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 2012  maggio 26 Sabato calendario

“Il conte Tolstoj non è il mio principe azzurro” - A proposito di donne d’antan, di trascorse cortesie ed eleganze e savoir faire

“Il conte Tolstoj non è il mio principe azzurro” - A proposito di donne d’antan, di trascorse cortesie ed eleganze e savoir faire. «So, per esperienza - avvertiva Colette Rosselli, alias Donna Letizia -, che scrittori e artisti il meglio di sé lo spendono nelle loro opere, da vicino rimangono solo gli spiccioli». Ma non sempre, Madame. Se solo avesse sorseggiato un té (magari con pane abbrustolito, alla Eliot) chez Sveva Casati Modignani sarebbe stata meno tranchant. Perché questa signora innanzitutto è l’arte di accogliere, di conversare, di onestamente dissimulare, di accordare i les- sici che si modellano in cucina e in sala da pranzo e nello studiolo, nella mansarda e nel parco, di generazione in generazione, sulla pagina come nello spartito quotidiano. Incontrandola, forse Gide avrebbe sfumato il suo grido: «Famiglie, vi odio!». Non perché qui si ignorino le ombre, i giorni dispari, le nefandezze. Epperò si confida infine che le mura domestiche sappiano reggere, attenuare, rinsavire, medicare se non guarire. Con buona pace del nouveau roman e dintorni, per Sveva Casati Modignani la marchesa continua a uscire di casa alle cinque. Tramando, tramando, una ormai lunga fedeltà al «c’era una volta». Dal 1981, l’esordio con Anna dagli occhi verdi , al recentissimo e fortunatissimo (come ogni storia) Léonie . Ci si sieda in poltrona, si indossi il pince-nez, si spenga il cellulare: «Léonie rallentò la corsa e si fermò di fronte alla prospettiva della villa che sorgeva in fondo al viale...». Corso Venezia, via Montenapoleone? La Milano di Sveva Casati Modignani ha un respiro periferico, è un viaggio à rebours, nel 1911. E’ centenaria la sua cuna, modellata dalla nonna - «undicimila lire di allora» -, sempre accudita, sospesa fra il mondo di ieri (là, oltre il giardino, viveva colei che si immedesimava in Liz Taylor) e il nostrano melting pot (che ha spodestato la gente meridionale nell’anonimo stabile di fronte all’ingresso principale). Il bassotto ruggente si chiama, va da sé, Rambo. L’Olivetti rossa è la promessa di mille e ulteriori mille destini incrociati. Sveva Casati Modignani è una voce fra incanto e realtà... «Grande lettore era mio pa- Le prime letture. In «Léonie» dre, un commerciante di vini si incontra «Cuore», «Pinoc- e liquori che, per amore di chio», «Gian Burrasca»... mia madre, indosserà i pan- «No, Cuore non mi ammaliò, ni, non propriamente suoi, permeato com’è di buonismo dell’industriale. Ma saranno fasullo, inapplicabile. Di De le veglie nelle stalle, durante Amicis ho apprezzato Amore e la guerra, ero piccola, a co- ginnastica , una emancipaziomunicarmi il fascino della ne ante litteram... Pinocchio , narrazione. Voci soprattutto certo... Ma il prediletto è Gian anziane, si alternavano. Per Burrasca , una denuncia conesempio la donna cattiva ver- tro l’ipocrisia degli adulti. In so la suocera che sarà carpi- particolare mi era caro il Gian ta dal diavolo. Andandosene Burrasca francese, le storie diceva, chissà se sollevata o del piccolo Nicolas di René Goterrorizzata: “Me ne vado nel scinny». profondo degli abissi”». «Lèonie». Ed è subito Per amore... Et voilà la sua Proust. Una donna fra rigovita privata, l’incontro a Pa- re e libertà e spirito d’imprerigi con Nullo Cantaroni sa la sua eroina, riechegche diverrà suo marito, feli- giante nel nome la «tante» ce anche il sodalizio profes- di Combray. «Ah, Parigi! Cosionale... me vorrei incontrare Colet- «Gli debbo il passo d’avvio. Mi te e Marcel Proust...» si ero domandata: che cosa sa esclama nella villa brianzo- mio figlio delle mie radici? E la da Lei architettata. così cominciai a scrivergli una «Ho accostato la Recherche intorlettera che via via si allunghe- no ai trent’anni. L’ho ripercorsa rà, raggiungendo il centinaio sui quaranta. Sorpresa perché di fogli. Mio marito li lesse, infi- Proust usa molte parole per dire ne incoraggiandomi: ma que- una piccola cosa. Poi capendo sto è un romanzo. Nasceva An- che nella sua opera non c’è una na dagli occhi verdi . Insieme ab- parola di troppo. E Colette, una biamo ordito tre libri. Come? passione dei diciotto anni, ammiIo scrivevo, lui riscriveva, io, a randone lo humour, l’autoironia, mia volta, riscrivevo...». l’indipendenza...». La vita e le opere. Sveva Casati Modignani (nella foto di Maki Galimberti) è Le il donne nella letteratura. nome d’arte della coppia Bice Cairati e Nullo Cantaroni. Scomparso il marito Anna nel Karenina? 