ROBERTO GIOVANNINI, La Stampa 28/5/2012, 28 maggio 2012
La mannaia di Bondi sulle forniture alla Sanità Dossier da 1,5 miliardi - Sulla carta Enrico Bondi, il commissario straordinario nominato dal governo per la razionalizzazione della spesa pubblica per acquisti di beni e servizi, parte già con un ritardo di qualche giorno rispetto al «cronoprogramma» stabilito dal decreto Monti sulla «spending review»
La mannaia di Bondi sulle forniture alla Sanità Dossier da 1,5 miliardi - Sulla carta Enrico Bondi, il commissario straordinario nominato dal governo per la razionalizzazione della spesa pubblica per acquisti di beni e servizi, parte già con un ritardo di qualche giorno rispetto al «cronoprogramma» stabilito dal decreto Monti sulla «spending review». Ma da Palazzo Chigi assicurano che questa settimana arriverà la sua prima relazione al Comitato interministeriale, che si attende contenga almeno i 4,2 miliardi necessari per evitare lo spauracchio del rincaro dell’Iva. L’idea di fondo è che tutti i centri di spesa (ministeri, Regioni, Enti locali ed enti pubblici) debbano approvvigionarsi di ciò che è necessario per il loro funzionamento al miglior prezzo disponibile. Un’operazione che era già stata tentata a suo tempo attraverso l’istituzione della Consip, la centrale unica di acquisti, che però evidentemente non è sufficiente. Il vero nodo, non è un segreto per nessuno, è quello della sanità, che rappresenta non solo la fetta più significativa (forse insieme alla Difesa e agli Interni) della spesa per acquisti pubblici. Ma è anche l’area in cui maggiormente si addensano sprechi ed inefficienze. È facile prevedere che la mannaia di Bondi calerà in modo pesante proprio sulla spesa sanitaria. Non è un caso che proprio martedì scorso nel corso della Conferenza Stato-Regioni il governo ha annunciato di rinviare il riparto dei 108 miliardi del Fondo Sanitario Nazionale tra le Regioni, che pure era all’ordine del giorno. Dietro le motivazioni tecniche con cui è stato giustificato il rinvio del riparto, hanno spiegato i presidenti delle Regioni, si nasconde proprio la volontà dell’Esecutivo di sforbiciare la spesa per beni e servizi nella sanità di almeno 1,5 miliardi. Come detto, in realtà Bondi ha già accumulato un certo ritardo rispetto alla tabella di marcia. Il decreto, infatti, prevedeva la presentazione del primo programma di lavoro entro 15 giorni dalla pubblicazione del provvedimento sulla Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 7 maggio scorso. In ogni caso, a quanto dicono i bene informati l’ex amministratore straordinario di Parmalat in questi giorni ha avuto decine di incontri sia con i ministri che con personalità politiche, ed è stato visto molte volte in Parlamento. Si è parlato di resistenze e proteste da parte di alcuni ministri del governo Monti; da Palazzo Chigi smentiscono. E affermano al contrario che - come prescritto dalla direttiva emanata a suo tempo dal premier (assolutamente inequivoca) - i titolari dei dicasteri coinvolti dall’operazione tagli alla spesa hanno già fatto arrivare sul tavolo del settantottenne manager aretino diverse proposte di intervento sugli acquisti di beni e servizi. Magari mugugnando, ma i ministri sembrano star collaborando. Del resto, il decreto che stabilisce tempi e modalità della «spending review» (ora all’esame del Senato) prevede che entro fine mese i singoli dicasteri elaborino un proprio piano di tagli per dar modo al commissario di intervenire. I tempi sono molto stretti: come spiegano fonti di governo, a disposizione ci sono poche settimane per poi tirare le somme ed emanare i provvedimenti necessari ad evitare il paventato incremento dell’Iva a partire da ottobre. In tutto bisogna reperire almeno 4,2 miliardi: «non sono in grado di dire - ha detto il presidente del Consiglio sabato - che non porteremo l’Iva al 23 per cento ad ottobre. Lo abbiamo dovuto decidere per rendere credibile l’impegno ad azzerare il disavanzo nel 2013. Non vendo promesse. Anche se c’è ancora la speranza di evitare l’aumento». Sulla carta, le attese sulla revisione della spesa pubblica vanno ben oltre: molte le sollecitazioni a reperire più risorse, non solo per evitare l’aumento della pressione fiscale, ma anche per dare nuovo ossigeno all’economia favorendo la crescita. Obiettivo ambizioso, perché già sarebbe una mezza impresa riuscire ad evitare l’aumento dell’Iva, dicono gli addetti ai lavori. Bondi è l’ultimo di una lunga lista di persone che hanno tentato di mettere le mani nelle risorse spese (sprecate, dicono molti) per gli acquisti di beni e servizi della pubblica amministrazione. Venti anni di sforzi hanno prodotto risultati anche paradossali, con uffici pubblici dove i bagni non hanno carta igienica, commissariati dove le denunce vengono raccolte sul retro dei fogli già utilizzati, amministrazioni dove non si accende quasi più il riscaldamento. Intanto, altrove, montagne di soldi vengono gettati al vento per ristrutturazioni delle stanze dirigenziali, assunzioni di costosissimi «consulenti» e mille altri sprechi.