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 2012  maggio 28 Lunedì calendario

L’Onu condanna Bashar Assad per la strage di Hula - Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu condanna la Siria per il massacro di Hula dopo una rovente seduta di tre ore che ha visto la Russia tentare in ogni modo di ostacolare e addolcire il testo della dichiarazione

L’Onu condanna Bashar Assad per la strage di Hula - Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu condanna la Siria per il massacro di Hula dopo una rovente seduta di tre ore che ha visto la Russia tentare in ogni modo di ostacolare e addolcire il testo della dichiarazione. La battaglia diplomatica si è conclusa senza una risoluzione, come Gran Bretagna e Parigi volevano, ma con una dichiarazione non vincolante della presidenza di turno del Consiglio di Sicurezza, ricoperta dall’Azerbaigian, che condanna Damasco «per l’uso dell’artiglieria pesante» ma la affianca all’identico giudizio per l’«uccisione dei civili da breve distanza» come richiesto da Mosca per avvalorare la tesi che le vittime sarebbero frutto di «gruppi armati non governativi». La seduta ha vissuto momenti di tensione quando Robert Mood, capo degli osservatori dell’Onu in Siria, ha parlato in videoconferenza da Damasco affermando che «le vittime sono 108 e i feriti almeno 300» confermando che almeno in 34 casi sono stati uccisi dei bambini. Il rappresentante americano ha parlato di «un atto vile e illegittimo» del regime di Damasco, sostenuto da dichiarazioni di uguale tenore dei colleghi di Londra e Parigi, ma il vice-ambasciatore russo Alexander Pankin si è battuto con vigore per contrastare ogni addebito nei confronti del governo siriano affermando che «la maggioranza delle vittime sono state uccise con coltelli e da distanza ravvicinata» e dunque «l’artiglieria pesante non c’entra». La tensione con la Russia è tale che il ministro degli Esteri britannico William Hague ha deciso di partire per Mosca per spiegare al collega Serghei Lavrov che «una guerra civile in Siria non è nell’interesse di nessuno, neanche della Russia». Proprio nel tentativo di trovare un accordo con Mosca il presidente americano Barack Obama propone un piano basato sull’«opzione yemenita», ovvero una transizione interna favorita da un mediazione araba. E’ in questa maniera che a Sana’a lo scorso febbraio sono terminati 33 anni di autocrazia quando il presidente Ali Abdullah Saleh, grazie all’intervento del Consiglio di Cooperazione del Golfo, è andato in esilio lasciando il posto a Abd Rabbuh Mansur al-Hadi, legittimato dal voto popolare. Per la Casa Bianca nel caso siriano può essere la Lega Araba a recitare il ruolo di garante della transizione e Obama durante il summit di Camp David ne ha parlato con il premier russo Dmitry Medvedev, ipotizzando l’esilio di Bashar Assad. A Mosca lo scenario yemenita trova ascolto perché l’interesse del Cremlino è anzitutto di evitare che un alleato arabo finisca nel campo occidentale - come avvenuto con l’Iraq nel 2003 e la Libia nel 2011 - e a confermarlo c’è il fatto che la «Yemenskii Variant» è stata discussa dal consigliere per la Sicurezza nazionale, Tom Donilon, con il rieletto presidente russo Vladimir Putin durante l’incontro preparatorio in vista del summit con Obama che avverrà a Los Cabos, in Messico, al G20 di fine giugno. Sostenendo l’«opzione yemenita» Donilon ha fatto presente a Putin che ciò consentirebbe ad Assad di mettersi in salvo, scongiurando una fine drammatica del regime come avvenuto a Tripoli e consentendo al suo partito Baath di recitare un ruolo nella transizione. L’intenzione di Obama è di raggiungere un’intesa sulla Siria per cogliere un duplice risultato: da un lato risolvere la crisi a Damasco e dall’altro far partire con il piede giusto i rapporti con il ritrovato leader russo. Washington ritiene che Vladimir Putin potrebbe accettare il patto sulla Siria in quanto il Cremlino sarebbe «molto preoccupato» dalle proteste che si succedono a Mosca, creando uno scenario di potenziale instabilità interna che suggerisce prudenza sulla scena internazionale.