Giovanni Bianconi, Corriere della Sera 29/05/2012, 29 maggio 2012
IL CAPITANO E GLI SMS —
Era una domenica di maggio dello scorso anno quando il quarantenne Zoltan Kenesei, uno dei capi del gruppo ungherese che aveva affiancato gli «zingari», disse soddisfatto ai suoi gregari: «Siamo arrivati sulla cima». La scalata del calcioscommesse era giunta al campionato italiano di massima serie. «Gli ho chiesto che cosa intendesse, e lui ha detto che l’organizzazione sotto la guida del Boss, aveva manipolato una partita italiana di serie A», ha raccontato uno dei presenti a quella riunione in casa di Kenesei, Gabor Horvath, arrestato dalla magistratura magiara e ora «pentito» prodigo di ammissioni. Il Boss sarebbe il singaporiano Tan Seet Eng, la mente dell’organizzazione transnazionale che fa girare e guadagna decine di milioni attraverso le puntate sulle gare truccate.
Quella partita era Lecce-Lazio, giocata in notturna il 22 maggio 2011, ultima giornata di campionato. Vinse la Lazio 4 a 2. Due ungheresi — ha raccontato Horvath — erano andati in Italia per portare 600.000 euro utili a «corrompere i giocatori del Lecce». Secondo quello che riferirono al pentito, «il Boss ha scommesso 2 milioni di euro su quella partita nelle agenzie di scommesse asiatiche chiamate Sbobet e Crownet. La scommessa era che durante la partita avrebbero fatto più di 4 gol. Dopo il primo tempo, se mi ricordo bene, il risultato era 2-2, poi dopo l’intervallo sono capitati subito un rigore e un’espulsione nella squadra del Lecce. Il rigore è stato segnato, così la Lazio vinceva 3-2 e il risultato della scommessa era già fatto». Quanto al coinvolgimento delle persone che avrebbero contribuito alla manipolazione del risultato, Horvath ha riportato la versione di due complici: «So che i giocatori di entrambe le squadre sapevano della manipolazione; Lázár Mátyás ha nominato anche capi di club ma purtroppo non mi ricordo più». I «capi di club» sarebbero i presidenti delle società, ma è un sospetto in attesa di riscontri.
«Triangolazioni frenetiche»
Sull’alterazione di Lecce-Lazio, invece, gli inquirenti ritengono di aver svolto tutte le verifiche possibili. A fare da intermediario sarebbe stato l’ex calciatore Alessandro Zamperini, che contattò il capitano della Lazio Mauri e altri giocatori del Lecce: così aveva denunciato un altro giocatore coinvolto nello scandalo e adesso collaboratore degli inquirenti, Carlo Gervasoni. A conferma di quelle dichiarazioni, gli investigatori della polizia — il Servizio centrale operativo e le Squadre mobili di diverse città — hanno messo insieme diversi elementi. Per esempio i soggiorni nello stesso albergo di Lecce, nel periodo della partita, del macedone Hristyan Ilievski, uno dei principali esponenti dell’organizzazione, e dei due ungheresi indicati dal «pentito» Horvath come emissari in Italia.
In quegli stessi giorni ci sono i contatti telefonici — messaggi o conversazioni — di Zamperini con lo stesso Ilievski, Gervasoni, Mauri, e Ferrario (giocatore del Lecce). «Con l’approssimarsi dell’evento calcistico — commenta il giudice — Zamperini è sempre più freneticamente impegnato nella "triangolazione" telefonica con le persone evidentemente coinvolte nella pianificazione del risultato finale della partita».
Prima e dopo aver parlato con Zamperini, Ilievski contatta molte persone, tra cui il boss Tan Seet Eng e l’ungherese Kenesei, a dimostrazione dell’interesse dei vertici dell’organizzazione per l’incontro da truccare. A partita finita, dopo la mezzanotte e fino all’1.14, Zamperini parla con Ilievski, e per due volte con Ferrario e con Mauri, «a palese conferma dell’avvenuta alterazione della partita», sottolinea il giudice.
