Errico Buonanno, Corriere della Sera 26/5/2012, 26 maggio 2012
I francesi sospettavano che i piemontesi avessero rapito Pio IX e lo avessero sostituito con un sosia
Ultimo venne «il corvo». E non poteva che esser lui, il maggiordomo, l’«aiutante di camera» della Famiglia Pontificia Paolo Gabriele, il sospetto colpevole di quest’ennesimo romanzo vaticano. Un genere dalla tradizione solida, che segue le regole di base del più squisito feuilleton e che, da ben prima del «Vatileaks» e Dan Brown, sa stuzzicare il pubblico di ogni schieramento e fede. Il Vaticano resta, a tutt’oggi, l’unica istituzione reale che abbia in sé tutti gli elementi della narrazione d’appendice: segretezza e potere, grandi valori e addirittura, come nel sogno di qualunque scribacchino, un archivio segreto intorno al quale speculare. Così non stupisce che sia con un nuovo intreccio spionistico che festeggiamo i cento anni di un vero classico come I sotterranei del Vaticano di André Gide, che nel 1912 ipotizzava un complotto oltretevere che teneva prigioniero il Papa e lo sostituiva con un sosia. La trama del maestro «immoralista» non era in effetti un’invenzione scherzosa, ma si basava sui sospetti di molti cattolici francesi che, almeno a partire dal 1870, erano convinti che Pio IX fosse un figurante e che il vero pontefice fosse tenuto prigioniero in qualche galera piemontese. Idea strepitosa, dal punto di vista romanzesco, che ci introduce a un dato di fatto: il feuilleton vaticano non è mai stato un’esclusiva anticlericale. Al contrario, proprio l’idea dell’infiltrazione, della talpa, del complotto interno, ha costituito un’ossessione per i cattolici oltranzisti durante gli ultimi due secoli. Nell’anno 1806 Augustin Barruel, un polemista gesuita già autore del libro scandalo Storia del giacobinismo in cui denunciava una mano massonica dietro ogni rivoluzione moderna, riceveva una lettera a firma di un inesistente capitano J.B. Simonini. Ciò che vi si raccontava era orribile: un club segreto di Templari ed ebrei era riuscito a fare eleggere dei cardinali che si preparavano a far salire al Soglio di Pietro il primo papa israelita della Storia. Il capitano lo aveva scoperto infiltrandosi rocambolescamente tra le fila nemiche, e perciò, ora che la Chiesa, casta protagonista, era insidiata da mani rapaci, a pochi eroi spettava il compito più sacro: salvarla, prima che calasse il sipario. Come gli identici elementi siano poi andati a confluire nella trama horror del complottismo è noto. Se Lefebvre gridava a un papato ormai corrotto dagli agenti «della massoneria ebraica internazionale», Maurizio Blondet, col suo sito internet Effedieffe.com, si batte ancor oggi per dimostrare le infiltrazioni dell’Anticristo nella Chiesa. Eppure una trama che funziona ha la virtù di sapersi adattare. Nel suo essere immobile e secolare, il Vaticano può essere immagine della virtù da difendere come l’autentico baluardo del Male. Così, un anno prima che Simonini e Barruel vedessero nelle spie templari gli antagonisti della storia, il drammaturgo François Raynouard metteva in scena il suo Les Templiers (1805), in cui il papato era accusato di tramare da secoli per occultare la sapienza gnostica. La storia era vecchia, e messa in piedi in ambiente massonico, ma Napoleone in persona se ne intrigò a tal punto da incaricare l’autore di ricercare fantomatici documenti segreti nell’Archivio vaticano. Restò a bocca asciutta, eppure un nuovo, grande filone narrativo aveva a quel punto preso il via. Il feuilleton vaticano era entrato a far parte a pieno titolo del patrimonio anticlericale. Da una parte i narratori più facili: Léo Taxil, che presto sarebbe divenuto celebre per un cambio di sponda antimassonico, ma che negli anni Settanta dell’Ottocento accusava la Chiesa di trame e di scandali con romanzetti quali I crimini del clero e Abbasso la tonaca; o Garibaldi, che in tarda età pubblicava Il governo dei preti. Dall’altra parte i padri nobili di Dan Brown: da un insospettabile Maurice Leblanc con la Contessa di Cagliostro, ai grandi esoteristi Papus, De Guaita, Péladan, propagatori del verbo che ha ancora fortuna. Quello di un Vaticano a guardia di grandi segreti, verità nascoste sul Vangelo e sul Cristo, manoscritti top secret in grado di sconvolgere il mondo. Il grande romanzo vaticano propone comunque l’identica storia: un organismo sotto attacco, vittima di fughe di notizie, complotti e infiltrazioni continue. La scelta sta solo nella prospettiva: dalla parte del corvo che rompe il silenzio o di chi al corvo dà la caccia. La trama, da secoli, comunque funziona. *Scrittore, autore di «L’eternità stanca. Pellegrinaggio agnostico tra le nuove religioni», Laterza