VARIE 28/5/2012, 28 maggio 2012
APPUNTI PER GAZZETTA. I GUAI DEL PAPA
DAGOSPIA (ANSA) - PARLA NUZZI
1- VATICANO: NUZZI, COLLABORATORI DEL PAPA INADEGUATI - ’VATICANO MONARCHIA ASSOLUTA E C’E’INSOFFERENZA PER SEGRETEZZA’
(ANSA) - "Il Vaticano è una monarchia assoluta, dove l’informazione viene gestita con estrema attenzione" ma nessuno, all’interno del Vaticano, muove critiche al Pontefice: semmai "a lui si rivolgono per la presunta inadeguatezza di alcuni suoi collaboratori". E in questo scontro in corso "il più bersagliato è senza dubbio il segretario di Stato, il cardinale Bertone".
Gianluigi Nuzzi, giornalista e autore, tra l’altro, del libro ’Sua Santita’’, ha ha fatto una serie di considerazioni con Maurizio Belpietro nel corso della ’Telefonata’, stamane su Canale 5. "Questa vicenda - secondo Nuzzi - nasce dalla morte di Wojtyla: un gruppo di persone all’interno del Vaticano ha iniziato a vivere con sofferenza rispetto agli scandali e ai misteri che si sono susseguiti". Il giornalista fa notare poi che "é almeno dal 2006 che ci sono persone che raccolgono documenti e li rendono pubblici passandoli ai giornali". Quanto alla vicenda di mons. Viganò, prima ’economo’ del Vaticano e che dopo la denuncia di alcuni casi di corruzione finì trasferito alla nunziatura diplomatica di Washington, Nuzzi si chiede come sia possibile: "se le denunce sono false uno finisce nei guai e non viene promosso, se sono vere non viene allontanato. Le regole in questa monarchia assoluta, insomma, non sono proprio uguali alle nostre".
Per il giornalista, "lo scontro in atto in Vaticano non è dovuto solo ad una ’guerra’ tra "gruppi avversi di porporati ma é una questione più di sistema: c’é una certa insofferenza verso la segretezza, verso il non sapere". "A me sorprende - dice ancora il Nuzzi riferendosi a Paolo Gabriele, il maggiordomo del Pontefice - che tutto ciò venga fatto senza un atto di accusa pubblico: dobbiamo fidarci delle povere, scarne notizie che arrivano Oltretevere, tutto avviene nella massima segretezza". A Gabriele e agli altri personaggi coinvolti "va la mia solidarietà e vicinanza: perdere la libertà personale é la cosa peggiore che possa mai capitare".
"In Italia - aggiunge - nessuno può stare in una camera di sicurezza per più di 72 ore senza un formale e pubblico atto d’accusa. Se accadesse in qualsiasi Paese occidentale di arrestare qualcuno e fare retate come se si trattasse di delinquenti, mentre si tratta invece di persone che passano notizie vere ai giornali, si darebbe il via a raccolte di firme per la loro liberazione: questo è il sale della democrazia". Nuzzi ricorda che due giorni fa il Corriere della sera ha messo in rete un documento riservato dello Ior. "I documenti fanno parte dell’anima del giornalismo; senza notizie non si fanno i giornali e le notizie vengono confermate dai documenti", conclude Nuzzi.
2- PER AMORE DI VERITÀ
Gianluigi Nuzzi per "Libero" di sabato 26 maggio 2012
È un’inchiesta tumultuosa quella che in Vaticano si sta portando avanti per dare un volto a chi ha passato le carte, i documenti spina dorsale del mio ultimo saggio, «Sua Santità». Di chi con coraggio ha deciso di far conoscere congiure, trame, affari, interessi nei Sacri Palazzi che possono persino imbarazzare. A iniziare dalle trattative tra Santa Sede e Giulio Tremonti, quando era ministro dell’Economia, per cambiare la legge sulle esenzioni Ici ed evitare che arrivasse la maxi-condanna dell’Unione europea contro il privilegio concesso sui beni della Chiesa.
