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 2012  maggio 27 Domenica calendario

Il massacro dei bambini di Hula - La tregua in Siria non esiste. Lo dimostra il massacro avvenuto ieri a Hula, dove sono morte un centinaio di persone tra cui almeno trentadue bambini, mentre la Russia continua a inviare armi a Damasco

Il massacro dei bambini di Hula - La tregua in Siria non esiste. Lo dimostra il massacro avvenuto ieri a Hula, dove sono morte un centinaio di persone tra cui almeno trentadue bambini, mentre la Russia continua a inviare armi a Damasco. Gli osservatori dell’Onu hanno potuto visitare il teatro degli scontri e confermare le vittime. Le versioni sulle violenze di ieri ovviamente divergono. Secondo gli oppositori, le abituali proteste del venerdì erano cominciate a Hula, circa venti chilometri a Nord- ovest di Homs, città da mesi al centro delle violenze. Le forze governative hanno iniziato a sparare, mentre i dimostranti uscivano dalle moschee dove erano stati per la preghiera. A quel punto gli oppositori hanno reagito, costringendo i fedelissimi del regime a scappare. I governativi però sono tornati in serata, appoggiati da carri armati e mortai, e hanno bombardato le case. Secondo alcuni testimoni, la maggior parte delle vittime ha perso la vita in questi attacchi; secondo altri, le milizie governative shabiha sono poi entrate nel villaggio e hanno giustiziato chiunque trovavano lungo la strada. L’agenzia statale Sana invece sostiene che «i terroristi» hanno attaccato il vicino villaggio di Teldo, costringendo le forze del regime a reagire, respingendoli verso Hula. Di sicuro c’è che i morti sono stati circa cento, tra cui molti bambini. Su questa cifra, con qualche piccola differenza, concordano il Syrian Observatory for Human Rights di Londra e la Muslim Brotherhood. Gli oppositori hanno mostrato immagini dei cadaveri, alcuni con i buchi dei proiettili alla tempia, e gli osservatori dell’Onu sono potuti andare a verificare di persona. Il generale Robert Mood ha confermato l’uccisione di 32 bambini e circa 60 adulti, definendo il massacro «un crimine brutale e un inaccettabile attacco al futuro della Siria, chiunque lo abbia condotto». Mood ha detto che i suoi uomini hanno trovato bossoli di artiglieria, e Ban Ki-moon ha emesso un comunicato con cui ha chiesto al regime di fermare l’uso delle armi pesanti, lasciando pochi dubbi sulla responsabilità della strage. Un elemento preoccupante degli scontri di ieri è il loro carattere etnico e religioso. Hula, infatti, è abitata da musulmani sunniti, vicini agli insorti, mentre a Teldo si trovano gli alawiti e gli sciiti, alleati del regime. La guerra civile strisciante, insomma, avrebbe acquistato un connotato razziale, oltre che politico. Proprio mentre a Hula si sparava, una nave da carico maltese navigava verso il porto siriano di Tartus. Secondo la versione della tv «Al Arabiya», confermata alla Reuters da fonti diplomatiche occidentali a New York, trasportava armi per aiutare il regime. Mosca ha sempre difeso queste sue forniture, sostenendo che Assad è sotto l’attacco di ribelli e terroristi, e quindi ha il diritto di difendersi. La posizione internazionale, ufficializzata nel piano Annan, è che tutti dovrebbero sospendere le vendite di armi, anche se è stato impossibile imporre un embargo proprio per il veto di Russia e Cina. Ora però è evidente che la tregua in sei punti proposta dall’ex segretario generale, in teoria in vigore dal 12 aprile, non esiste. Il ministro degli Esteri italiano Terzi ha definito «inaccettabile» il massacro di Hula, e i colleghi francese e britannico hanno prospettato risposte. Quindi presto si potrebbe tornare davanti al Consiglio di Sicurezza per nuovi provvedimenti, mentre anche gli alleati degli oppositori si sentono autorizzati a fornire supporto militare.