Marco Del Corona, CorrierEconomia 28/05/2012, 28 maggio 2012
CINA. GLI AFFARI DI FAMIGLIA DEI PRINCIPI ROSSI - I
loro padri vengono da lontano, loro lontano ci vogliono arrivare. Ci sono già arrivati. Hanno sangue color rosso rivoluzione, anche se tutto sono tranne che dei sovvertitori dell’ordine costituito.
In Cina li chiamano «principi rossi» e i vertici della Repubblica Popolare sono la loro casa, che adesso si è allargata al mondo della finanza e delle grandi aziende. Soldi, tanti. I principi rossi sanno che la sorte dipende molto dai cicli del potere, dalle fortune e dalle sfortune dei genitori. Ma al prossimo giro, il congresso del Partito d’autunno, uno di loro ascenderà al vertice assoluto, segretario generale.
Xi Jinping, successore in pectore di Hu Jintao, è già arrivato più avanti di quanto riuscì a fare suo padre Xi Zhongxun, vicepremier, perseguitato dalla Rivoluzione Culturale. Xi figlio adesso è vice presidente sia della Repubblica sia della Commissione militare ed è il culmine di una generazione di eredi che si muovono sicuri in quel territorio dove politica e affari diventano una cosa sola.
Figli d’arte
Non tutti i legami di parentela sono noti. Né è nuovo il nepotismo che, almeno negli intenti, la leadership di Hu Jintao avrebbe piuttosto voluto contenere. È figlio d’arte il governatore della banca centrale, Zhou Xiaochuan (suo padre Jiannan era stato ministro). Padre di Chen Yuan, presidente della China Development Bank, era Chen Yun, morto novantenne nel 1995, veterano della Lunga Marcia, vice presidente del Comitato centrale ma soprattutto economista vecchio stampo, sostenitore della pianificazione.
«Difficile dire quanto le reti di relazioni, i "guanxi" dei padri si possano trasferire ai figli. Ci sono troppi fattori che incidono — ha spiegato a CorrierEconomia il sinologo Jean-Pierre Cabestan, della Baptist University di Hong Kong —. Piuttosto conoscono l’ambiente, i meccanismi decisionali, le regole, e questo sì li può aiutare. Più che i legami di sangue, nella scelta di un "principe" per un posto ai vertici conta il fatto che sia leale, interno al sistema. Che è endogamico».
Se quello tra i Chen suona come un parricidio simbolico — dalla pianificazione di tipo staliniano alla finanza d’oggi — la questione degli affari dei figli dei potenti è emersa con vigore nei mesi successivi a Capodanno cinese, con il caso Bo Xilai (figlio del vicepremier e grande vecchio del Partito Yibo), ex ministro rimosso da segretario del Partito nella metropoli di Chongqing e dal Politburo per «gravi ragioni disciplinari», mentre la moglie addirittura è sospettata dell’omicidio del businessman britannico Neil Heywood.
Ebbene, se gli stipendi ufficiali di Bo assommavano a meno di 20 mila dollari l’anno, è stato calcolato che gli studi superiori e universitari del figlio Guagua non sono costati meno di 110 mila dollari. Da qui, un dibattito vivace sui privilegi dei figli d’arte, sulla necessità di rivelare i patrimoni di dirigenti e funzionari, di combattere la corruzione. Tre anziani esponenti del Pcc — Ma Xiaoli, Ren Xiaobin e Cui Wunian — hanno scritto una lettera aperta perché i delegati del XVIII congresso rendano pubblici i loro patrimoni. Una richiesta che ciclicamente viene proposta — tra gli ultimi lo ha fatto il segretario del Guangdong, il campione riformista Wang Yang — insieme con le perorazioni del premier Wen Jiabao a stroncare la corruzione.
Interessi
La sovrapposizione degli interessi rende tuttavia ardua un’opera di trasparenza sistematica. Manca una legge sul conflitto — appunto — di interessi in un Paese dove vige il primato del Partito sulle istituzioni statali. Soprattutto — come rivela il grafico pubblicato in questa pagina — gli stessi leader hanno rampolli e consorti nel cuore del potere economico-finanziario. Il figlio dell’ex numero uno Jiang Zemin, ovvero Jiang Mianheng, è coinvolto nell’accordo da 330 milioni di dollari con l’hollywoodiana DreamWorks per l’apertura di una major sino-americana a Shanghai che si dedicherà ai cartoni animati, un’operazione che lo ripaga dell’amarezza dell’anno scorso, quando fallì la scalata alla presidenza dell’Accademia delle Scienze.
Anche l’attuale leadership che tra il congresso d’autunno e la sessione del parlamento all’inizio del 2013 passerà la mano ha ovviamente i suoi interessi di famiglia. E’ così per Hu Jintao (attraverso il figlio Hu Haifeng), è così per il numero due Wu Bangguo (con il genero Feng Xiaodong, che opera nel settore dell’atomo, in vertiginosa espansione) e anche per il premier Wen Jiabao. Che ha un figlio attivo nelle private equity, Wen Yunsong, mentre la moglie Zhang Beili, che ha ruoli importanti nel mercato dei preziosi, tiene un profilo bassissimo, praticamente prossimo all’invisibilità.
Intanto monta la terza generazione, i figli dei principini. La figlia di Xi Jinping studia ad Harvard sotto falso nome e almeno cinque dei nove membri del comitato permanente del Politburo uscente hanno figli che studiano o hanno studiato all’estero. Dimostrano scarsa fiducia nel sistema educativo cinese ma si preparano a un futuro dove le credenziali rosse dei loro padri non basteranno più.
Marco Del Corona