Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  maggio 26 Sabato calendario

APPUNTI PER GAZZETTA. LE ELEZIONI IN EGITTO


REPUBBLICA.IT
IL CAIRO - Il candidato dei Fratelli musulmani alle presidenziali egiziane Mohamed Morsi è primo col 90% delle schede scrutinate: lo riferisce la stessa fratellanza alla catena satellitare al Jazeera, dicendosi sicura che il ballottaggio sarà fra Mohammed Morsi e l’ex premier di Hosni Mubarak, Ahmad Shafik.
E se dovesse vincere Shafik, "candidato dell’ancien regime", il "paese sarebbe in pericolo", avvertono i Fratelli musulmani, invitando le forze egiziane dell’opposizione a discutere su come salvare la Rivoluzione contro questa eventualità. Morsi ha detto di aver contattato altri candidati presidenziali invitandoli a una riunione per domani.
Secondo gli ultimi dati ufficiosi riportati da vari siti internet Morsi ha ottenuto 5 milioni e 400 mila voti, Shafiq 5 milioni e 300 mila, il nasseriano Hamdin Sabbahi quattro milioni e 600 mila e il moderato islamico Abdel Moneim Abul Fotouh quattro milioni. I risultati ufficiali saranno comunicati domenica, mentre il ballottaggio si terrà il 16 ed il 17 giugno.
Ma gli avversari invocano cautela: lo staff del filo-islamico moderato Abdel Moneim Abul Fotouh, dato finora come quarto, scrive su Twitter di attendere i risultati ufficiali e smentendo di avere dato il sostegno all’uno o all’altro dei due candidati che, secondo i dati ufficiosi, sarebbero passati al ballottaggio.
Atteggiamento simile anche per lo staff del nasseriano Hamdin Sabbahi, dato come terzo, che sempre su Twitter scrive di essere in attesa dei
dati definitivi. "Stiamo studiando la situazione e come organizzarci nel caso in cui il nostro candidato passasse al ballottaggio con Shafiq o Morsi o tutti e due", si legge nel tweet.
L’affluenza è stata del 50 per cento e le due giornate di voto si sono svolte regolarmente, solo verso la chiusura delle urne i gruppi che monitorano lo svolgimento delle elezioni hanno registrato un numero maggiore di violazioni, tra cui tentativi di comprare voti e influenzare elettori. In alcuni casi sono scoppiati tafferugli tra sostenitori di diversi candidati, soprattutto dell’ex premier Ahmed Shafiq, di Mohammed Morsi e dell’ex ministro degli Esteri Amr Moussa.
Clinton e Onu: "Elezioni storiche". Il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, si è congratulata con l’Egitto per le elezioni presidenziali che ha definito "storiche", aggiungendo che Washington è pronta a collaborare con il governo del Cairo. Anche il segretario dell’Onu Ban Ki-moon ha sostenuto che le elezioni in Egitto sono "una pietra miliare nella transizione democratica del paese".
(25 maggio 2012)

DISPACCIO AGI
14:13 25 MAG 2012
(AGI) - Roma, 25 mag. - In Egitto si va verso un ballottaggio tra il candidato dei Fratelli Musulmani, Mohammed Mursi, e l’ex premier di Hosni Mubarak, Ahmed Shafiq. Lo ha reso noto la formazione islamica, che gia’ domina il Parlamento eletto lo scorso novembre, dopo che sono stati scrutinati i voti in 11.327 seggi su 13.099. L’annuncio non e’ stato commentato dall’entourage di Shafiq. I risultati ufficiali delle elezioni presidenziali sono previsti per domenica, mentre il ballottaggio e’ fissato per il 16 e 17 giugno.
L’affluenza del primo turno e’ stata stimata attorno al 50%. I Fratelli musulmani avevano sostenuto che il loro candidato era stato il piu’ votato sin dal primo dei due giorni utili per recarsi alle urne. Il gruppo islamista sostiene che Mursi sia in testa con circa il 27,7%. Shafiq, che a meta’ scrutinio sembrava piu’ staccato, avrebbe conquistato il 24,6%.
Al terzo posto l’esponente della sinistra nasseriana Hamdeen Sabbahi intorno al 20%. Il filoislamico moderato Abdel Moneim Abul Fotouh e’ quarto con poco piu’ del 17%, mentre l’ex segretario della Lega Araba Amr Moussa e’ quinto con circa il 12%. Il segretario di Stato americano Hillary Clinton si e’ gia’ congratulata con l’Egitto per le "storiche" elezioni e si e’ detta pronta a lavorare con il nuovo governo. "Non vediamo l’ora di lavorare con il governo eletto democraticamente", ha detto in un comunicato diffuso dal suo portavoce. Gli Usa, ha aggiunto, "sono al fianco delle persone che lavorano per raccogliere i frutti della promessa della rivolta dello scorso anno".

