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 2012  maggio 28 Lunedì calendario

MILANO —

Parsimonia e amicizia devono essere due valori molto cari a Roberto Formigoni, altrimenti non si riesce a capire come il presidente della Regione Lombardia, che dichiara redditi per poco meno di 100.000 euro netti l’anno, nella primavera 2011 abbia dato 1 milione e 100.000 euro — cioè l’equivalente di 11 anni di entrate interamente risparmiate senza spendere neppure un centesimo per mangiare o vestirsi o pagare le bollette — al suo amico e convivente (nella comunità ciellina dei Memores Domini) Alberto Perego. Il quale, dopo una settimana, li ha usati per unirli a un mutuo da 1,5 milioni e rimpolpare così il gruzzolo con cui al rogito di fine ottobre 2011 è diventato il solo acquirente formale — per un prezzo pattuito in 3 milioni di euro ma sulla cui congruità sono in corso accertamenti — di una lussuosa villa in Sardegna da 13 vani, vendutagli da una società dietro la quale c’era, guarda caso, Pierangelo Daccò.
«Le leve
della discrezionalità»
Daccò è proprio il mediatore arrestato appena 7 giorni dopo quel rogito. Lui per primo dice di non essere un tecnico della sanità, e tuttavia era conteso da ospedali privati che come San Raffaele e Maugeri facevano a gara a ricoprirlo di decine di milioni di euro per la sua misteriosa abilità nell’«aprire le porte in Regione Lombardia» e nello spuntare prestazioni e pagamenti aggiuntivi grazie alla sua capacità di «giocare» e «muovere le leve della discrezionalità dell’ente pubblico». Autodefinizioni dello stesso uomo d’affari che, teorizzando d’aver «sfruttato la mia conoscenza personale con Formigoni per accreditarmi presso i miei clienti», ammette d’aver ripetutamente pagato al governatore (quasi sempre senza rimborsi) e a Perego vacanze ai Caraibi e in Costa Azzurra, in resort di lusso, su aerei privati e sullo yacht «Ad Maiora». E in particolare d’aver ceduto per 4 mesi nel 2007 in esclusiva a Perego e Formigoni un altro yacht, «Ojala», stipulando con Perego contratti fittizi per far figurare un noleggio e coprire il fatto che i teorici 144.000 euro di canone non gli venissero in realtà pagati.
Dalla condanna
alla Sardegna
La figura di Perego, commercialista con società a Torino, persona che secondo Antonio Simone «anni fa teneva la contabilità del Movimento Popolare», diventa così sempre più interessante nelle vicende di Formigoni, a margine delle quali era già comparso quando pochi mesi fa era stato condannato in primo grado a 4 mesi (pena sospesa) per falsa testimonianza per aver negato di essere il beneficiario di un conto bancario svizzero nell’inchiesta «Oil for Food» sul rappresentante personale di Formigoni in Iraq, Marco Mazarino De Petro, la cui condanna per corruzione internazionale si è prescritta in appello.
Adesso, invece, Perego compare come il beneficiario di un bonifico, assolutamente alla luce del sole da conto a conto bancario, con il quale Formigoni il 13 maggio 2011 gli destina 1 milione di euro (con la causale «mutuo concordato»), aggiungendo il 17 giugno un secondo bonifico da 100.000 euro. Il governatore guadagna circa 100.000 euro netti l’anno: anche spalmando a ritroso lo stesso attuale livello di reddito, e salvo che la provvista di denaro origini da eredità o da dismissioni di proprietà, il milione e 100.000 a Perego vale dunque quanto 11 anni di stipendi interamente accantonati da Formigoni, come se fosse vissuto solo d’aria nell’ultimo decennio.
I versamenti
dal 2005 al 2009
Ma l’altra particolarità è che, se questo milione e 100.000 coincide con l’acquisto di Perego della villa costruita da Daccò in Costa Smeralda, esistono altre ingenti e frequenti somme di denaro che negli anni passati Formigoni ha destinato all’amico Perego. Questi versamenti cominciano nel 2005 e proseguono almeno sino al 2009: a volte sono 25.000 euro, altre volte 50.000, ci sono anche punte da 70.000, e alla fine il totale supera i 350.000 euro. Cifra che anch’essa interpella la natura dei rapporti patrimoniali tra Formigoni e il commercialista.
Quest’ultimo è, in base alle carte anche qui alla luce del sole, l’acquirente il 28 ottobre 2011 della villa di 13 vani nella frazione Li Liccioli del comune di Arzachena, in provincia di Oristano: uno splendido immobile inserito nel consorzio Costa Smeralda (vicino a Cala di Volpe e al Pevero Golf Club) e dichiarato al valore catastale come prima casa di 445.000 euro, che Perego compra per 3 milioni dalla società «Limes srl» facente capo a Daccò, arrestato di lì a poco il 15 novembre. Perego paga in due rate. Un bonifico di 1,5 milioni il 20 maggio 2011, sette giorni dopo l’aiuto di 1 milione da Formigoni; e gli altri 1,5 milioni al rogito il 28 ottobre con un mutuo bancario.
La valutazione
e il prezzo «anomalo»
L’acquisto è sotto la lente degli accertamenti per due profili. Il primo è la congruità del prezzo o l’esistenza di un maxisconto di favore. Daccò, interrogato, ha sostenuto di aver interpellato «un perito» e di aver «verificato la valutazione dell’Agenzia delle Entrate», fissando il prezzo in 3 milioni perché le due stime «collimavano tra i 2,7 e i 3,2 milioni di euro». Ma esistono altre valutazioni che, per immobili comparabili in zona, stimano prezzi ben maggiori e persino doppi. Il secondo aspetto a incuriosire è il fatto che, dei tre lotti costruiti nel 2006, due furono venduti presto nel 2007 anche se non si sa bene a chi (visto che uno andò per 5,7 milioni a una società lussemburghese, e l’altro per 1,4 milioni a una società italiana controllata però da una lussemburghese), mentre questo sarebbe rimasto non a profitto ma sul groppone della «Limes srl» fino alla vendita nel 2011 a Perego. Eppure Formigoni e Perego sono stati in questa villa già prima, «li ho ospitati anche prima dell’acquisto di Perego affinché la provasse», dice Daccò. Solo che esiste un unico contratto d’affitto a Perego e per il solo mese di agosto 2011 al costo di 20.000 euro. E invece Antonio Simone, in uno dei primi interrogatori, ai pm ha detto una cosa diversa: «Perego passava lunghi periodi in Sardegna dove ha acquistato un’abitazione che gli ha venduto Daccò».
I 40 milioni di dollari
ai Caraibi
Per Daccò, del resto, dopo 6 mesi di arresti e con il primo processo per il San Raffaele all’orizzonte il 27 giugno, arrivano nuove complicazioni. Non solo il suo primo fiduciario svizzero, Giancarlo Grenci, ma anche il secondo, Sandro Fenyo, ha di fatto svelato altri pezzi del mondo-Daccò. «Una mail inviata da Fenyo alla Bsi di Lugano», ad esempio, ha indirettamente consegnato ai pm «l’apertura del conto della società panamense Sikri Investments Inc., nella quale è riportata la situazione patrimoniale di Daccò anche con riferimento a proprietà immobiliari nei Caraibi per un valore di oltre 40 milioni di dollari».
Luigi Ferrarella