Daniele Autieri, Affari e finanza 28/5/2012, 28 maggio 2012
Paradiso dei cinquantenni in Italia i manager più anziani d’Europa– Avere i manager più vecchi d’Europa e la percentuale più bassa di quelli con meno di 40 anni di età (il 21,5%) basterebbe già per disegnare il quadro di un sistema produttivo gerontocratico
Paradiso dei cinquantenni in Italia i manager più anziani d’Europa– Avere i manager più vecchi d’Europa e la percentuale più bassa di quelli con meno di 40 anni di età (il 21,5%) basterebbe già per disegnare il quadro di un sistema produttivo gerontocratico. Con un’età media di 47,9 anni l’Italia è il Paese nell’Europa dei 15 con i manager più vecchi. Seguono la Danimarca (47,1), la Svezia (46,6) e la Finlandia (46,3). La media della Germania è 45,5, della Francia 44,6 mentre esistono alcuni casi come l’Irlanda dove si scende a 42,4 anni, mentre il 56,3% dei manager non arriva a 40. Ma i numeri non fotografano sempre la realtà, o per lo meno alle volte ne danno un’interpretazione parziale. Negli ultimi anni il mondo del management è stato attraversato da profondi cambiamenti, complice la crisi economica che ha riscritto i capitoli di spesa aziendali. Come risultato, dal 2008 ad oggi, sono stati espulsi dalle aziende italiane almeno 10mila manager senior per fare posto ai più giovani. Quelli che sono rimasti hanno accettato di vedere ridimensionato il loro stipendio e hanno assistito all’ingresso sul mercato di manager junior, agguerriti e meno costosi. A conferma della mobilità che colpisce il settore, ogni anno il 20% dei dirigenti cambia o perde il suo incarico e ogni dieci anni il 50% di questi si rinnova totalmente. Questo rappresenta un indubbio ricambio a prova di invecchiamento, anche se poi per chi esce, soprattutto a un’età avanzata, le difficoltà di reinserimento nel mondo lavorativo sono elevate. «Dal 2004 – commenta Massimo Fiaschi, segretario generale di Manageritalia – abbiamo inserito nel contratto collettivo di lavoro la figura del dirigente di prima nomina che prevede la nomina entro i 40 anni e per i primi tre anni un minor costo/contribuzione a carico dell’azienda pari a 10mila euro. Oggi questa nuova forma contrattuale ha contribuito alla nomina di 6mila nuovi dirigenti, facendo scendere l’età media dei manager». «Sebbene l’Italia non sfiguri troppo in rapporto alla media europea – continua – è necessario un ringiovanimento dei ranghi, aumentando soprattutto il numero di chi affianca l’imprenditore nel governo delle aziende. Oggi abbiamo solo 130mila dirigenti su 32mila aziende, e questo numero ridotto è un problema ben più grave dell’età avanzata». A questo si unisce il tema della carriera che, in molti casi, rimane legata all’anzianità lavorativa piuttosto che al merito. Secondo un’indagine Manageritalia il 55,5% dei dirigenti italiani ha ottenuto un passaggio di inquadramento professionale mantenendo l’incarico sempre nella stessa area funzionale, a conferma che la mobilità è un fattore ancora distante dalla filosofia di molte aziende. «Anche in Italia però – spiega Carlo Caporale, senior partner della società di recruitment Robert Half – questo fenomeno sta lentamente cambiando e in certe realtà l’età avanzata comincia a diventare un elemento penalizzate. Questo per due ragioni. La prima perché ad un manager senior corrisponde anche uno stipendio più elevato e in una fase di crisi le aziende stanno molto attente ai costi quindi preferiscono sostituire un manager pesante con uno più giovane da far crescere che costa meno alla struttura. La seconda ragione riguarda le multinazionali, che hanno accentrato le funzioni più importanti negli headquarter all’estero, con il risultato che nel nostro Paese, ad esempio, non è più necessario avere un cfo, che può essere sostituito con un giovane finance manager. In definitiva il cambiamento è in atto, ma non è guidato da un sincero ringiovanimento della classe dirigente, ma da fattori esogeni che impongono alle aziende di ripensare i loro modelli organizzativi». Di certo, la mobilità dei manager dentro e fuori le aziende rimane fortemente legata alla loro età. Secondo un’analisi della società di consulenza Praxi tra il middle management il 9% dei dirigenti che chiedono un cambiamento professionale ha meno di 34 anni, il 57% tra i 35 e i 44 anni, il 30% tra i 45 e i 54, e solo il 4% sopra i 55 anni. «Questi dati – spiega Fabio Ciarapica, senior partner di Praxi – dimostrano che sono proprio i professionisti di età media (tra i 35 e i 44 anni) quelli che scalpitano di più per cambiare azienda e che le aziende sono tornate a guardare con interesse alle figure con una lunga esperienza alle spalle. L’ideale è avere un management misto, con la presenza di giovani dirigenti, ma anche di esperti 50enni ai quali vengono affidate le funzioni più complesse come quelle che implicano i rapporti con il personale».«Ovviamente – continua Ciarapica – ci sono alcune aziende come quelle di consulenza, le multinazionali o i grandi gruppi che vendono prodotti al mass market che privilegiano le carriere rapide e danno più spazio ai giovani, mentre altre, più tipicamente italiane, a guida familiare, preferiscono affidare il controllo ai manager più anziani».