Gabriele Beccaria, La Stampa TuttoScienze, 23.5.12, 27 maggio 2012
“Gli alieni che inventarono il mondo moderno” Gli invisibili fili che legano il Seicento e i saperi dell’era di jet e computer Hanno inventato il mondo che conosciamo, ma non erano come noi
“Gli alieni che inventarono il mondo moderno” Gli invisibili fili che legano il Seicento e i saperi dell’era di jet e computer Hanno inventato il mondo che conosciamo, ma non erano come noi. Sulle loro teste spiccavano vistose parrucche, spesso infestate dai pidocchi. E, dentro, si agitavano cervelli altrettanto bizzarri. Edward Dolnick, matematico di formazione e reporter scientifico di professione, ha viaggiato nelle esistenze e nelle menti dei creatori della scienza e ha condensato l’avventura nel saggio «L’Universo Meccanico». Perché uno scienziato del XXI secolo sarebbe a disagio in un’immaginaria conversazione con un collega di mezzo millennnio fa? «Galileo e Newton e gli altri grandi del XVII secolo credevano che la loro missione fosse onorare la magnificenza della creazione divina. La scienza era una forma di omaggio religioso. Gli scienziati moderni non hanno questa fede. Credono anche loro che il mondo abbia un ordine naturale che gli esseri umani possono scoprire, ma sulle ragioni di questo ordine nessuno si sogna di dare una risposta. “L’eterno mistero del mondo - ha detto Einstein - è la sua comprensibilità”». Com’è stato possibile il rovesciamento? Oggi quasi nessuno crede nella coesistenza di scienza e religione: la ricerca è, salvo poche eccezioni, atea. «I titani della scienza credevano che con il loro lavoro avrebbero dimostrato il genio cosmico di Dio. Ciò che non avrebbero mai sospettato è che l’effetto sarebbe stato espellerlo dalla scena. Svelando che l’Universo segue rigide leggi matematiche, resero Dio irrilevante. C’è un orologio che funziona da solo. E, una volta partito, l’orologiaio non ha più alcun ruolo». Il mondo del XVII secolo era pericoloso e permeato dal senso di un’imminente apocalisse e il nostro condivide molte angosce simili. Ma intanto com’è cambiato il ruolo della scienza? «Violenza e malattie, nel XVII secolo, erano minacce costanti. Le grandi città avevano più aspetti in comune con le megalopoli del Terzo Mondo di oggi che con la Londra o la Parigi del presente. E la scienza giocava due ruoli contraddittori. Da una parte sia gli scienziati sia la gente credevano che il mondo si avvicinasse alla fine e gli studiosi si sforzavano di capire come questa sarebbe avvenuta. Dall’altra parte la scienza diffondeva speranza e ottimismo, dato che ricerca e tecnologia erano diventate strette alleate. Le scoperte scientifiche contenevano la promessa di nuove macchine e di condizioni di vita migliori. Anche oggi siamo allo stesso tempo pessimisti e ottimisti, sebbene i motivi siano cambiati. Il pessimismo nasce dalla sensazione che i problemi siano intrattabili e la scienza stessa è vista sotto una doppia luce: dobbiamo ancora decidere se il mito più appropriato sia Prometeo che regala il fuoco all’umanità o Frankenstein che fugge dal laboratorio». La scienza è nata anche grazie a un’instituzione come la Royal Society: che cos’è rimasto della sua eredità? «La sua caratteristica più straordinaria resta l’improvvisazione: geni incomparabili ed eccentrici folli si riunivano allo stesso tavolo. Quasi nulla era conosciuto - come respirano gli animali? O come brucia il fuoco? - e qualunque teoria veniva testata. Oggi la scienza è così formalistica e ufficiale che un atteggiamento simile non sarebbe più possibile». E, a proposito di stranezze, su tutti spicca Newton: lei lo descrive come un alieno. «Newton è stato uno dei più strani esseri mai vissuti: un irascibile recluso che morì vergine e un gigante della scienza che considerava le proprie ricerche come un’attività tra tante. Credo che ci sia ancora molto da scoprire su di lui, perché la maggior parte delle biografie lo ritraggono in modo impreciso, come un intellettuale prossimo allo scienziato diFusarium solani .