Luca Gallesi, il Giornale, 29 5 12, 29 maggio 2012
Di Arianna Huffington, nata Stassinopoulos quasi 62 anni fa ad Atene, si ricordano soprattutto i trascorsi politici e i successi giornalistici, ma non si parla volentieri della sua carriera di scrittrice, iniziata in Inghilterra e proseguita negli USA, dove si trasferisce nel 1980
Di Arianna Huffington, nata Stassinopoulos quasi 62 anni fa ad Atene, si ricordano soprattutto i trascorsi politici e i successi giornalistici, ma non si parla volentieri della sua carriera di scrittrice, iniziata in Inghilterra e proseguita negli USA, dove si trasferisce nel 1980. Qui, ottiene contemporaneamente la ricchezza e il nuovo nome sposando il deputato conservatore e soprattutto petroliere miliardario Michael Huffington, per raggiungere la fama con la creazione di The Huffington Post , il più temuto blog americano di commenti politici, che le ha permesso di raggiungere il 12˚ posto tra le donne più influenti del mondo nella classifica di Forbes del 2009. Oggi, la Huffington occuperebbe in classifica un posto migliore, vista la cifra record di 315 milioni di dollari sborsata l’anno scorso da AOL per acquistare The Huffington Post , che nel frattempo è diventato un marchio internazionale pronto a sbarcare anche in Italia: l’annuncio del Gruppo Espresso precisa che «il lancio di Huffington Post Italia è previsto per il mese di settembre»,e la direzione «della vivace ed evoluta piattaforma di blogging» sarà affidata a Lucia Annunziata. La Huffington è un’apprezzata icona liberal, anche non è sempre stata di sinistra, ma fino al 2000 ha sostenuto i Repubblicani, che ha poi abbandonato. A chi la accusa di trasformismo, replica affermando di essere sempre stata progressista; anche quando era repubblicana le sue idee erano anche allora abortiste, progay e a favore del controllo delle armi. Pronta a partecipare a talk show e persino sit-com, la Huffington, come continua a farsi chiamare anche dopo il divorzio dal marito che nel frattempo si è scoperto bisessuale, non ama invece parlare della sua carriera di scrittrice, quando ancora era Arianna Stassinopoulos. Le sue opere, infatti, sono state reiteratamente accusate di plagio: nel 1981 il suo libro su Maria Callas, tradotto in italiano nel 1982 da Vallardi, è stato portato in tribunale dal biografo della Callas Gerald Fitzgerald, mentre la sua biografia di Picasso, pubblicata in Italia dalla BUR, oltre a sollevare feroci critiche, ha indignato la storica dell’arte Lydia Gasman, che ha accusato l’autrice di aver saccheggiato la sua tesi di dottorato in quattro volumi, e «di averle rubato vent’anni di lavoro». Accuse simili sono state mosse anche al suo libro sugli Dei della Grecia, pubblicato nel 1983, mentre sembra che tutti si siano dimenticati del suo primo libro The Female Woman, pubblicato nel 1973, quando aveva ventitrè anni e le sue idee erano davvero molto diverse. Quel libro fu tradotto in italiano nel 1980 dalla Società Editrice Il Falco con il titolo La donna donna, e diventò, almeno in Italia, un manifesto della cultura anticonformista degli anni Ottanta, cultura rappresentata anche dalla casa editrice Il Falco, che aveva pubblicato classici di Evola e Pound accanto a saggi di giovani come Stenio Solinas e, appunto, Arianna Stassinopoulos. Il direttore editoriale era Luciano Beggiato, che, dopo aver curato per l’editore Vanni Scheiwiller la bella collana Il Passato Presente, si era messo in proprio, pubblicando libri raffinati. Per la prima volta, al modello femminista non veniva contrapposto l’angelo del focolare ma argomenti moderni contro la retorica del Movimento di Liberazione della Donna. Il libro della Stassinopoulos confutava tutti i dogmi femministi, per difendere «la stragrande maggioranza delle donne da una sparuta e aggressiva minoranza predicante l’odio verso l’uomo e verso la società». Distinguendo tra emancipazione e liberazione, l’autrice sosteneva l’inesistenza di presunti complotti maschilisti e affermava: «la donna femminile difenderà il suo diritto di essere libera, ma si rifiuterà di permettere alle femministe di costringerla a diventare un surrogato maschile. Il frenetico estremismo del femminismo non cerca di emancipare le donne, ma di distruggere la società». Parola di Arianna, non ancora Huffington.