Questioni quindi, è bene dirlo subito, che non riguardano le private faccende di porporati, i gusti sessuali di monsignori, peccati e amori. Ma che svelano la filigrana di storie che pescano nelle nostre tasche come l’Ici o che possono influenzare la nostra politica come gli incontri privati tra Ratzinger e politici italiani di primissimo piano. Con memorandum predisposti al Papa sulla modifica di leggi italiane. «Sua Santità» racconta queste storie non spinto da anticlericalismo, da preconcetti o pregiudizi, ma solamente unendo e approfondendo fatti di cronaca. In gran parte inediti.
Credo che nell’era di Internet, del villaggio globale, dobbiamo abituarci tutti che oltre alla comunicazione ufficiale, formale, dogmatica, possano uscire anche storie non controllabili. E questo vale in Italia, e dovrebbe valere anche in monarchie assolute come il Vaticano. Certo, i documenti imbarazzano, sono ruvidi, sbattono in faccia a tutti storie che si vorrebbe patrimonio di pochi. Penso ad esempio alle attività che 007 vaticani avrebbero compiuto sul nostro territorio, a Roma, nel quartiere Parioli, tra riprese fotografiche e pedinamenti. Questo lavoro non offende l’inviolabilità del territorio italiano? Come possono, investigatori di un paese straniero, indagare liberamente nel cuore di Roma?
Provate solo a pensare se i nostri carabinieri andassero a svolgere indagini sotto la Torre Eiffel: che farebbe Hollande se non rispedirceli indietro? Mi immaginavo che qualche deputato gridasse allo scandalo colpito da questa ingerenza - ricordate il caso Abu Omar con la Cia che spadroneggiò e si portò via il presunto terrorista? - Invece alcuni nostri parlamentari hanno chiesto il sequestro del libro (italiano) scritto da un giornalista italiano. Gli arresti domiciliari comminati ieri a Paolo Gabriele, il maggiordomo del Santo Padre, sono così frutto di un piccolo miracolo.
In poche ore, pochi giorni spunta un colpevole da offrire all’opinione pubblica per chiudere il caso: appunto, il maggiordomo, come in ogni romanzo giallo che si rispetti. Questa storia me ne fa ricordare altre due. La prima: quella della scomparsa di Emanuela Orlandi. È dal 1983 che è sparita. Ci sono voluti 29 anni per scoperchiare la tomba del boss della Magliana Renato De Pedis nella basilica di Sant’Apollinare. Chissà quanti altri ce ne vorranno per trovare i colpevoli di questo sequestro e per dare una verità, un luogo di raccoglimento alla famiglia che piange. L’altra storia è la strage delle guardie svizzere del 1998. Anche lì con il corpo del colonnello Alois Estermann e della moglie riversi nel sangue dal Vaticano in un lampo l’in - chiesta individuò nella guardia Cedric Tornay l’assassino che poi si tolse la vita. Caso chiuso.
Con una significativa differenza. Se per rispetto delle fonti, tutte, è evidente che nulla posso dire nello specifico (perché qualsiasi risposta violerebbe la tutela delle stesse, includendo o escludendo chicchessia), sarebbe ora di chiedersi perché chi gode di altissima fiducia tanto da poter accedere ad archivi con le carte del Papa ha deciso di violare questa fiducia per far conoscere a noi tutti queste vicende. Non certo per popolarità, perché le mie fonti vivono nell’assoluto anonimato. Né per denaro, perché né io né l’editore abbiamo pagato alcuno. Allora, per far un favore a qualche cardinale? È possibile, sì: ma davvero uno si spinge a una scelta così radicale solo per un piccolo piacere a futura memoria?
Ecco che prende consistenza l’ultima ipotesi: per amore di verità. E io come giornalista non avevo il dovere, oltre che di fare un servizio di cronaca, anche di aiutare a condividere le verità che mai si sono conosciute?O dovevo tenere queste carte nel cassetto della mia scrivania in redazione? E se, ancora, questi documenti parlano anche di vicende drammatiche, come la scomparsa della Orlandi, dovevo renderli pubblici o distruggerli? Via, la risposta è scontata ma non per chi, in queste ore e nei prossimi giorni, farà di tutto per far guardare il dito e non la luna.
