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 2012  maggio 27 Domenica calendario

ROMA —

«Il nostro maggiore desiderio è la trasparenza». Carl A. Anderson, americano, presidente (Cavaliere supremo) dei Cavalieri di Colombo, parla come membro del board dello Ior, il consiglio d’amministrazione dell’Istituto per le opere di religione, composto oltre che da lui stesso, da Ronaldo Hermann Schmitz ex ad della Deutsche Bank, Manuel Soto Serrano, spagnolo (presidente del Santander, la banca da cui proveniva Gotti) e dall’avvocato e notaio italiano Antonio Maria Marocco.
«Ognuno di noi — spiega Anderson — ha una solida reputazione, ma è difficile lavorare con un’immagine di trasparenza, se poi dietro l’immagine la trasparenza non c’è. Gotti non si dedicava all’Istituto, non era concentrato sul suo lavoro, non si informava e non riferiva al board, spesso non partecipava al consiglio. Noi abbiamo dovuto decidere, abbiamo dovuto votare la sfiducia nei suoi confronti: questo passo doveva essere fatto. L’immagine dell’Istituto era danneggiata. Noi siamo stati mossi dal desiderio di promuovere la trasparenza e rimettere in moto l’Istituto, cosa di cui Gotti parlava sempre ma non faceva».
Situazione eccezionale
Anderson, nella riunione del board di giovedì scorso che si è chiusa con la destituzione di Gotti Tedeschi, è stato il segretario del consiglio e ha stilato il memorandum che è stato notificato al banchiere. È il documento che pubblichiamo e che da solo dimostra l’eccezionalità della situazione che si era venuta a creare. Ma va chiarito subito che non si tratta di una nuova fuoriuscita illegale di documenti. Non è un leak, non è un Vatileak.
E non è un appunto, ma un memorandum — notifica, un atto formale. Chi lo ha scritto nella sua qualità di segretario del board — cioè Carl A. Anderson — infatti lo ha voluto rendere noto proprio per rispondere all’esigenza di totale trasparenza sulla vicenda e per fugare dubbi e illazioni sulle motivazioni della decisione stessa. «Nessuna ingerenza, nessuna decisione "politica", nessuno schieramento all’interno di presunte lotte di Curia», dichiara al Corriere.
«Noi — continua Anderson — abbiamo deciso in totale indipendenza, non solo senza pressioni di alcun tipo da parte di nessuno, e meno che meno da parte del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, ma senza neppure la minima influenza esterna». «La verità, purtroppo, è molto semplice», conclude. «La decisione effettiva è stata presa perché Gotti non svolgeva il suo lavoro di presidente di un ente finanziario e il board è responsabile della buona gestione e del buon andamento dell’Istituto».
Due cartelle fitte
Due cartelle fitte in inglese, con il timbro dello Ior. Si tratta di una «notifica del voto e della risoluzione di sfiducia (No confidence)» con la quale viene motivata la decisione. In nove punti sono stati precisati gli addebiti che hanno concluso la carriera di Gotti in Vaticano. La notifica è stata necessaria anche perché — è scritto nel memorandum — Gotti ha addirittura abbandonato l’edificio dello Ior senza attendere la decisione del consiglio.
Il documento è stato inviato giovedì stesso alla commissione cardinalizia di vigilanza che lo ha esaminato ed approvato. Ricostruisce la riunione del board di giovedì scorso. Riunione durante la quale il banchiere ha parlato per più di settanta minuti senza interruzione. Le stesse dichiarazioni rese da Gotti Tedeschi nel corso della riunione sono considerate la conferma di non aver fornito in passato adeguate informazioni al board.
I nove punti
Nelle motivazioni della mozione di sfiducia approvata sono sintetizzate le responsabilità attribuite a Gotti Tedeschi. Sono nove i punti indicati: 1) non aver svolto le funzioni base che spettano al presidente; 2) l’incapacità di essere informato e di informare il board rispetto all’attività dell’Istituto; 3) aver abbandonato o non aver preso parte a riunioni del board; 4) aver mostrato poca prudenza in dichiarazioni sull’Istituto; 5) non aver potuto fornire giustificazione formale per la diffusione di documenti in possesso del presidente; 6) aver diffuso informazioni non accurate sull’Istituto; 7) non aver difeso l’Istituto rispetto ad articoli di stampa inappropriati; 8) aver creato divisioni nell’Istituto; 9) aver tenuto un comportamento personale non coerente («erratic»). Tra i nove addebiti ci sono anche due punti molto delicati dal punto di vista dell’affidabilità. Il punto 5 e il punto 6. Ma in particolare il punto 5 relativo a documenti in possesso del solo presidente.
Tre ore per la sfiducia
Il Cda si è riunito alle 14, o pochi minuti più tardi, per discutere, tra le altre cose, della governance dell’Istituto. L’incontro si è tenuto negli uffici dell’Istituto, in inglese come da abitudine. Tutti i membri del consiglio erano presenti. «Durante l’incontro Lei di sua sponte ha deciso di affrontare la questione della governance e le è stata data l’opportunità di parlare liberamente su questa e gli altri temi in agenda. La sua dichiarazione è durata 70 minuti. E non è mai stata interrotta. Subito dopo le è stato chiesto se aveva qualcosa di altro da aggiungere. Poi le è stato chiesto di lasciare il consiglio». Verso le 15.40 è stata presentata una mozione di sfiducia nei confronti di Gotti. Intorno alle 17 il consiglio ha votato le motivazioni e deciso per la sfiducia: «Il consiglio di amministrazione dell’Istituto per le opere religiose non ha più fiducia nel presidente Ettore Gotti Tedeschi e raccomanda la discontinuità del suo mandato come presidente e membro di questo consiglio».
M. Antonietta Calabrò