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 2012  maggio 27 Domenica calendario

ARTICOLI SULL’INCHIESTA IN VATICANO


CORRIERE DELLA SERA - GIAN GUIDO VECCHI
CITTÀ DEL VATICANO — Letta alla luce dell’indagine in corso è una frase terribile, quella di Gregorio Magno: «Colui che è preoccupato troppo della pace puramente umana, non si oppone più al malvagio e così dà ragione ai perversi, costui si separa dalla pace di Dio. È una grande colpa, venire a patti con la corruzione». La citazione è del cardinale Joseph Ratzinger e compare in una raccolta di interventi del 2001, un testo dell’allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede che l’Osservatore Romano di oggi richiama in prima pagina. Ufficialmente, per celebrare i 35 anni di ordinazione episcopale del Papa, che divenne vescovo il 28 maggio 1977. Ma non c’è nulla di casuale, nella scelta di quell’intervento tra la sterminata produzione di Ratzinger, le parole del testo sulle responsabilità del vescovo «maestro custode della fede» sono un messaggio meditato: «II vescovo deve essere un uomo di pace, ma deve anche avere sale in se stesso; deve essere anche pronto al conflitto, laddove si tratta del vero bene, perché il sale non divenga scipito e noi non veniamo giustamente disprezzati e calpestati».
Il conflitto, la «lotta contro gli elementi di decomposizione». C’è una guerra in corso, Oltretevere. E l’inchiesta sul furto e la diffusione di documenti riservati del Papa e della Santa Sede non si ferma certo con l’arresto di Paolo Gabriele, l’«aiutante di Camera» del Papa che ha passato la terza notte nella camera di sicurezza vaticana. Lo descrivono impetrito e addolorato, in preghiera nella cella di quattro metri per quattro, chiuso nel silenzio a dispetto dei ripetuti interrogatori. Voci non confermate dicevano avesse cominciato ad ammettere e fare «un paio di nomi», anche perché è quello che si aspettano tutti: altri salteranno fuori, da settimane i sospetti si addensano su più persone, nessuno crede che il maggiordomo «laico» possa avere orchestrato da solo «Vatileaks» e si guarda ad un livello superiore, ecclesiastico. Per ora Gabriele è accusato solo di «furto aggravato». Perché i «corvi» sono più di uno e Oltretevere si attendono presto altri arresti. Padre Federico Lombardi allarga le braccia: «Se ci saranno altri atti da eseguire, si eseguiranno». Del resto i documenti consegnati ai media sono usciti da vari uffici: «Non può essere solo il maggiordomo» si dice.
Il clima è surreale, perché la Città del Vaticano è un modo piccolo e nei suoi 44 ettari si conoscono tutti, guardie e (sospetti) ladri. Ieri si è aperta l’«istruttoria formale», condotta dal giudice istruttore Piero Antonio Bonnet mentre la commissione cardinalizia voluta dal Papa e la Gendarmeria proseguono le indagini. Si compulsano tabulati telefonici, email, intercettazioni e, cosa notevole, conti bancari. Posto che il maggiordomo non abbia agito da solo, «il problema è capire se lo ha fatto per soldi, per rancore, perché legato a un "gruppo ideologico" magari avverso al cardinale Bertone o altro», si riflette.
Tra gli inquirenti si escludono «equivoci» di sorta. Gabriele è conosciuto come una persona per bene, «fedele e devota al Santo Padre», Benedetto XVI per primo è sconcertato e addolorato. Però la mole di documenti riservati trovata in casa del maggiordomo è «assai consistente», si parla di «casse» di carte. Le stanno controllando, alcune corrispondono a quelle fotocopiate e fatte uscire all’esterno. Soprattutto si parla di testi che potevano trovarsi solo nello studio privato del Papa perché non erano ancora usciti dall’Appartamento per essere archiviati in Segreteria di Stato. È stata questa la svolta nelle indagini, prima dell’arresto di Gabriele sono state sentite tutte le persone che hanno accesso all’abitazione del Pontefice, dai domestici alle Memores Domini. Fino alla perquisizione dell’appartamento dell’«assistente di Camera». C’erano anche apparecchiature fotografiche che tuttavia non dimostrano nulla, si precisa, «sono cose che chiunque potrebbe avere, niente di specifico».