REPUBBLICA.IT
CITTA’ DEL VATICANO - Non c’è nessun cardinale coinvolto nel Vaticanleaks, lo scandalo a base di fughe di notizie che scuote il Vaticano. Il Papa sta seguendo il caso attentamente, ma con serenità. Questa la versione fornita dalla Santa Sede attraverso il direttore della sala stampa vaticana padre Federico Lombardi. Ratzinger è "ovviamente informato" degli sviluppi della vicenda dell’arresto del suo maggiordomo, e "consapevole che si tratta di una situazione delicata che si sta vivendo in Curia", ha precisato Lombardi. Il Papa, ha precisato, è "cosciente della serietà della situazione" e la affronta con consapevole serenità e con la "superiorità umana e di fede che lo contraddistingue come, avete visto nella celebrazione di ieri". Si tratta di una "situazione chiaramente dolorosa sia per chi conosce Paolo che per la immagine negativa della Chiesa e della Santa Sede che ne può risultare", il Papa non può che essere "addolorato" e in tutti c’è "l’impegno a cercare di ristabilire al più presto possibile un clima di trasparenza, verità e fiducia".
Il portavoce ha poi "smentito nel modo più totale" che ci sia un cardinale "italiano o non italiano" che sia "sospettato in modo
particolare" dagli inquirenti che indagano sulle fughe di notizie dei documenti riservati. "Smentisco che ci sia qualche donna indagata", ha detto ancora il gesuita in un briefing nella sala stampa vaticana. Le indagini, ad ogni modo, "procedono" e prevedono anche l’interrogatorio di cardinali a capo di dicasteri di curia.
Padre Lombardi ha preso le distanze anche dall’intervista pubblicata oggi da Repubblica 2con uno dei corvi responsabili della fuga di notizie. "Siamo nella pura fantasia, è una notizia che non ha nessun fondamento", ha dichiarato il portavoce vaticano riferendosi in particolare al passaggio in cui si parla di un gruppo di relatori incaricati dal Papa di fare chiarezza. "Vi invito a dedurre anche sul resto di ciò che si trova in interviste del genere", ha aproseguito Lombardi.
Intanto il difensore di Paolo Gabriele, il maggiordomo personale del Pontefice arrestato 3 con l’accusa di essere uno dei corvi che hanno trafugato la corrispondenza di Bendetto XVI, ha fatto sapere che il suo cliente è pronto a collaborare con la giustizia vaticana.
"Offrirà la più ampia collaborazione, ciò avverrà quanto prima", ha spiegato l’avvocato Carlo Fusco. "Al più presto Paolo risponderà a tutte le domande e collaborerà con gli inquirenti per appurare la verita", ha aggiunto.
Secondo quanto riferito da padre Lombardi, questa mattina Paolo Gabriele ha ricevuto anche la visita della moglie, mentre è stato smentito che nella perquisizione siano state trovate "apparecchiature complesse" e che la famiglia abbia lasciato la casa in Vaticano. Tra l’istruttoria che riguarda il maggiordomo e la vicenda della sfiducia al presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi, ad ogni modo, ha tenuto a precisare il portavoce "non ci sono collegamenti". "Non si devono confondere le cose, l’unica coincidenza - ha spiegato Lombardi - è temporale, ma non c’è collegamento, sono cose che vanno tenute distinte perché molto diverse".
(28 maggio 2012)
CORRIERE.IT
MARIA ANTONIETTA CALABRO’
ROMA - Due cartelle firmate da Carl Anderson, in quanto segretario del board dello Ior, che notificano a Ettore Gotti Tedeschi la decisione di sfiduciarlo da parte del Consiglio di sovrintendenza dell’Istituto opere religiose. Lo stesso documento è stato consegnata alla Commissione cardinalizia di vigilanza sullo Ior che lo ha approvato venerdì.
ESCLUSIVO - GUARDA IL DOCUMENTO (.PDF) >>>
Il documento (leggi qui la traduzione in lingua italiana) costituisce anche il verbale della lunghissima riunione del consiglio di amministrazione dello Ior che è iniziata alle 14 del pomeriggio di giovedi. Nel testo è contenuta anche la lunga serie di doglianze mosse a Gotti, compresa quella di aver mancato alle riunioni del board, di non aver saputo assicurare la governance dell’istituto, di non aver saputo spiegare la mancanza di due documenti di cui era in possesso in quanto presidente dell istituto e infine di aver fatto circolare notizie riguardanti lo Ior.
