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 2012  maggio 25 Venerdì calendario

Obama come Grillo (e Lady Gaga) si fa il suo Facebook elettorale - Barack Obama, presidente or­mai quasi uscente con il fiato un po’ corto per via dei sondaggi che indicano il suo prossimo avversa­rio repubblicano Mitt Romney avvi­cinarsi pericolos­a­mente in Stati chia­ve come Ohio, Vir­ginia e Florida, conferma che la campagna eletto­rale è l­’attività poli­tica in cui è più ver­sato

Obama come Grillo (e Lady Gaga) si fa il suo Facebook elettorale - Barack Obama, presidente or­mai quasi uscente con il fiato un po’ corto per via dei sondaggi che indicano il suo prossimo avversa­rio repubblicano Mitt Romney avvi­cinarsi pericolos­a­mente in Stati chia­ve come Ohio, Vir­ginia e Florida, conferma che la campagna eletto­rale è l­’attività poli­tica in cui è più ver­sato. Un articolo del Wall Street Journal informa su una sua iniziati­va i­n ambito tecno­logico che lo avvi­cina, almeno in questo senso, al­l’italico Beppe Grillo, inventore del partito-che­non- c’è tutto basa­to sul volontariato internettiano. Per non dire della fa­migerata Lady Ga­ga, «cantante del XXI secolo», mol­to Facebook e po­co talento. Dopo aver affascinato le genera­zioni più giovani nel 2008 con un largo impiego di tecnologia on-li­ne, quest’anno Obama ha deciso di rilanciare affidando le sorti del­la sua campagna a un nuovo so­cial network battezzato Dashbo­ard, termine che può essere tra­dotto come «cruscotto». In prati­ca si tratta di una specie di Face­book nel quale si possono incon­trare virtualmente tutti i fans del presidente, ovviamente con l’obiettivo di lavorare insieme per permettergli di essere rieletto alla Casa Bianca per altri quattro anni. L’idea, semplice ma brillante, è di trasformare il computer di ogni volontario in una specie di comita­to elettorale portatile, evitando di affittare inutilmente locali e ridu­cendo drasticamente le spese del telefono. E se la classica campa­gna «porta a porta» rimane uno strumento di propaganda insosti­tuibile, Dashboard consentirà di migliorarla permettendo ad ognu­no di­creare il proprio Neighborho­od team, una squadra d’azione lo­cale. Che potrà organizzare gli eventi scrivendo direttamento sul proprio laptop o smartphone, mantenendo la propria costante reperibilità con gli altri volontari con il comodo mezzo della posta elettronica. È chiaro, come scrive il Wall Street Journal , che l’idea di Oba­ma è di riaccendere gli entusiasmi giovanili che quattro anni fa, an­che grazie all’impiego delle tecno­logie on-line, lo proiettarono alla Casa Bianca. Il presidente cerca anche di compensare così l’an­nunciato strapotere dei repubbli­cani per quanto riguarda la pub­blicità in televisione. Intanto, però, alcuni dati in arri­vo da Stati della cosiddetta «Ame­rica profonda » mettono (o dovreb­bero mettere) qualche preoccupa­zione a Obama. Nell’Arkansas e nel Kentucky si sono tenute prima­rie democratiche di nessun valore concreto, visto che il partito ha già scelto nel presidente uscente il suo unico candidato, ma tali da far fare al titolare della Casa Bian­ca una serie evitabilissima di brut­te figure. Nello Stato di Bill Clin­ton, Obama ha raccolto solo il 59 per cento dei voti, superando a fa­tica uno sconosciuto avvocato ve­nuto addirittura dal Tennessee. Peggio ancora nel Kentucky, dove il presidente ha ricevuto il 58 per cento, mentre il rimanente 42 per cento dei votanti ha scelto di di­chiararsi uncommitted , cioè in pratica di votare scheda bianca pur di non sostenere Barack Oba­ma. E la settimana prima, in West Virginia, il 43 per cento dei votanti democratici aveva scelto un gesto di sfregio nei confronti di Obama, segnando sulla scheda il nome di un carcerato - Keith Judd - invece che il suo. Altri segnali mostrano che il fronte obamiano mostra qualche crepa di troppo in vista della batta­glia elettorale che culminerà nel voto del 6 novembre. L’ultimo at­tacco è arrivato dall’interno del partito. La candidata democrati­ca al Senato per il North Dakota Heidi Heitkamp ha preso le distan­ze dal presidente spiegando che secondo lei Obama avrebbe «falli­to nell’unico test che l’America aveva per lui, ovvero unire il Pae­se ». E chissà se cercare di mettersi in sintonia col mondo dei suoi so­stenitori attraverso Dashboard ri­solverà il problema.