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 2012  maggio 27 Domenica calendario

NOZZE GAY PER I SUPEREROI. SVOLTA DEGLI X-MEN —

L’America delle multinazionali del fumetto che aprono ai personaggi apertamente omosessuali con «X-Men» della Marvel, che a fine giugno celebrerà il primo matrimonio gay dei suoi supereroi, è anche il Paese nel quale più di quaranta Stati vietano, in un modo o nell’altro, le unioni tra persone dello stesso sesso.
Da Washington (capitale) nel quale i matrimoni gay sono legali a Washington (Stato) che - proiettato nel futuro sulle ali di Microsoft, Amazon, Starbucks e Boeing - a novembre voterà, invece, per vietarlo: l’America rimane il palcoscenico straordinariamente vitale, ma anche pieno di contraddizioni. Un arcipelago di nuclei sociali che evolvono molto rapidamente ma a velocità diverse e nel quale i cambiamenti, soprattutto sui temi a Sfondo etico-religioso, producono conflitti e fratture non sempre sanabili.
Lo sa Barack Obama che, dopo anni nei quali si era autodefinito «in evoluzione» su questa delicata materia, poche settimane fa ha completato il capovolgimento delle sue posizioni iniziali: ora la Casa Bianca è ufficialmente favorevole alle unioni gay. E lo sanno i signori dei «comics» che (solo apparentemente) sposano la svolta progressista del presidente: la Marvel, società che fa parte della grande istituzione Usa del divertimento, la Disney, ha deciso che farà sposare il suo supereroe Northstar, nella vita «civile» il franco-canadese Jean Beaubier, con Kyle Jinadu, l’afroamericano privo di superpoteri col quale è fidanzato da anni. Si muove anche la rivale DC Comics che ha subito annunciato la decisione di far fare «outing», proclamando la sua omosessualità, a uno dei suoi personaggi più popolari (e in scuderia la società ha «pezzi da 90» come Batman e Superman).
Ma non si tratta dello stesso gruppo che anni fa protestò vibratamente quando una galleria di New York ospitò opere d’arte sul tema «Batman e Robin gay»? «Sì, ma da allora il nostro atteggiamento ha avuto un’evoluzione» spiega Dan DiDio, manager della DC Comics, prendendo a prestito l’espressione di Obama.
DiDio crea, poi, una calcolata incertezza su quale personaggio si dichiarerà gay. Molti scommettono su Batman, ma per i «bookmaker» la società vuole «tastare il terreno» usando un eroe popolare, ma non di primissima fila: il favorito, per loro, è Flash, dato a 13. Seguono Wildcat e Lanterna Verde (dati a 15) mentre Batman e Superman sono più indietro, a 17. Improbabile la reincarnazione gay del perfido Jocker, data a 19.
Insomma, l’industria del fumetto si muove con prudenza e, nonostante le apparenze, non lo fa sulla scia di Obama: «Abbiamo cominciato a lavorare su Northstar un anno fa, quando i matrimoni gay divennero legali a New York», dice Tom Brevoort, direttore di progetto della Marvel. «Non si poteva ignorare la realtà: molti dei nostri personaggi vivono a Manhattan e le nostre storie funzionano meglio quando coniugano fantasia e realtà».
Insomma l’industria costruita su queste icone della cultura pop va per la sua strada, ma con motivazioni, in fondo, non molto diverse da quelle di Obama: come il presidente che rischia sfidando l’elettorato conservatore e religioso, così Marvel e DC Comics hanno deciso di andare avanti nonostante le proteste e le minacce di boicottaggio dell’American Family Association e di OMM, le madri conservatrici di One Million Moms.
Obama ha certo motivazioni profonde diverse da quelle dell’industria dell’«entertainment», ma alla fine tutti si muovono seguendo i dati dei sondaggi demoscopici: quello, recentissimo, ABC-Washington Post dice che il 53 per cento degli americani è favorevole ai matrimoni gay, mentre il 39 per cento è contrario. Dieci anni fa i favorevoli erano solo il 36 per cento. Un cambiamento netto, dipeso solo in misura ridottissima dalla presa di posizione di Obama: il sorpasso dei «pro gay» risale, infatti, a un anno fa.
Le indagini nazionali, però, significano relativamente poco. Perfino la California progressista ha votato per l’incostituzionalità delle unioni omosex. Obama rischia, perché i favorevoli sono soprattutto i giovani, che vanno alle urne meno degli anziani, e i cittadini delle due coste: Stati democratici che il presidente conquisterà comunque, ma che non gli garantiscono la rielezione. Per quella dovrà spuntarla di nuovo in quelli conservatori che quattro anni fa aveva strappato ai repubblicani.
Anche per questo i democratici faranno la loro «convention» in North Carolina, Stato conservatore ma moderato e quindi recuperabile. Un mese fa, però, proprio qui sono state messe al bando le unioni gay. E nei giorni scorsi un pastore battista locale, Charles Worley, è finito sulle tv di mezzo mondo per il suo sermone incendiario nel quale propone di rinchiudere gli omosessuali in grandi campi di concentramento. Oggi le associazioni dei diritti civili scenderanno in piazza contro di lui.
Worley è un caso limite, ma è chiaro che la questione da delicata rischia di farsi incandescente. C’è però un altro numero dei sondaggi che fa pensare a Obama (e ai signori del fumetto) di aver scelto in modo lungimirante, oltre che civile: a parte il saliscendi di favorevoli e contrari, in un’ottica di lungo periodo, conta soprattutto il fatto che 71 americani su cento dicono di avere almeno un gay tra amici e parenti.
Massimo Gaggi