«Il nostro maggiore desiderio è la trasparenza». Carl A. Anderson, americano, presidente (Cavaliere supremo) dei Cavalieri di Colombo, parla come membro del board dello Ior, il consiglio d’amministrazione dell’Istituto per le opere di religione, composto oltre che da lui stesso, da Ronaldo Hermann Schmitz ex ad della Deutsche Bank, Manuel Soto Serrano, spagnolo (presidente del Santander, la banca da cui proveniva Gotti) e dall’avvocato e notaio italiano Antonio Maria Marocco.
«Ognuno di noi - spiega Anderson - ha una solida reputazione, ma è difficile lavorare con un’immagine di trasparenza, se poi dietro l’immagine la trasparenza non c’è. Gotti non si dedicava all’Istituto, non era concentrato sul suo lavoro, non si informava e non riferiva al board, spesso non partecipava al consiglio. Noi abbiamo dovuto decidere, abbiamo dovuto votare la sfiducia nei suoi confronti: questo passo doveva essere fatto. L’immagine dell’Istituto era danneggiata. Noi siamo stati mossi dal desiderio di promuovere la trasparenza e rimettere in moto l’Istituto, cosa di cui Gotti parlava sempre ma non faceva».
Situazione eccezionale
Anderson, nella riunione del board di giovedì scorso che si è chiusa con la destituzione di Gotti Tedeschi, è stato il segretario del consiglio e ha stilato il memorandum che è stato notificato al banchiere. È il documento che pubblichiamo e che da solo dimostra l’eccezionalità della situazione che si era venuta a creare. Ma va chiarito subito che non si tratta di una nuova fuoriuscita illegale di documenti. Non è un leak , non è un Vatileak .
E non è un appunto, ma un memorandum - notifica, un atto formale. Chi lo ha scritto nella sua qualità di segretario del board - cioè Carl A. Anderson - infatti lo ha voluto rendere noto proprio per rispondere all’esigenza di totale trasparenza sulla vicenda e per fugare dubbi e illazioni sulle motivazioni della decisione stessa. «Nessuna ingerenza, nessuna decisione "politica", nessuno schieramento all’interno di presunte lotte di Curia», dichiara al Corriere.
«Noi - continua Anderson - abbiamo deciso in totale indipendenza, non solo senza pressioni di alcun tipo da parte di nessuno, e meno che meno da parte del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, ma senza neppure la minima influenza esterna». «La verità, purtroppo, è molto semplice», conclude. «La decisione effettiva è stata presa perché Gotti non svolgeva il suo lavoro di presidente di un ente finanziario e il board è responsabile della buona gestione e del buon andamento dell’Istituto».
Due cartelle fitte
Due cartelle fitte in inglese, con il timbro dello Ior. Si tratta di una «notifica del voto e della risoluzione di sfiducia (No confidence)» con la quale viene motivata la decisione. In nove punti sono stati precisati gli addebiti che hanno concluso la carriera di Gotti in Vaticano. La notifica è stata necessaria anche perché - è scritto nel memorandum - Gotti ha addirittura abbandonato l’edificio dello Ior senza attendere la decisione del consiglio.
Il documento è stato inviato giovedì stesso alla commissione cardinalizia di vigilanza che lo ha esaminato ed approvato. Ricostruisce la riunione del board di giovedì scorso. Riunione durante la quale il banchiere ha parlato per più di settanta minuti senza interruzione. Le stesse dichiarazioni rese da Gotti Tedeschi nel corso della riunione sono considerate la conferma di non aver fornito in passato adeguate informazioni al board.
