B. Bar., Corriere della Sera 27/05/2012, 27 maggio 2012
NESSUNA AMMISSIONE, «PAOLETTO» IN CELLA PREGA E TACE —
«Attualmente la magistratura ha contestato a Paolo Gabriele semplicemente il reato di furto aggravato. Siamo ad uno stadio molto iniziale del procedimento penale». È direttamente il portavoce vaticano padre Federico Lombardi a fare il punto delle indagini dopo l’arresto del maggiordomo del Papa accusato di essere uno dei «corvi» che hanno sottratto documenti riservati del Papa e della Santa Sede pubblicati nel libro «Sua Santità».
Nella sua abitazione sono stati rinvenuti «documenti riservati», mentre le indagini proseguono con il controllo di tabulati telefonici e di documenti bancari alla ricerca di nuove prove e soprattutto dei suoi complici, perché gli investigatori sono certi che Gabriele non ha agito da solo. Finora il maggiordomo del Papa si sarebbe rifiutato di rispondere alle domande dei magistrati vaticani. Prega.
La prima fase di «istruttoria sommaria» sotto la direzione del Promotore di Giustizia si è già conclusa ed è stata avviata la fase di «istruttoria formale» condotta dal giudice istruttore Piero Antonio Bonnet. «La fase istruttoria — ha spiegato padre Lombardi — proseguirà fino a che non sia acquisito un quadro adeguato della situazione oggetto d’indagine, dopodiché il giudice istruttore procederà al proscioglimento o al rinvio a giudizio».
Insomma, non sono ancora troppo lunghe le giornate di Paolo Gabriele da quando mercoledì sera è stato prelevato dai gendarmi pontifici e trasferito nella camera di sicurezza del Palazzo dei Tribunali a piazza Santa Marta. Lo diverranno sicuramente quando si esauriranno gli interrogatori e inizierà la fase processuale vera e propria.
«Paoletto», come è conosciuto da tutti in Vaticano, si trova ora nella nuova camera di sicurezza realizzata quattro anni fa con la ristrutturazione degli Uffici della gendarmeria al piano terra dell’edificio e che ora inaugura proprio lui.
Prima colazione alle otto del mattino, pranzo alle tredici, cena alle otto di sera, tutti pasti che due gendarmi portano in macchina dalla mensa della caserma nel cortile dietro la via del Pellegrino, a pochi passi dalla sede dell’Osservatore Romano e a pochi metri da dove Paolo Gabriele abita con la moglie Manuela Citti e i tre figli.
Nella camera che sostituisce di fatto le tre celle che si trovano accanto all’aula del Tribunale, ormai utilizzate dai magistrati per la loro attività, non c’è altro che un letto, una sedia e un tavolino. La camera dispone di aria climatizzata e di una minuscola finestra che si apre su un cortiletto. Un piccolo bagno è adiacente alla cella.
Dopo i primi interrogatori Gabriele vive in isolamento. La moglie ha potuto fargli avere degli indumenti, delle medicine, ben controllate dai gendarmi, e alcuni libri dal momento che nella cella non è previsto neppure lo svago della televisione. Non è stata autorizzata a incontrare il marito. La giornata di ieri è stata riempita da una lunga conversazione con i due avvocati che gli sono stati proposti d’ufficio. Previsioni sui tempi dell’inchiesta, ovviamente, non se ne fanno. Padre Lombardi si limita ad allargare le braccia e a guardare lontano.
B. Bar.