Franca Porciani, Corriere della Sera 26/05/2012, 26 maggio 2012
LA RIVINCITA DELLA X E DELLA K - C’è
chi parla di vernacolo del web, c’è chi grida all’imbarbarimento dell’italiano. I linguisti, invece, non si scompongono più di tanto, convinti che l’idioma del nostro Paese (unito) sia troppo giovane per alzare steccati protezionistici. Intanto avanza un nuovo lessico, nato nel traffico della posta elettronica (invia email un terzo della popolazione italiana) cresciuto sulla ribalta di Facebook (venti milioni di iscritti nel nostro Paese), e su quella di Twitter e nel continuo messaggiare dei cellulari (due terzi dei connazionali ne fanno un uso appassionato).
Fenomeno globale che si declina in modo curioso nelle varie lingue. In Gran Bretagna certi acronimi diffusi nel web come OMG (oh my God, mio Dio), o LOL (laugh out loud, ridendo ad alta voce) sono ormai così diffusi che l’Oxford English Dictionary li ha inseriti tra i termini dell’inglese corretto. E nel nuovo linguaggio digitale, LOL anche in Italia indica la risata.
Un esempio di questo gergo? Ke ironia qnd alla Ale kiedevo ke cs trovasse in quel bastardo di Guido xché ero certa ke lui fosse 1 bastardo. Oppure, ieri pom sn andata dal dottore con mammy ..poi m ha kiamato vale e sn andata ai giardi.
Destreggiandosi fra troncamenti, sostituzioni e elisioni, si capisce che la «k» ha vinto sulla «c», la «x» sul «per» e che le vocali tendono a scomparire perché la grafia consonantica è più veloce e comunicativa (sono tutti gesti in meno da fare sulla tasteria).
Un Medioevo ortografico? Forse no: nell’Ottocento quando le tariffe postali erano a carico del destinatario e si scrivevano quintali di lettere, le abbreviazioni andavano alla grande: ad esempio, 8bre, per ottobre, Xbre per dicembre, T.V. Tutto Vostro, C.A. Caro Amico e via andando. Adesso il fenomeno è più innovativo, come sottolinea Salvatore Maiorana, docente di lingua inglese all’università di Firenze, esperto di didattica delle lingue: «Si sta rompendo la struttura tradizionale dell’italiano a favore di una nuova costruzione analogica, quasi sensoriale. Senza dimenticare i tanti anglismi come i verbi postare (mettere un post), googlare (fare una ricerca), taggare (da Facebook: identificare una persona in una foto con una etichetta che porta il suo nome così da renderlo riconoscibile in rete), twittare.»
Certo è che alcune caratteristiche di questa scrittura digitale/digitata sono creative: l’uso enfatico del maiuscolo «Chi è il PORCONE mascherato da...», l’accumulo dei punti esclamativi e interrogativi in stile fumetto per esprimere le emozioni, l’aggiunta di faccine, ottenute combinando trattini, parentesi e punti di punteggiatura, le cosiddette emoticons, utilizzate più nelle email e su Facebook che negli sms perché scomode da digitare sulla tastiera del cellulare.
«Niente di scandaloso, a parer mio, né di preoccupante — sostiene Giuseppe Antonelli, docente di linguistica all’università di Cassino che segue questo fenomeno da tempo —; siamo di fronte ad un e-italiano neopopolare, mutazione tecnologica della lingua scritta che coinvolge tutti, ma soprattutto i giovani, anche quelli che sanno tenere a malapena la penna in mano. La brevità, la velocità e l’emotività ne sono i capisaldi. In tutto questo c’è un fenomeno di fondo straordinario: finalmente si è aperta la porta a un accesso di massa alla scrittura come non si era mai visto in Italia. L’italiano scritto è stato sempre riservato alle classi elevate, mentre non è esistito fino agli anni Cinquanta (non era riuscita a crearlo nemmeno la nascita del Regno d’Italia) un italiano parlato su scala nazionale. Negli ultimi cinquant’anni grazie soprattutto alla televisione, si è approdati a una lingua unitaria, però esclusivamente orale. Ora, la telematica riesce a diffondere un uso scritto della lingua, e quotidiano».
«È un mondo in fermento con tanti aspetti di grande interesse sotto il profilo lessicale — commenta Vera Gheno, sociolinguista che all’Accademia della Crusca studia i nuovi linguaggi digitali —. Non dobbiamo guardarlo con diffidenza: l’italiano è molto più mobile di quanto venga percepito abitualmente e, soprattutto, è una lingua giovane, nata a livello nazionale da poco più di un secolo». Altrettanto morbido l’atteggiamento di Mirko Tavonasis, ricercatore in linguistica dell’università di Pisa che in L’italiano sul web, pubblicato di recente da Carocci, scrive: «Le deformazioni inserite in questo genere di scrittura testimoniano un semialfabetismo? Con ogni evidenza, no. Scrivere in questo modo è verosimilmente più difficile che seguire lo standard. Anzi, richiede un discreto livello di creatività grafica. Sembra dubbio che queste forme espressive possano recare danno alla capacità di scrittura tradizionale».
Intanto chi digita si lancia in operazioni ardite, non sempre riuscite: suscita un certo orrore, ad esempio, la versione de I Promessi Sposi in formato sms inviata da un lettore al Corriere.it : sul lago 2 giovani 1 prete pavido 2 bravi 1 cattivo 1 monaca: la peste a Mi nel 1600. End, matr.monio; bene vince su male.
Eppure questa letteratura tramite cellulare, fenomeno singolare dell’emergente società della comunicazione breve, sembra aver preso piede in Cina e in Giappone, dove il romanzo diffuso via sms conta oltre 700.000 titoli con il successo clamoroso di Ayu no monogatari (Amore profondo). Si tratta di testi lunghi tra le 200 e le 500 schermate, rivolti agli adolescenti, una specie di nuovo genere letterario, che in giapponese si chiama, appunto, keitai shosetsu (romanzo da cellulare).
Moda che comincia ad affacciarsi anche in Europa, e in Italia ha trovato un’interprete in Luana Modini che ha scelto la formula del diario per esprimersi con il nuovo linguaggio degli sms in Cuore nuovo (30 giorni ai 18) edito da Lindau.
Franca Porciani