I nove punti
Nelle motivazioni della mozione di sfiducia approvata sono sintetizzate le responsabilità attribuite a Gotti Tedeschi. Sono nove i punti indicati: 1) non aver svolto le funzioni base che spettano al presidente; 2) l’incapacità di essere informato e di informare il board rispetto all’attività dell’Istituto; 3) aver abbandonato o non aver preso parte a riunioni del board; 4) aver mostrato poca prudenza in dichiarazioni sull’Istituto; 5) non aver potuto fornire giustificazione formale per la diffusione di documenti in possesso del presidente; 6) aver diffuso informazioni non accurate sull’Istituto; 7) non aver difeso l’Istituto rispetto ad articoli di stampa inappropriati; 8) aver creato divisioni nell’Istituto; 9) aver tenuto un comportamento personale non coerente («erratic»). Tra i nove addebiti ci sono anche due punti molto delicati dal punto di vista dell’affidabilità. Il punto 5 e il punto 6. Ma in particolare il punto 5 relativo a documenti in possesso del solo presidente.
Tre ore per la sfiducia
Il Cda si è riunito alle 14, o pochi minuti più tardi, per discutere, tra le altre cose, della governance dell’Istituto. L’incontro si è tenuto negli uffici dell’Istituto, in inglese come da abitudine. Tutti i membri del consiglio erano presenti. «Durante l’incontro Lei di sua sponte ha deciso di affrontare la questione della governance e le è stata data l’opportunità di parlare liberamente su questa e gli altri temi in agenda. La sua dichiarazione è durata 70 minuti. E non è mai stata interrotta. Subito dopo le è stato chiesto se aveva qualcosa di altro da aggiungere. Poi le è stato chiesto di lasciare il consiglio». Verso le 15.40 è stata presentata una mozione di sfiducia nei confronti di Gotti. Intorno alle 17 il consiglio ha votato le motivazioni e deciso per la sfiducia: «Il consiglio di amministrazione dell’Istituto per le opere religiose non ha più fiducia nel presidente Ettore Gotti Tedeschi e raccomanda la discontinuità del suo mandato come presidente e membro di questo consiglio».
Maria Antonietta Calabrò
CORRIERE - GIAN GUIDO VECCHI
CITTÀ DEL VATICANO - Letta alla luce dell’indagine in corso è una frase terribile, quella di Gregorio Magno: «Colui che è preoccupato troppo della pace puramente umana, non si oppone più al malvagio e così dà ragione ai perversi, costui si separa dalla pace di Dio. È una grande colpa, venire a patti con la corruzione». La citazione è del cardinale Joseph Ratzinger e compare in una raccolta di interventi del 2001, un testo dell’allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede che l’ Osservatore Romano di oggi richiama in prima pagina. Ufficialmente, per celebrare i 35 anni di ordinazione episcopale del Papa, che divenne vescovo il 28 maggio 1977. Ma non c’è nulla di casuale, nella scelta di quell’intervento tra la sterminata produzione di Ratzinger, le parole del testo sulle responsabilità del vescovo «maestro custode della fede» sono un messaggio meditato: «II vescovo deve essere un uomo di pace, ma deve anche avere sale in se stesso; deve essere anche pronto al conflitto, laddove si tratta del vero bene, perché il sale non divenga scipito e noi non veniamo giustamente disprezzati e calpestati».
Il conflitto, la «lotta contro gli elementi di decomposizione». C’è una guerra in corso, Oltretevere. E l’inchiesta sul furto e la diffusione di documenti riservati del Papa e della Santa Sede non si ferma certo con l’arresto di Paolo Gabriele, l’«aiutante di Camera» del Papa che ha passato la terza notte nella camera di sicurezza vaticana. Lo descrivono impetrito e addolorato, in preghiera nella cella di quattro metri per quattro, chiuso nel silenzio a dispetto dei ripetuti interrogatori. Voci non confermate dicevano avesse cominciato ad ammettere e fare «un paio di nomi», anche perché è quello che si aspettano tutti: altri salteranno fuori, da settimane i sospetti si addensano su più persone, nessuno crede che il maggiordomo «laico» possa avere orchestrato da solo «Vatileaks» e si guarda ad un livello superiore, ecclesiastico. Per ora Gabriele è accusato solo di «furto aggravato». Perché i «corvi» sono più di uno e Oltretevere si attendono presto altri arresti. Padre Federico Lombardi allarga le braccia: «Se ci saranno altri atti da eseguire, si eseguiranno». Del resto i documenti consegnati ai media sono usciti da vari uffici: «Non può essere solo il maggiordomo» si dice.
