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 2012  maggio 25 Venerdì calendario

LA CRISI FA IMPAZZIRE LA CINA: FLY ZONE CONTRO LE MOSCHE


Che succede in Cina? La stampa di tutto il mondo sta riportando la notizia che l’Ufficio per l’Immagine di Pechino ha lanciato una bislacca disposizione secondo cui nei bagni pubblici di aeroporti, stazioni ferroviarie, centri commerciali e supermercati d’ora in poi non saranno autorizzate più di due mosche per uno. Ovvero, non è che i funzionari dello stesso Ufficio a quel punto una volta contato un numero di insetti in eccedenza si metteranno a sopprimerli a colpi di acchiappamosche o insetticida, ma daranno dei punteggi negativi agli addetti alle pulizie. «È stato necessario fissare dei limiti per l’ispezione», ha spiegato al Quotidiano di Pechino a nome dell’Ufficio il signor Xie Guomin. «Se ci sono più di due mosche, il bagno pubblico perderà 1,33 punti su un totale di 100. Finora la maggior parte delle ispezioni non superano questa quantità, solo quelli gestiti male». In ogni bagno è stato indicato addirittura un numero di telefono, per fare l’eventuale denuncia. Il che, però, ha scatenato una tempesta di proteste e corbellature su Internet e sul “Twitter cinese” Weibo.
«Ma chi è che si ferma in un bagno pubblico per denunciare se c’è una mosca non autorizzata? È un luogo da cui la gente vuole uscire il più presto possibile», ha commentato una studentessa universitaria appena laureata. «Mentre si migliora l’igiene dei bagni, gli addetti alle pulizie effettuano il lavoro più infimo per un salario minimo e esposti alla contaminazione dei gas. Perché i dirigenti non badano alle loro condizioni di lavoro per migliorarle?», scrive il signor Jing Lihong. «Se in una casa ci sono più di due mosche allora è peggio di un bagno pubblico», commenta il signor Sun Yun. «Perché preoccuparsi proprio delle mosche quando nei posti sporchi possono esserci anche tanti altri tipi di insetti?», chiede sarcastico Lin Jie. Ma c’è anche un tal Sui Jianfeng per cui «finalmente il governo fa qualcosa di utile». Da notare che tra le disposizioni dell’Ufficio ci sono anche quelle di far tirare la catena e svuotare più spesso i cestini.
Ma qualcuno pensa che è troppo rumore per un nulla, per non essere sospetto. E il dubbio è allora che la guerra alle mosche sia un diversivo per far pensare i cinesi a qualcos’altro, mentre una tempesta si avvicina. Per parecchio tempo la Repubblica Popolare si è infatti deliziata del disastro greco, approfittandone per mettere le mani a prezzo di liquidazione su tutto ciò che gli ellenici avessero ancora di appetibile. In particolare, i porti. Ma adesso che viene segnalato il settimo mese consecutivo di calo per il settore manifatturiero cinese, l’idea degli analisti è che la crisi dell’eurozona per la ricaduta del disastro greco sta compromettendo in modo gravissimo le capacità di export cinese, che dipende per il 40% da un export che a sua volta assicura all’Europa il 18% del suo approvvigionamento di beni e servizi. «Il governo deve intraprendere politiche proattive e misure reali per espandere la domanda e creare una politica che favorisca uno sviluppo stabile e veloce della crescita economica», ha riconosciuto il Consiglio di Stato con un comunicato. Al contempo il ChinaInvestment Corp. (Cic), il fondo sovrano cinese, ha interrotto l’acquisto di bond europei, accusando i vertici continentali di “mancanza di leadership” nella gestione di una crisi dell’Eurogruppo che secondo alcune stime rischierebbe di mandare in fumo almeno 400 milioni di investimenti.
Il timore, insomma, è che anche in Cina si estenda la crisi, con le relative conseguenze politiche. Che in un contesto autoritario non sarebbero però come in Europa la semplice vittoria di partiti di protesta lì non autorizzati, ma piuttosto una possibile serie di sommosse stile Primavera Araba. E l’altro segnale infatti è una recrudescenza della repressione contro il dissenso, che tradisce infatti la paura. Adesso si è parlato della figa dagli arresto domiciliari di Chen Gangcheng, ma nel 2011 ci sono stati almeno 163 casi di oppositori messi agli arresti domiciliari.

Maurizio Stefanini