MERIDIANIONLINE.ORG
Questa settimana si sono celebrate le prime elezioni democratiche della storia dell’Egitto. Mentre si attendono i risultati e ci si prepara alle valutazioni su possibili brogli, l’Occidente scopre, quasi stupito, che in cima alle preferenze della popolazione egiziana vi sono i Fratelli Musulmani. Sono già iniziate le analisi sul fallimento dei ragazzi di piazza Tahrir, incapaci di trasformare in soggetto politico la rabbia di strada. Su Repubblica, Francis Fukuyama ha offerto un’analisi del fenomeno dal titolo eloquente: ‘Così hanno fallito i giovani di piazza Tahrir’.
Il politologo americano evidenzia che il grande assente di questa gara è stato un vero candidato liberale che sapesse difendere le richieste ‘democratiche’ della primavera egiziana. Così l’Occidente scopre che quelle che si era affrettato a chiamare rivoluzioni, tali non erano. L’Egitto, come gran parte degli altri Stati arabi, è prevalentemente conservatore. La rabbia dei ragazzi della classe media ha avuto la forza per detronizzare un dittatore decennale, ma non ha saputo organizzarsi e pianificare un progetto politico di riforme della società.
L’altro grande attore delle primavere arabe è stato internet, che attraverso i social network ha rotto la solitudine dei ‘sudditi’ e li ha condotti nelle piazze. Facebook e twitter sono state le chiavi dell’accesso alla democrazia. Ma ora ci si accorge, per dirla con le parole di Fukuyama, che Facebook “è in grado di produrre fiammate prorompenti, ma non di generare calore sufficiente, e per un tempo sufficiente, a riscaldare la casa”.
Tutto ad un tratto, l’Occidente scopre che la politica è una pratica collettiva che si coltiva negli anni, nei decenni, addirittura nei secoli. Tutti quanti (ri)scopriamo che la tradizione è più forte dell’innovazione, che la tecnologia è solo un mezzo, ma che non può sostituire la civiltà, la religione o la politica. Dobbiamo constatare nuovamente che una rivolta non è una rivoluzione, neppure quando caccia con la violenza il governante di turno.
I partiti islamici hanno lavorato per decenni sottotraccia. Hanno coltivato legami con la popolazione, soprattutto con la sua parte più povera. Hanno investito nell’istruzione e nella sanità quando gli era proibito fare politica. Si sono fatti conoscere e hanno guadagnato la fiducia di molti. Hanno creato una struttura organizzativa affidabile. Ci hanno messo la faccia e sono stati in mezzo alle persone, non su twitter o Facebook, ma tra i problemi che quotidianamente attanagliavano le persone più escluse dalla ricchezza e dal potere. I Fratelli Musulmani stanno per vincere in Egitto perché hanno elaborato un’idea di società, un’idea di Stato.
La loro vittoria è quindi la sconfitta delle primavere arabe e della nuova democrazia del Nord Africa? Forse. Molto dipende da quello che ci si aspettava. Le potenze occidentali sono pronte a vedere in qualsiasi agitazione popolare la nascita della democrazia in ogni angolo del mondo; sono disposte a incoraggiarla ed esportarla. Questo atteggiamento missionario, intriso di idealismo e antropologica superiorità culturale, prevede il percorso dell’umanità in linea retta verso una meta. E quella meta siamo noi, il modello liberal-democratico occidentale.
Eppure c’è una forte dose di ipocrisia davanti a vittorie ‘democratiche’ di soggetti politici considerati non adatti alla democrazia. Le primavere arabe dovevano forse portare a governi liberali? Era questa la volontà delle potenze occidentali, che questo hanno voluto vedere in quelle rivolte. Ora che democraticamente vincono i partiti islamisti, la democrazia è stata tradita.
Le rivolte arabe hanno avuto luogo principalmente nelle grandi città. Ovvero dove vi è un accenno di classe media, di interessi individuali, un inizio di borghesia. Nonostante siano state rivolte condivise da una larga fetta di popolazione, gli Stati investiti dalle primavere arabe non hanno visto la partecipazione della maggior parte dei loro cittadini.
L’Egitto, come anche gli altri Paesi coinvolti nei movimenti rivoluzionari interessati, è un Paese prevalentemente agricolo. Nel mondo rurale non interessano le richieste della classe media urbana. Chi si ricorda della Vandea? La campagna è espressione di un concetto di società conservatrice, legata alla tradizione, scandita da rituali religiosi e dal lavoro della terra.
La frustrazione di una classe media urbana e giovane davanti alla corruzione di regimi sclerotici in tempi di crisi economica non può cancellare la struttura socio-demografica di un Paese. E infatti così non è stato. Quelle masse silenziose, che non si sono viste nelle piazze dell’anno scorso, sono state chiamate a esprimersi alle urne. Diligentemente hanno votato, e hanno votato chi le rappresentava: gli esponenti di una tradizione moderata, islamica, araba, conservatrice.
Un anno fa il sistema internazionale ha iniziato a inghiottire quegli attori, ormai inutili, che appartenevano al vecchio ordine politico globale. A vent’anni di distanza dalla fine dell’equilibrio bipolare, i dittatori (alcuni filo-occidentali, altri no) sono caduti perché non c’era più bisogno di loro.
Cosa pensare quindi delle primavere arabe? Sono state un esperimento fallito?
Probabilmente in Occidente ci si è aspettati troppo, ci si è aspettati l’impossibile. Ma questo non significa affatto che sia tutto da buttare. Spesso i cambiamenti così profondi impiegano decenni o secoli per realizzarsi compiutamente. Lo scorso anno in Tunisia, quando Mohamed Bouazizi si dette fuoco al mercato per una licenza negata, si introdusse un nuovo fattore nella civiltà islamica: una pretesa individuale, nella quale in tanti si sono riconosciuti, ha dato il via ad una rivolta epocale.
Una nuova disperazione faceva il suo ingresso nelle società arabe. La solitudine della modernità urbana produceva un nuovo tipo di richiesta politica: un diritto reclamato per sé, non per la famiglia, il clan o il gruppo d’appartenenza. Questo debutto non poteva certo determinare il futuro prossimo degli Stati arabi, che alle urne hanno scelto ancora una volta la tradizione. Ma è questa la novità e, se vogliamo, il successo delle primavere arabe. La struttura socio-demografica sta mutando e, accanto alle classiche richieste conservatrici della popolazione rurale, in futuro si dovrà tenere conto sempre di più di questa nuova coscienza politica urbana.
I Paesi arabi, o almeno alcuni di essi, hanno iniziato una lenta trasformazione che non porterà a risultati immediati. Si alterneranno richieste di avanguardie culturali urbane alle reazioni conservatrici della campagna. I futuri partiti urbani dovranno trovare una loro identità, che andrà di pari passo con la trasformazione dei rapporti di produzione interni alle stesse società arabe. Nessuna rivolta condotta dalla sola volontà porterà alla rivoluzione. Ma oggi gli Stati usciti dalle primavere arabe hanno davanti a sé un nuovo inizio.
In Egitto l’Occidente si è scoperto impaziente. A volte impaurito, a volte ingenuo. Ma l’Egitto ha scelto la sua strada, che sarà, con tutta probabilità, lunga e mai lineare.