Una personalità che non ama il Segretario di Stato azzarda: «Magari hanno incastrato il maggiordomo mettendogli le carte in casa, oppure potrebbe avere eseguito ordini superiori. Se sei fedele sei anche obbediente». E un altro: «Tutti sono intercettati, ci sono spie e cimici dappertutto, vuole che non lo sapesse? C’è la ragion di Stato, il fine buono giustifica mezzi cattivi...». Insinuazioni respinte con sdegno da chi indaga: non c’è nessun «capro espiatorio» per chiudere la faccenda. Però danno l’idea dell’aria che circola oltre le Mura leonine. Sullo sfondo ci sono conflitti che durano da anni, la nomina di Tarcisio Bertone a Segretario di Stato non è mai stata digerita dal cosiddetto «partito diplomatico» che lo ha considerato fin dall’inizio un corpo estraneo e il conflitto tra «vecchia» e «nuova» guardia, o meglio tra alcuni esponenti dell’una e dell’altra, non conosce tregua. Non sono tutti come il cardinale Walter Kasper, uno dei massimi teologi viventi, che ora è serenamente in pensione e sospira: «Sono molto rattristato per il Santo Padre, l’unica cosa che posso fare per lui è pregare. Che queste fughe di notizie fossero sporche si sapeva, ora mi aspetto che venga rivelata tutta la verità».
Benedetto XVI ha scritto con particolare attenzione l’omelia di oggi. Pentecoste significa «dialogo e comunione» e si contrappone alla «confusione di Babele che insidia sempre la società e la Chiesa», rifletteva ieri padre Lombardi su Radio Vaticana. Lunedì, rivolto ai cardinali, il Papa aveva parlato del combattimento della Chiesa «militante» che lotta per il bene e contro il male, ha ricordato il portavoce vaticano: «Sant’Ignazio di Loyola, con immagini diverse, ci dice la stessa cosa: dobbiamo scegliere se stare sotto la bandiera del demonio o sotto quella di Gesù». Morale: «Sotto la prima bandiera ci si arruola cercando la ricchezza, l’onore vano, la superbia, e di qui tutti gli altri vizi; sotto quella di Gesù amando la povertà — spirituale e materiale —, le umiliazioni, l’umiltà, e di qui tutte le altre virtù. Chiaro, no? Attuale, non è vero?».
Gian Guido Vecchi

CORRIERE DELLA SERA - LA GIORNATA DEL PAPA
BRUNO BARTOLONI
CITTA’ DEL VATICANO — Saranno in molti, e non solo pellegrini, a cercare di leggere oggi fra le righe del discorso che Benedetto XVI pronuncerà a mezzogiorno per la festa della Pentecoste, dalla finestra del suo studio privato. La Pentecoste è una festa fondamentale per la Chiesa, ha ricordato ieri il Papa in piazza San Pietro ai quarantamila aderenti al movimento del Rinnovamento dello Spirito.
Il Pontefice è apparso provato. Del resto il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, lo aveva detto fin dalla prima notizia dell’arresto del presunto colpevole della fuga di documenti riservati: il Papa, dopo aver appreso la notizia, era rimasto «addolorato».
Ma mentre la Chiesa si trova nella tempesta il Pontefice ha cercato di mostrare grande forza d’animo e d’invitare i fedeli alla fiducia. Ha citato le parole evangeliche sul saggio che costruisce la casa sulla roccia ed ha fatto sue le parole di Gesù: «Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde perché era fondata sulla roccia».
E che il fiume sia straripato glielo ricordava in quel momento la banalità della presenza accanto a lui di un addetto dell’anticamera pontificia al posto di Paolo Gabriele.
Un fedele aiutante, almeno così ha ritenuto fino a mercoledì sera, che non sarà nel suo studio oggi a mezzogiorno per aprirgli le finestre sulla piazza e per stendere il grande tappeto con il suo stemma.