Il clima è surreale, perché la Città del Vaticano è un modo piccolo e nei suoi 44 ettari si conoscono tutti, guardie e (sospetti) ladri. Ieri si è aperta l’«istruttoria formale», condotta dal giudice istruttore Piero Antonio Bonnet mentre la commissione cardinalizia voluta dal Papa e la Gendarmeria proseguono le indagini. Si compulsano tabulati telefonici, email, intercettazioni e, cosa notevole, conti bancari. Posto che il maggiordomo non abbia agito da solo, «il problema è capire se lo ha fatto per soldi, per rancore, perché legato a un "gruppo ideologico" magari avverso al cardinale Bertone o altro», si riflette.
Tra gli inquirenti si escludono «equivoci» di sorta. Gabriele è conosciuto come una persona per bene, «fedele e devota al Santo Padre», Benedetto XVI per primo è sconcertato e addolorato. Però la mole di documenti riservati trovata in casa del maggiordomo è «assai consistente», si parla di «casse» di carte. Le stanno controllando, alcune corrispondono a quelle fotocopiate e fatte uscire all’esterno. Soprattutto si parla di testi che potevano trovarsi solo nello studio privato del Papa perché non erano ancora usciti dall’Appartamento per essere archiviati in Segreteria di Stato. È stata questa la svolta nelle indagini, prima dell’arresto di Gabriele sono state sentite tutte le persone che hanno accesso all’abitazione del Pontefice, dai domestici alle Memores Domini. Fino alla perquisizione dell’appartamento dell’«assistente di Camera». C’erano anche apparecchiature fotografiche che tuttavia non dimostrano nulla, si precisa, «sono cose che chiunque potrebbe avere, niente di specifico».
Una personalità che non ama il Segretario di Stato azzarda: «Magari hanno incastrato il maggiordomo mettendogli le carte in casa, oppure potrebbe avere eseguito ordini superiori. Se sei fedele sei anche obbediente». E un altro: «Tutti sono intercettati, ci sono spie e cimici dappertutto, vuole che non lo sapesse? C’è la ragion di Stato, il fine buono giustifica mezzi cattivi...». Insinuazioni respinte con sdegno da chi indaga: non c’è nessun «capro espiatorio» per chiudere la faccenda. Però danno l’idea dell’aria che circola oltre le Mura leonine. Sullo sfondo ci sono conflitti che durano da anni, la nomina di Tarcisio Bertone a Segretario di Stato non è mai stata digerita dal cosiddetto «partito diplomatico» che lo ha considerato fin dall’inizio un corpo estraneo e il conflitto tra «vecchia» e «nuova» guardia, o meglio tra alcuni esponenti dell’una e dell’altra, non conosce tregua. Non sono tutti come il cardinale Walter Kasper, uno dei massimi teologi viventi, che ora è serenamente in pensione e sospira: «Sono molto rattristato per il Santo Padre, l’unica cosa che posso fare per lui è pregare. Che queste fughe di notizie fossero sporche si sapeva, ora mi aspetto che venga rivelata tutta la verità».
Benedetto XVI ha scritto con particolare attenzione l’omelia di oggi. Pentecoste significa «dialogo e comunione» e si contrappone alla «confusione di Babele che insidia sempre la società e la Chiesa», rifletteva ieri padre Lombardi su Radio Vaticana. Lunedì, rivolto ai cardinali, il Papa aveva parlato del combattimento della Chiesa «militante» che lotta per il bene e contro il male, ha ricordato il portavoce vaticano: «Sant’Ignazio di Loyola, con immagini diverse, ci dice la stessa cosa: dobbiamo scegliere se stare sotto la bandiera del demonio o sotto quella di Gesù». Morale: «Sotto la prima bandiera ci si arruola cercando la ricchezza, l’onore vano, la superbia, e di qui tutti gli altri vizi; sotto quella di Gesù amando la povertà - spirituale e materiale -, le umiliazioni, l’umiltà, e di qui tutte le altre virtù. Chiaro, no? Attuale, non è vero?».
Gian Guido Vecchi