WWW.GLOBALIST.IT
Stasera dopo i voti contati in 12.800 dei circa 13.100 seggi elettorali, il candidato dei Fratelli musulmani ha il 25 per cento dei voti, il controverso ex premier Ahmed Shafiq il 23 per cento, l’islamista liberal Abdel Monein Abul Fotouh il 20 per cento e il candidato nasserista Hamdeen Sabahi il 19 per cento. Più in basso (12-13%) c’è il favorito della vigilia Amr Musa, clamorosamente sconfitto, che non ha saputo trovare una contromisura efficace all’appeal di Shafik tra i cristiani copti. Nei giorni scorsi tra i cristiani era scattato l’ordine di votare per Shafik dopo il diffondersi di voci su una presunta promessa fatta da Musa che la vice presidenza sarà data ad un islamista in caso di una sua vittoria.
L’ex segretario della Lega araba è stato superato anche dal candidato della sinistra, il giornalista e scrittore nasserista Hamdeen Sabahi, che stasera ha il 18 per cento (tre milioni di voti) e che le previsioni elettorali davano come oustider con poche probabilità. Se riuscirà a conquistare la terza posizione, Sabahi potrebbe essere recuperato nel ballottaggio annunciato finora solo tra i primi due maggiori votati. Potrebbe aversi un ballottaggio a tre, secondo quanto ipotizzato dal segretario della commissione elettorale se i primi due candidati avessero un numero ugualedi voti, al secondo turno la legge prevede che possa essere incluso un terzo candidato.
Ahmed Shafik, un ex capo dell’aviazione militare, ha avuto la sua vendetta. Contestato dai rivoluzionari, riammesso al voto all’ultimo momento, preso a scarpe in faccia all’uscita da un seggio dai famigliari delle vittime della repressione, Shafik ha inflitto una cocente umiliazione al rivale Amr Musa. A spingerlo verso l’alto sono stati, oltre a quelli dei cristiani, i voti dei nostalgici del passato regime e chi è stanco dell’instabilità post-rivoluzionaria (e le spinte sotterranee della giunta militare al potere). Rivincita per Morsi che veniva descritto come una «seconda scelta», privo di carisma e incapace di sostituirsi a Khaiter al Shater (il primo candidato presentato dai Fm, messo fuori gioco dalla Commissione elettorale) e invece ha saputo sfruttare al meglio la ben oliata macchina elettorale della confraternita.