Il Papa ha continuato senza mostrare turbamenti a incoraggiare i fedeli del Rinnovamento dello Spirito.
«Nella società attuale viviamo una situazione per certi versi precaria, caratterizzata dalla insicurezza e dalla frammentarietà delle scelte. Mancano spesso — ha sottolineato — validi punti di riferimento a cui ispirare la propria esistenza. Diventa pertanto, sempre più importante costruire l’edificio della vita e il complesso delle relazioni sociali sulla roccia stabile della parola di Dio, lasciandosi guidare dal Magistero della Chiesa». Un messaggio che sembra far presente che nella Chiesa ciò che conta è il magistero e non certo le battaglie cortigiane, anche quando sono animate dalle buone intenzioni di far pulizia attorno a questo stesso magistero. Per questo ha aggiunto: «Non cedete alla tentazione della mediocrità» e «coltivate nell’animo desideri alti e generosi».
Benedetto XVI ha poi chiesto ai cattolici di diventare «adulti, maturi e responsabili» e «non seguire semplicemente i venti dei tempi». E per raggiungere la fermezza e la vera maturità è necessario, ha sottolineato, ascoltare la parola di Dio «da cui trae senso e spinta ogni progetto umano, anche per quanto concerne l’edificazione della città terrena».
Infine una parola per quanto fa il movimento del Rinnovamento dello Spirito «in favore della rinascita spirituale e materiale dei detenuti», un pensiero che in queste ore naturalmente non poteva collegare al suo ex maggiordomo, per il quale, si assicura in Vaticano, Benedetto XVI pregherà stamane all’alba durante la messa celebrata nella sua cappella privata con tutti i suoi collaboratori, dal segretario alle quattro «Memores» ma senza Paolo Gabriele. Non potrà che provare qualche brivido «Paoletto» più tardi, quando a mezzogiorno udrà senza riuscire forse a distinguerle le parole del Papa rilanciate dalla cassa di risonanza di piazza San Pietro fino alla sua vicina cella d’isolamento. «Grande affetto per la famiglia di Paolo Gabriele, che è conosciuta e amata da tutti», ha espresso padre Federico Lombardi. E del caso ha parlato anche Radio Vaticana. Mentre invece, sia ieri che oggi, l’Osservatore Romano non ha riportato la notizia.
Bruno Bartoloni

CORRIERE DELLA SERA - L’INCHIESTA
CITTA’ DEL VATICANO — «Attualmente la magistratura ha contestato a Paolo Gabriele semplicemente il reato di furto aggravato. Siamo ad uno stadio molto iniziale del procedimento penale». È direttamente il portavoce vaticano padre Federico Lombardi a fare il punto delle indagini dopo l’arresto del maggiordomo del Papa accusato di essere uno dei «corvi» che hanno sottratto documenti riservati del Papa e della Santa Sede pubblicati nel libro «Sua Santità».
Nella sua abitazione sono stati rinvenuti «documenti riservati», mentre le indagini proseguono con il controllo di tabulati telefonici e di documenti bancari alla ricerca di nuove prove e soprattutto dei suoi complici, perché gli investigatori sono certi che Gabriele non ha agito da solo. Finora il maggiordomo del Papa si sarebbe rifiutato di rispondere alle domande dei magistrati vaticani. Prega.
La prima fase di «istruttoria sommaria» sotto la direzione del Promotore di Giustizia si è già conclusa ed è stata avviata la fase di «istruttoria formale» condotta dal giudice istruttore Piero Antonio Bonnet. «La fase istruttoria — ha spiegato padre Lombardi — proseguirà fino a che non sia acquisito un quadro adeguato della situazione oggetto d’indagine, dopodiché il giudice istruttore procederà al proscioglimento o al rinvio a giudizio».
Insomma, non sono ancora troppo lunghe le giornate di Paolo Gabriele da quando mercoledì sera è stato prelevato dai gendarmi pontifici e trasferito nella camera di sicurezza del Palazzo dei Tribunali a piazza Santa Marta. Lo diverranno sicuramente quando si esauriranno gli interrogatori e inizierà la fase processuale vera e propria.
