MATTIA FELTRI, La Stampa 26/5/2012, 26 maggio 2012
Da spauracchio eretico a Cavaliere grigio - Se ci fosse la macchina del tempo, sarebbe un bello spettacolo mettere il Silvio Berlusconi del 1994 davanti al Silvio Berlusconi del 2012
Da spauracchio eretico a Cavaliere grigio - Se ci fosse la macchina del tempo, sarebbe un bello spettacolo mettere il Silvio Berlusconi del 1994 davanti al Silvio Berlusconi del 2012. Fargli sentire il se stesso di diciotto anni dopo mentre pronuncia frasi di questo calibro: «Un incontro tra maggioranza e opposizione ad un tavolo per arrivare in un tempo rapido a una trattativa circa i cambiamenti istituzionali...». O di quest’altro: «Abbiamo deciso di compiere il gesto ardito di presentare al Paese, alla maggioranza e all’opposizione una possibilità di modernizzazione del Paese...». Probabilmente apprezzando lo scolorimento da Cavaliere Nero a Cavaliere Grigio, e l’involuzione del messaggio da perlinato sogno brianzolo a plumbeo arabesco forlaniano - si sarebbe reso conto del disastro totale di una parabola. Oggi la politica è molto più berlusconizzata, e Berlusconi è molto più rigurgito di segreteria: eccolo il mix terrificante su cui rantolano i palazzi del potere. E forse il vecchio leader se n’è reso perfettamente conto perché ha affrontato la conferenza stampa di ieri senza un sorriso, senza abbandonarsi a una sola delle sue battute del dopocena, cedendo persino il familiare territorio delle gaffe alla nuova spalla, Angelino Alfano, che prima ha chiamato Berlusconi «presidente della Repubblica», e poi ha annunciato che al centro dell’azione del partito c’è il «federalismo», ma voleva dire «presidenzialismo». E nemmeno lì l’ex presidente del Consiglio ha disteso almeno uno dei suoi muscoli facciali, tenuti assieme da qualche capolavoro chirurgico, tonificati da qualche visagista delle dive, eppure tesi: offriva le mascelle serrate, la guancia destra che saltellava implacabile ogni pochi istanti. La voce bassa, senza uno scatto di tono, a replicare alle perplesse domande dei giornalisti con un ripetitivo e allucinato «preferisco non rispondere». Gli occhi piccini piccini, senza lampo. Il tappetino craniale insipidito. E tutto questo nel giorno in cui si era popolata una delle migliori stanze di Palazzo Madama (l’aula Koch appena fatta restaurare da Renato Schifani), per annunciare all’Italia scorata la «novità epocale». Bè, spacciare per «novità epocale» un improbabile patto comma bis, e diffonderla con quella faccetta depressa, con quella vocina sconfitta, con imbarazzanti divagazioni sul fallimento della Bicamerale del 1997, con precisazioni sui veti incrociati e sugli apparentamenti con le liste civiche, con gli orizzonti che al massimo, ma proprio al massimo, si schiudono a un’alleanza con Pier Ferdindando Casini, è stato come arrendersi al mondo, e nei termini in cui il mondo voleva. «Voi commettete sempre lo stesso errore, dare Berlusconi per morto», dicevano lì i suoi colonnelli. Avranno ragione loro. Ma il primo a dare per morto (politicamente) se stesso, ieri, era proprio Berlusconi mentre giurava piatto e roco che il Pdl gli piace assai, che il Pdl è compatto, che il Pdl è forte, che i sondaggi lo danno ben oltre il venti per cento, che alle Amministrative non c’è da guardare perché propongono dati non commensurabili e ingannevoli. E intanto là fuori infuriano Beppe Grillo e i suoi guerrieri del web, conquistano le città, riempiono le piazze, le infiammano di improperi e di rancore, le travolgono di dolcissime utopie; ma il più grande mago del consenso moderno arriva sul campo di battaglia roteando il presidenzialismo alla francese, vaghi doppi turni, primarie scopiazzate fuori tempo massimo, tavoli delle riforme. Scomparso in promesse vaporose l’armamentario di una vita, il passo della libertà, le tasse da abbattere, la burocrazia da assediare giorno e notte, lo sbilenco e ottimista ghigno dell’uomo che sa come si fa a non perdersi in chiacchiere, sono rimaste giusto le convergenze parallele, o roba del genere. Se lo avesse visto il Silvio Berlusconi del 1994, dopo il colpo apoplettico avrebbe votato Beppe Grillo.