Paola Jadeluca, Affari e finanza 28/5/2012, 28 maggio 2012
Crisi, com’era verde quella valle fuga dalle coltivazioni, è allarme– Roma A Maccarese, in provincia di Roma, a ridosso dell’aeroporto di Fiumicino, dove c’è la più grande tenuta agricola d’Italia di proprietà di Edizione Holding, la finanziaria della famiglia Benetton, accanto ai vecchi casolari color mattone sorti dopo la bonifica ora iniziano a spuntare nuove costruzioni
Crisi, com’era verde quella valle fuga dalle coltivazioni, è allarme– Roma A Maccarese, in provincia di Roma, a ridosso dell’aeroporto di Fiumicino, dove c’è la più grande tenuta agricola d’Italia di proprietà di Edizione Holding, la finanziaria della famiglia Benetton, accanto ai vecchi casolari color mattone sorti dopo la bonifica ora iniziano a spuntare nuove costruzioni. E se il piano d’espansione dello scalo romano andrà avanti come previsto, con il raddoppio dell’aeroporto e lo sviluppo delle infrastrutture di supporto, si prevede l’esproprio di mille ettari di terra della Maccarese Spa. Sempre nei dintorni, a Focene, è stato bloccato dopo tante proteste, l’abbattimento di una vasta porzione della storica pineta che si protende verso il litorale: doveva essere sacrificata per far posto a un resort di superlusso. Cosa ne sarà non si sa. Ma intanto, sempre nelle vicinanze, a Fregene, le case avanzano sulla macchia mediterranea che anno dopo anno viene mangiata dal cemento. Molte opere sono ritenute necessarie in nome dello sviluppo. Tante altre no. L’unica cosa certa è che i terreni agricoli stanno diminuendo, proprio in un momento in cui aumenta la richiesta di cibo nel mondo. Dal 1970 al 2010, dicono le elaborazioni Nomisma su dati Istat e Ispra, i terreni agricoli sono passati da 17 milioni e 492 mila ettari a 12milioni e 885 mila, un po’ di più, 15 milioni e 727 mila se si prendono le rilevazioni via satellite effettuate da Corine Land Cover. «I dati sono ancora insufficienti e c’è un gran buco normativo», ha denunciato Paolo Pileri, docente del Politecnico di Milano nel corso della presentazione a Milano del Rapporto 2012 del Centro di ricerca sui consumi del suolo, fondato da Legambiente e Istituto nazionale di Urbanistica. Il Rapporto, focalizzato in particolare sulla provincia di Milano, evidenzia in questa area un consumo di territorio agricolo al ritmo di 20 mila metri quadri al giorno., come dire una azienda in grado di produrre frumento per fare 150 tonnellate di pane. «Dopo i campi di sterminio, stiamo assistendo allo sterminio dei campi», parole del poeta Andrea Zanzotto riprese da Carlo Petrini, fondatore e presidente di Slow Food in un articolo che dalle pagine di Repubblica ha movimentato il dibattito sul “consumo di suolo” lanciando la costituzione dell’Assemblea Nazionale del Forum dei Movimenti per la Terra e il Paesaggio, con l’apertura di un sito attorno al quale far crescere interesse e adesioni, www.salviamoilpaesaggio. it. Un tema di grande attualità, tanto più considerata l’importanza di questo asset per il nostro paese: nel pieno della crisi mondiale il Made in Italy ha registrato un boom dell’export dei prodotti alimentari che, in primis il vino, devono gran parte della loro fama all’estero proprio alla qualità delle coltivazioni e del territorio. Un trend in salita trainato soprattutto da Igp e Dop, ovvero produzioni legate a doppio filo alla località di appartenenza, in un matrimonio d’affari dove la qualità della materia prima gioca un ruolo chiave nell’appeal dei nostri marchi. L’Italia brucia 250.000 ettari all’anno, contro i 44.000 della Germania e i 10.000 dell’Inghilterra a spese di coste, fiumi, valli e non solo. «I terreni agricoli servono per produrre cibo», ha dichiarato il ministro il ministro Catania nel corso di un recente intervento all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenza, puntando il dito contro ogni speculazione. La situazione è intricata. Prendiamo l’housing sociale, nato per offrire soluzioni abitative a chi si trova in situazione di difficoltà. Molti comuni, tra i quali Roma, concedono licenzia edilizia su terreni agricoli ai quali viene cambiata ad hoc la destinazione d’uso proprio per progetti di housing sociale. Altro fattore che, paradossalmente, sta sconvolgendo gli equilibri della terra: l’energia rinnovabile. Pannelli solari al posto dei pomodori, invece di carciofi e insalata, centrali eoliche; via i vigneti e i frutteti per fare posto a impianti a biomasse. «Per i pannelli pagano 3mila euro l’ettaro, quando a coltivare la terra è tanto se un agricoltore guadagna 400-550 per ettaro», racconta sotto le scosse del terremoto, da Mirandola, dove vive, Claudio Malagoli, docente all’Università delle Scienze gastronomiche di PollenzoBra, in provincia di Cuneo, l’università fondata da Slow Food. Il reddito agricolo in Italia crolla, i costi di produzione si impennano: interessi sui capitali, affitto del terreno. Solo per il gasolio, l’incremento è stato del 20,5% su base annua secondo i dati Istat. Nonostante questo, nel carrello della spesa - cioè l’insieme dei prodotti acquistati con maggiore frequenza, che rincara del 4,7% rispetto ad aprile 2011 - i prezzi della frutta scendono del 2,7% in termini tendenziali e quelli delle patate addirittura del 5% rispetto al 2011, segnala Confagricoltura. «L’agricoltura - denuncia l’Organizzazione degli imprenditori agricoli - continua a dare un contributo al contenimento dell’inflazione, ma è in grandissima difficoltà per gli aumenti dei costi aziendali». Lo scenario che si prospetta è paradossale. Da una parte cresce la consapevolezza dei consumatori che anche nella Gdo vogliono sempre più prodotti di qualità, possibilmente a chilometro zero, non inquinanti. Dall’altra i contadini lasciano la zappa e spendono i trattori mentre il mercato viene invaso da prodotti stranieri di massa e di bassa qualità. La Fao stima che entro il 2050 la popolazione mondiale salirà a 9 miliardi di persone e per far fronte ai bisogni di tutti la produzione alimentare deve aumentare di almeno il 70%.