«Paoletto», come è conosciuto da tutti in Vaticano, si trova ora nella nuova camera di sicurezza realizzata quattro anni fa con la ristrutturazione degli Uffici della gendarmeria al piano terra dell’edificio e che ora inaugura proprio lui.
Prima colazione alle otto del mattino, pranzo alle tredici, cena alle otto di sera, tutti pasti che due gendarmi portano in macchina dalla mensa della caserma nel cortile dietro la via del Pellegrino, a pochi passi dalla sede dell’Osservatore Romano e a pochi metri da dove Paolo Gabriele abita con la moglie Manuela Citti e i tre figli.
Nella camera che sostituisce di fatto le tre celle che si trovano accanto all’aula del Tribunale, ormai utilizzate dai magistrati per la loro attività, non c’è altro che un letto, una sedia e un tavolino. La camera dispone di aria climatizzata e di una minuscola finestra che si apre su un cortiletto. Un piccolo bagno è adiacente alla cella.
Dopo i primi interrogatori Gabriele vive in isolamento. La moglie ha potuto fargli avere degli indumenti, delle medicine, ben controllate dai gendarmi, e alcuni libri dal momento che nella cella non è previsto neppure lo svago della televisione. Non è stata autorizzata a incontrare il marito. La giornata di ieri è stata riempita da una lunga conversazione con i due avvocati che gli sono stati proposti d’ufficio. Previsioni sui tempi dell’inchiesta, ovviamente, non se ne fanno. Padre Lombardi si limita ad allargare le braccia e a guardare lontano.
B. Bar.

LA STAMPA - FRANCO GARELLI
Che cosa si nasconde dietro le vicende che si stanno consumando in Vaticano? Qual è la radice di veleni e scandali che coinvolgono quell’alta Sede che oggi appare più profana che «santa»? Perché si nascondono dei corvi in quelle sacre mura che nell’immagine collettiva dovrebbero ospitare soltanto colombe?
Interrogativi come questi non sono frutto di una visione ingenua delle dinamiche religiose e dei rapporti interni al centro della cattolicità. La lunga storia del cristianesimo e delle religioni ci ha reso edotti dei molti conflitti e misfatti che si possono perpetuare «in nomine Domini» e del rischio che corrono gli uomini di chiesa di cedere alle lusinghe del potere e della gloria mondana. Insomma: anche la chiesa, in quanto istituzione umana è segnata dal limite e dal peccato, tratti questi che per i credenti non mettono in discussione la sua natura e missione salvifica.
Eppure ci sono almeno due buone ragioni che creano sconcerto per ciò che sta avvenendo di questi tempi tra le mura del Vaticano e nei dintorni. Ragioni che colpiscono non solo i cattolici ferventi e praticanti, ma anche una vasta opinione pubblica, che ha spesso accreditato la chiesa cattolica universale di un modo del tutto particolare di gestire il potere - ad un tempo vetusto ed efficace - capace di contenere al proprio interno i conflitti, di presentarsi in termini unitari all’esterno, in nome di un’autorità centrale (il Papa) e di un ideale (l’evangelizzazione e la promozione umana) che univa le anime religiose più diverse: i liberal e i conservatori, i pensatori e gli uomini di azione, la chiesa delle parrocchie e quella dei movimenti ecc.
Il primo fattore di turbamento è che la crisi in atto nella Curia romana avvenga con Papa Ratzinger «regnante», con un pontefice che nel suo programma di governo ha messo al primo posto sia l’integrità dottrinale sia la voglia di pulizia dentro la chiesa. Su questi temi Benedetto XVI si è si è sempre espresso con grande fermezza, denunciando a più riprese la «sporcizia» presente nella chiesa, prendendo di petto la questione della pedofilia del clero cattolico, lanciando continui moniti ai vescovi e ai preti di non lasciarsi irretire in una logica di potere religioso o profano del tutto estranea alla missione apostolica. Ciò che sta avvenendo nei Sacri Palazzi sembra dunque non rispecchiare gli indirizzi di fondo d’un pontificato che pure coltiva un’idea di chiesa trasparente e non compromessa.