2004, Bice Cairati ha continuato ad usare lo pseudonimo. L’esordio nel 1981 «A con lei sono legatissima. E’ la «Anna dagli occhi verdi». Seguiranno, tra gli altri titoli: «Disperatamente parte Giulia», femminile di Tolstoj. Se ne è voluto liberare im- «E infine una pioggia di diamanti», «Rosso corallo», «Un amore di marito». Il maginando questa creatura. nuovo libro è «Léonie» (pp. 501, 19,90). Tutti i romanzi (pubblicati in venti Potendo, Paesi dopo la tremenda del mondo) sono editi da Sperling & Kupfer. La signora si descrive così: «Sono fine nata riservatale, deflagrare a Milano, dove vivo con un bassotto prepotente. Ho due figli. Cucino volentieri, come principe folle e maschi- ricamo a punto croce, coltivo l’arte del sonno. Mi piacciono le torte fatte in lista». casa...». Dalla Russia alla Normandia di Flaubert... «A Madame Bovary . Come Anna Karenina ha bisogno di essere amata. Ma il marito di Anna è ignobile. Il marito di Emma è invece perbene. Anna non meritava di pagare con la morte, Emma sì». Uno scrittore ammirabile? «Lo scrittore e l’uomo. Ernest Hemingway, inesauribile raccontatore della vita, che macho! E un eco di Cechov: là dove la principessa si innamora di chi sta rifacendo i tetti della sua dimora...». Mariti di ieri, mariti di oggi. «Io e mio marito? La differenza? In quanto donna avevo bisogno di lui perché lo amavo. Mentre lui mi amava perché aveva bisogno di me. Avere o essere , Erich Fromm...». Non è il rosa il suo colore. Ma non di rado la si confonde con Liala... «Nella bibliotechina della nonna e della mamma non mancava, ancorché non abbondasse. La considero una benefattrice dell’umanità. Ha fatto sognare le donne - la ragione di vita che è il sogno - quando le donne grondavano disperazione». Anziché Liala, Le si intona la confessione di Natalia Ginzburg: «Quando scrivo non penso mai che c’è forse un modo più giusto di cui si servono gli altri scrittori. Non me ne importa niente di come fanno gli altri scrittori...». «Sveva c’est moi. Non so che cosa sia il blocco di fronte al foglio bianco. Magari il problema è rinnovare le riserve di nastri per l’Olivetti. Ma c’è un ometto solerte che vi provvede. E via con i tasti. Ogni gestazione dura un anno e mezzo. Dedicherò ai corallai di Torre del Greco il prossimo libro. Natalia Ginzburg? La vidi a Bologna, stava discorrendo con Eduardo De Filippo, non osai avvicinarla». La sua Lombardia... «La mia Milano, in primis. Come pulsa in Ascolto il tuo cuore, città di Alberto Savinio, “città tutta pietra in apparenza e dura”, mentre è “morbida di giardini interni”». La Lombardia di Alessandro Manzoni... «Farlocchi, no?, Renzo e Lucia... Rispetto alla statura dell’Innominato!». I suoi lombardi? In «Léonie» si evoca il Clubino intorno a cui da par suo divagherà Alberto Arbasino... «Sommo è Piero Chiara. Un affabulatore straordinario. E’ indelebile il ricordo di due serate trascorse a sentirlo. E Andrea Vitali, tra una finestra sul lago e un collier. E - raggiungiamo la Sicilia - Andrea Camilleri, Montalbano e non, La concessione del telefono è una prova egregia». La mia vita è un romanzo. Chissà quanti glielo avranno sussurrato... «Non solo sussurrato. Tempo fa mi venne proposto di scrivere la biografia di... Nome e cognome? L’ho ritratto in Léonie , lettrici e lettori provino a indovinarne l’identità... “...calvo e in sovrappeso che sedeva in fondo alla stanza, su una specie di trono, dietro una scriva- nia traslucida; al suo fianco, ritto sugli attenti, un individuo segaligno dalla chioma fulva, che abbandonò la sua posizione per andarle incontro, mentre il palazzinaro scendeva dal trono: “Io amo lavorare con le donne, quando sono intelligenti e, ovviamente, belle come lei”. Beninteso rifiutai la cospicua offerta: come avrei potuto trascorrere anche un’unica ora con questa caricatura di uomo?». Già, come avrebbe potuto, Sveva Casati Modignani, lei che è annidata nei Caratteri di La Bruyère, ospitati nella stanza dell’Olivetti rossa? «Una bella donna che abbia le qualità di un uomo educato è quanto c’è di più delizioso da frequentare; in lei si riscontra tutto il merito di entrambi i sessi». Non si fraintenda: la bellezza che è educazione, l’educazione che è bellezza, i superlativi che coabitano nella medesima anima, lo stesso La Bruyère necessita di qualche ritocco...