggero riceve la telefonata di un finanziere: “Guarda che l’hanno catturato. E io gli rispondo: l’avete venduto”.