Un altro elemento di sconcerto riguarda l’immagine pubblica dei vertici della chiesa cattolica, che esce certamente indebolita dai report di questi giorni; manifestando divisioni e frammentazioni interne non diverse da quelle di cui oggi sono affette molte altre istituzioni. La società liquida e instabile ha intaccato anche la chiesa cattolica? Come comporre i messaggi di speranza religiosa e umana veicolati (e attesi) dal Papa e dai Vescovi con l’immagine di una chiesa segnata al suo interno da non pochi conflitti e steccati?
In effetti il mondo ecclesiale (sia nei piani alti sia a livello di base) si presenta oggi particolarmente frammentato. Ce lo ricordano il caso Boffo; le tensioni tra il Segretario di Stato Vaticano e il Presidente della Cei per come interpretare il rapporto tra la chiesa e la politica in Italia; la vicenda dell’arcivescovo Viganò (già segretario del Governatorato del Vaticano) e del presidente della banca vaticana Gotti Tedeschi, entrambi rimossi per le loro divergenze col primo ministro del Papa sui temi della trasparenza finanziaria della Santa Sede. Ma il malessere coinvolge anche i rapporti tra diverse anime ecclesiali, com’è emerso dalla lettera (resa pubblica di recente) inviata un anno fa al Papa dal successore di don Giussani in cui si stigmatizzava lazione dei cardinali Martini e Tettamanzi a Milano e si proponeva un cambio di indirizzo pastorale.
Come si è giunti a questa situazione complicata? C’è chi chiama in causa la carenza di leadership nella chiesa, che si manifesterebbe non tanto nel suo vertice alto, quanto in dirigenti poco qualificati rispetto alle sfide del tempo presente; altri evocano l’idea che negli ultimi decenni (da Giovanni Paolo II in poi) il reclutamento dei vescovi e del personale della curia abbia privilegiato più i criteri della «fedeltà» e dell’omogeneità di pensiero che quello della rappresentanza delle diverse e migliori componenti del cattolicesimo mondiale.
Ma su tutto credo che la chiesa d’oggi abbia problemi di governance. Fors’anche per un Pontefice che per il suo tratto di grande teologo e uomo di cultura è meno propenso a dar rilevanza al carattere «politico» del suo alto ruolo. Non si può chiedere alla chiesa di cambiare la sua forma gerarchica, anche se la corresponsabilità è lo stile affermato dal Concilio. Ma in questo quadro occorre mettere tutti in rete e far sì che le migliori risorse (anche di sensibilità diversa) siano unite in un progetto comune. Oggi questo collante sembra essersi indebolito, per cui ogni enclave può fare la sua battaglia convinta che sia quella della chiesa.

LA STAMPA
GIACOMO GALEAZZI
Interrogatori di funzionari laici della Segreteria di Stato, caccia al possibile mandante dei corvi, «governance» interna in affanno. Scandali anche più gravi (come il caso Calvi) hanno attraversato il pontificato di Wojtyla, ma oggi l’eco mediatica è moltiplicata. Gli investigatori vaticani cercano riscontri, prove, complici e un eventuale «livello superiore», tanto che è stata già chiusa l’«istruttoria sommaria» del promotore di giustizia Nicola Picardi e si è avviata la fase di «istruttoria formale», condotta dal giudice istruttore Piero Antonio Bonnet.

