Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  maggio 26 Sabato calendario

La stima di Ubs: Atene può costarci fino a 240 miliardi– Ci sono numeri molto precisi dietro gli annunci dei leader europei di voler tenere la Grecia dentro la zona euro

La stima di Ubs: Atene può costarci fino a 240 miliardi– Ci sono numeri molto precisi dietro gli annunci dei leader europei di voler tenere la Grecia dentro la zona euro. Non è una questione di puntiglio politico. La banca svizzera Ubs, come gli altri grandi istituti, ha fatto alcune simulazioni per calcolare i costi potenziali di un’uscita di Atene dalla moneta unica preceduta o seguita da un default. Sono cifre difficili perfino da concepire, che comprensibilmente mantengono i mercati in uno stato di forte nervosismo. IMMAGINIAMO la situazione: dopo il voto bis del 17 giugno ad Atene si insedia un governo che decide di stracciare il memorandum con Unione europea, Bce e Fmi, per non infliggere ulteriori sacrifici ai cittadini greci. A quel punto si interrompe il flusso di prestiti d’emergenza internazionali e la Grecia deve dichiarare default, perché non può rimborsare le obbligazioni in scadenza. Ubs ipotizza due tipi di bancarotta: in un caso Atene ripudia (cioè cancella unilateralmente) un terzo del suo debito verso l’estero e l’eurozona perde 60,63 miliardi, pari a mezzo punto di Pil dell’area euro. Secondo caso: la percentuale di debito cancellato sale al 50 per cento, il conto schizza così a 90,95 miliardi di euro, lo 0,7 per cento del Pil. Liberarsi di una parte del fardello del debito rimanendo nella moneta unica, però, non farebbe ripartire l’economia e la Grecia si troverebbe a corto di liquidità e senza entrate, con una recessione mortale. Potrebbe quindi uscire dall’euro, tornare alla dracma, svalutarla del 50 per cento e rendere all’improvviso il Paese allettante per i turisti e i (pochi) prodotti da esportazione più competitivi. Anche il debito verso l’estero, oggi in euro, verrebbe tradotto in dracme svalutate. La combinazione tra cambio di valuta e default parziale, secondo i conti di Ubs, farebbe arrivare il conto presentato dalla Grecia all’eurozona a livelli inquietanti: 225,27 miliardi di euro in caso di un default su un terzo del debito, 240,43 se il taglio arriva al 50 per cento. Si tratta di quasi due punti del Pil di eurolandia, uno choc senza precedenti, le cui conseguenze sociali sono difficili da immaginare. Ci sarebbe un problema alla Bce: finché la Grecia è nell’eurosistema (la rete delle Banche centrali nell’euro), i crediti della Bce verso la Banca centrale greca sono soltanto una partita di giro. Ma se Atene se ne va, diventano crediti inesigibili, la Bce si troverebbe con un buco di 104 miliardi di euro. A quel punto i Paesi membri dell’euro potrebbero dover ricapitalizzare la Bce, tassando i propri cittadini o tagliando le spese, per questo c’è tanta differenza di costo tra lo scenario in cui la Grecia esce dall’euro e quello in cui si limita a dichiarare bancarotta restando dentro la moneta unica. POI C’È IL PANICO: se l’Europa abbandona uno dei suoi membri, allora potrebbe lasciarne andare altri. Se poi i greci vedessero evaporare i propri risparmi, più che dimezzati dal passaggio alla dracma, a quel punto anche i risparmiatori italiani, spagnoli, portoghesi e irlandesi potrebbero ritenere consigliabile di tenere i risparmi, in euro, sotto il materasso. Scatterebbe la corsa agli sportelli, il temuto “bank run”: in Italia ci sono 2.270 miliardi di euro di risparmi. Una massa che è meglio resti immobile. In Grecia, calcola la banca Merrill Lynch, i depositi nei conti delle banche si sono ridotti del 30 per cento rispetto al picco, nel 2009, prima che scoppiasse il disastro. Anche Citi, un’altra banca, che pure pensa che l’uscita della sola Grecia sia “gestibile”, è preoccupata per la fuga di capitali che ne seguirebbe: la Bce dovrebbe varare un programma di liquidità di 800 miliardi di euro soltanto per dare le garanzie necessarie a evitare la fuga di capitali dai Paesi periferici, Spagna inclusa (la prevedibile diffidenza dei tedeschi potrebbe ritardare in modo fatale l’operazione). Bisogna aggiungere al conto poi gli sconquassi sul mercato azionario: le Borse sprofonderebbero, il valore teorico della ricchezza di milioni di risparmiatori crollerebbe. E questo è soltanto il costo dell’uscita della Grecia. Le banche ancora non osano simulare il crac completo della moneta unica. Twitter @stefanofeltri