ADNKRONOS DEL 23 MAGGIO

Cairo, 23 mag. - (Adnkronos/Aki) - Affluenza record, in Egitto, per le prime elezioni presidenziali del post Hosni Mubarak, rovesciato lo scorso anno dopo 18 giorni di rivoluzione popolare. Nonostante le urne, aperte dalle 8 di questa mattina tra pesanti misure di sicurezze e un ingente schieramento di agenti di polizia e dell’esercito (circa 300mila in tutto), un poliziotto egiziano è stato ucciso mentre si trovava davanti a un seggio elettorale di Roud al-Faraj, sobborgo del Cairo. L’agente è stato ucciso a colpi di pistola da uno sconosciuto che è poi fuggito.
Sono circa 50 milioni gli elettori chiamati a votare per uno dei 13 candidati in lista. Il maggior numero di votanti si è registrato nella capitale, il Cairo, e nella città di Giza, dove ai seggi si sono create lunghe file di elettori causando problemi al traffico. ’’L’affluenza è enorme e maggiore di quanto ci si aspettasse’’, ha detto Hatem Begatu, segretario generale della commissione elettorale. Tutti i seggi, tranne tre, hanno aperto alle 8 come previsto, ha aggiunto. Le operazioni di voto, monitorate da osservatori di organizzazioni non governative locali e straniere (sono stati dispiegati sul territorio nazionale 14.500 giudici e 65mila impiegati pubblici), stanno per ora procedendo senza intoppi e senza irregolarità. Sono oltre 13mila i seggi allestiti nelle 27 province del Paese. Anche l’ex presidente Usa Jimmy Carter è in Egitto per monitorare le elezioni con il suo Carter Center.
La settimana di voto concessa agli egiziani all’estero è invece terminata il 17 maggio, ma i risultati devono ancora essere comunicati. Gli analisti ritengono che nessuno dei 13 candidati sarà in grado di aggiudicarsi la maggioranza assoluta dei voti tra oggi e domani e per questo si prevede il ricorso al ballottaggio a metà giugno. Per vincere, un candidato ha bisogno di ottenere oltre il 50% dei voti. I risultati delle elezioni saranno annunciati il 21 giugno. Il 30 giugno, invece, è previsto il passaggio di poteri del Consiglio supremo delle Forze Armate a un’autorita’ civile eletta.
Ahmed Shafiq, ultimo premier dell’era di Hosni Mubarak e candidato ora alle presidenziali, ha rivolto un messaggio ai giovani che hanno condotto la rivolta contro il deposto regime, promettendo di aiutarli se verrà eletto. ’’Prometto di aiutarli a riconquistare la rivoluzione da coloro che gliela hanno rubata’’, ha detto Shafiq, ex comandante dell’Aviazione, nel corso di una conferenza stampa al Cairo. ’’Non ho lavorato per un determinato regime, ho lavorato per l’Egitto’’, ha quindi affermato negando la lealta’ a Mubarak.