Ieri il Papa ha citato il Vangelo: «Il vento scuote la casa di Dio, ma essa non cade». Nessun riferimento diretto allo scandalo Vatileaks però l’accenno alle nubi che si addensano sul presente. Il passaggio alla fase formale, spiega il portavoce padre Lombardi, ha permesso la ufficializzazione del nome dell’arrestato, e di detenzione a tutti gli effetti si tratta, visto che in Vaticano non esiste il «fermo». Le indagini procedono spedite grazie al fatto che la giurisdizione è interamente vaticana: Gabriele è cittadino vaticano, abita accanto alla Gendarmeria, e in casa sua sono stati «rinvenuti documenti riservati». Indagini a tutto campo, che non escludono «altri atti» e i cui tempi, per questo, potrebbero anche allungarsi. Sempre padre Lombardi nel pomeriggio interviene per precisare che «attualmente la magistratura ha contestato a Paolo Gabriele semplicemente il reato di furto aggravato: siamo ad uno stadio molto iniziale del procedimento penale, perciò le quantificazioni di pene gravissime avanzate da alcune testate non hanno ragione di essere». Una precisazione rispetto ad alcune notizie secondo cui a Gabriele sarebbero stati contestati reati come come quello di violazione della corrispondenza di un capo di Stato, e quindi l’attentato alla sicurezza dello Stato, con una pena prevista fino a 30 anni di carcere.

Ma queste accuse, allo stato, non sono state formalizzate. Dopo la perquisizione che ha permesso di trovare a casa di una delle persone più vicine a Benedetto XVI documenti ai quali solo una ristretta cerchia di collaboratori poteva avere accesso, la gravità del reato e la necessità di proteggere il Papa e l’immagine della Santa Sede non fanno trascurare nessun mezzo investigativo, compresi tabulati telefonici e documentazione bancaria. Dagli interrogatori inoltre si spera di trarre ulteriore materia di indagine. Per gli inquirenti è aperto, inoltre, il capitolo dei possibili moventi. Il primo è quello dei soldi, ma molti lo escludono perché il devoto Gabriele «non è il tipo», viene sottolineato: «non trafugherebbe mai assicura chi lo conosce - documenti dal fax del Papa per soldi». Motivi «ideologici», allora: ad esempio, osserva chi ipotizza questo movente, il «corvo» denominato «Maria» nel libro di Gianluigi Nuzzi è descritto come cristiano, amante della Chiesa, disgustato dalle faide e guerre di potere. In questo caso una persona fedele potrebbe essere ingenuamente caduta vittima delle proprie buone intenzioni e l’ipotesi di un «livello superiore» nella fuga dei documenti si rafforzerebbe. Livelli a parte, gli inquirenti non hanno mai trascurato l’ipotesi che ci siano dei complici. Possibile un ulteriore arresto nelle prossime ore. «Il lavoro è solo all’inizio», assicurano. «Viviamo una situazione precaria, caratterizzata dall’insicurezza e dalla frammentarietà delle scelte». Mancano validi punti di riferimento a cui ispirare la propria esistenza. «Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perchè era fondata sulla roccia», evidenzia il Papa. Perciò «diventa sempre più importante costruire l’edificio della vita e il complesso delle relazioni sociali sulla roccia stabile della Parola di Dio, lasciandosi guidare dal Magistero della Chiesa».

ANDREA TORNIELLI
Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia...». Benedetto XVI provato, addoloratissimo ma nonostante tutto sorridente, ha ricordato ieri ai fedeli del Rinnovamento dello Spirito le parole di Gesù. Nonostante siano piantate nella roccia, le fondamenta vaticane tremano ancora dopo il colpo di scena dell’arresto dell’aiutante di camera Paolo Gabriele, sospettato di essere il «corvo» che ha fatto filtrare all’esterno centinaia di documenti riservati sottraendoli dalla scrivania del Papa.
Ai vertici dei sacri palazzi, ieri mattina era percepibile una certa irritazione per gli articoli che seminavano dubbi e descrivevano l’incredulità di molti in Vaticano sulla possibilità che una persona come «Paoletto» possa essere il «corvo». «I documenti che gli sono stati trovati e che non doveva possedere, sono una prova schiacciante», ripetono dalla Segreteria di Stato.
Dopo l’incredulità e lo stupore, la domanda che molti di coloro che lavorano Oltretevere si fanno, di fronte alla «pistola fumante» dei documenti «illecitamente posseduti» dal maggiordomo papale, riguarda il movente e i possibili mandanti.