La «scheda riservata» di Mauri
Quel che è avvenuto per Lecce-Lazio, nella ricostruzione dell’accusa, era già stato sperimentato una settimana prima per Lazio-Genoa, giocata sabato 14 maggio e finita 4 a 2 per i padroni di casa; primo tempo 1 a 1. Anche in questo caso si parte dalle accuse di Gervasoni, che sostiene di aver saputo dei coinvolgimenti di Ilievski, Zamperini, Mauri e l’allora giocatore del Genoa Milanetto. Dai tabulati dei telefonini di Ilievski e Zamperini, è stato appurato che il giorno della partita i due sono effettivamente andati a Formello, dove ci sono i campi di allenamento della Lazio e dove la squadra biancoceleste era in ritiro. Per incontrare Mauri. Il quale, al giudice sportivo, ha spiegato di aver visto Zamperini, suo amico di vecchia data, «solo per consegnargli dei biglietti». Una bugia, ritiene il giudice, alla luce dei contatti tra Mauri e lo stesso Zamperini via cellulare. Non solo il suo, ma anche un altro: «Una scheda riservata e coperta con la finalità di eludere ogni tipo di investigazione per conseguire gli scopi illeciti che costituiscono il disegno comune del gruppo balcanico».
Solo il giorno della partita, Mauri scambia diversi sms con Zamperini e con Luca Aureli, titolare di un’agenzia di scommesse romana, coinvolto nell’indagine in qualità di «collettore di giocate nonché qualificato consulente sui circuiti su cui meglio incanalare le scommesse». Con Zamperini, attraverso la «scheda coperta» («non casualmente» intestata alla fidanzata di Aureli, annota il giudice), Mauri invia e riceve 15 messaggi tra le 12.45 e le 13.24, e altri 28 tra le 14.44 e le 15.19. Due giorni dopo l’incontro, Zamperini va a Milano, dove presumibilmente s’incontra con Milanetto e altre persone coinvolte nella combine, proveniente da Cervia dove il giorno prima si trovava anche Mauri. Tutto ciò si ricava dalla posizione dei telefonini degli interessati, e secondo gli inquirenti è il riscontro alle «confessioni» di Gervasoni che aveva detto: «Su Lazio-Genoa, Gegic (uno degli "zingari" inseriti nell’organizzazione, ndr) mi disse che un giorno o due dopo la partita Zamperini si recò a Milano dove si incontrò con Ilievski che gli consegnò dell’altro denaro, forse in relazione all’intermediazione con Mauri o forse in relazione a qualche ulteriore scommessa legata a quella partita».
Contatti col «camorrista»
Mentre incontrava, parlava o comunicava tramite messaggi con Ilievski, i calciatori e gli scommettitori coinvolti nel presunto imbroglio, l’11 maggio 2011 — cioè tre giorni prima di Lazio-Genoa — Zamperini ha chiamato e s’è visto con un certo Angelo Senese, cinquant’anni, «pluripregiudicato ed elemento di spicco del clan camorrista dei Moccia», secondo la descrizione del giudice. Sempre con Senese, tra un sms e l’altro scambiato con Ilievski, Zamperini parlò al telefono il 21 maggio, alla vigilia di Lecce-Lazio.
Alla base di questo giro di sospetta manipolazione delle partite, secondo inquirenti e investigatori c’è pure la circostanza che «spesso i calciatori, corruttori o corrotti, hanno militato nelle stesse squadre. Non è un caso che Sculli appartenesse alla Lazio, ma avesse prima militato nel Genoa, squadra alla quale oggi appartiene; né che Sculli, Milanetto, Mauri e Zamperini nella stagione 2002-2003 abbiano militato nel Modena. E non sembra un caso che Zamperini, Corvia e Paoloni abbiano militato nelle formazioni giovanili della Roma».
Giovanni Bianconi