Un anziano monsignore con una lunga esperienza di procedimenti giudiziari vaticani invita alla prudenza: «L’arresto è avvenuto mercoledì notte, contestualmente alla perquisizione nella casa dell’aiutante di camera e al ritrovamento dei documenti. Ma un’istruttoria seria, degna di questo nome, prima di arrivare a indicare in lui il “corvo”, dovrà trovare elementi che provino il passaggio di quelle carte». Il prelato aggiunge: «Siamo tutti imbarazzati e dispiaciuti, la famiglia di Paolo è distrutta. Però chi l’ha indotto a fare questo è più colpevole di lui, perché si è servito di una persona ingenua...».
Sentimenti condivisi da diversi dipendenti che in Vaticano conoscono e frequentano Paolo Gabriele da molti anni. «Pochi ricordano che Paoletto fa parte della famiglia pontificia dal 1998 e che a volerlo lì fu il segretario di Giovanni Paolo II, l’attuale cardinale di Cracovia Stanislaw Dziwisz. Ci furono dei colloqui, perché si era reso vacante un posto e come sempre accade c’erano tanti, tantissimi candidati. Bisogna capirlo – continua un amico dell’arrestato, che in Vaticano si dedica a mansioni di fatica – quello è un posto in cui tutti vorrebbero andare, ti sistemi per la vita... Gabriele non voleva neanche partecipare al colloquio, fu spinto a farlo. E venne scelto da Dziwisz, che rimase colpito dalla sua semplicità e dalla sua fede profonda. Ricordo che Giovanni Paolo II quando lo vedeva roteava il bastone, lo chiamava “Paulus”».
E con i documenti che gli hanno trovato, la «pistola fumante» che ne ha permesso l’arresto, come la mettiamo? L’uomo, che non nasconde di parlare da amico dell’aiutante di camera, ci pensa su. Poi dice con un filo di voce: «Per come lo conosco io, o è improvvisamente impazzito, o è stato trascinato in una trappola perché qualcuno di importante lo ha convinto a conservare queste carte».
L’ipotesi più semplice, la più evidente e al momento più probabile, dalle risultanze dell’inchiesta confermate da padre Federico Lombardi, resta ovviamente quella dell’infedeltà. Anche se quasi nessuno crede che Paolo Gabriele possa essere l’unico e il principale colpevole, in grado di architettare e gestire la fuga di documenti. Un altro dipendente vaticano molto vicino al sospettato, racconta: «Sono due notti che non dormo: Paoletto mi ha parlato lunedì sera, era dispiaciuto, perché poche ore prima gli avevano detto dei sospetti che lo riguardavano. Era amareggiato, perché i suoi superiori avevano perso la fiducia in lui. Ma l’ho trovato anche tranquillo. Insomma, non mi è parso uno che avesse qualcosa da nascondere...». Insistiamo: e le carte «illecitamente possedute»? «Sono un fatto – replica il giovane in abito scuro – anche se da quando ho saputo che è stato arrestato mi faccio questa domanda: perché mai, se aveva questi documenti ed era stato avvertito dei sospetti su di lui, non li ha distrutti?».
I dipendenti vaticani chiedono l’anonimato, hanno paura di essere controllati, parlano a bassa voce. Un altro conoscente di Paolo Gabriele racconta un episodio significativo. «Qualche errore l’ha fatto anche lui, alcuni anni fa, quando è stato avvicinato da persone che volevano fare arrivare al Papa una denuncia riguardante alcuni fatti gravi. Per senso di giustizia si è prestato, sbagliando, e andando al di là del suo ruolo».
I moventi finora ipotizzati per un suo coinvolgimento nei vatileaks sono, confida una fonte vaticana, «il denaro, oppure la convinzione di partecipare a un’operazione di “trasparenza”». Bisognerà attendere le spiegazioni che darà e gli esiti finali dell’inchiesta per saperne di più. Intanto, in un clima di sospetti e veleni, le indagini proseguono: si parla di un altro laico della Segreteria di Stato finito nel mirino dell’inchiesta. Per arrivare al «regista» nei sacri palazzi, invece, ci vorrà ancora tempo, sempre che si riesca a scoprirlo.