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 2012  maggio 25 Venerdì calendario

Villa Adriana incubi e bugie sulla discarica - Qui, sulla Torre Bruna della sua villa di Tivoli, l’imperatore Adriano si affacciava di sera a ritemprarsi al fresco del Ponentino e a vedere Roma rossa di tramonto

Villa Adriana incubi e bugie sulla discarica - Qui, sulla Torre Bruna della sua villa di Tivoli, l’imperatore Adriano si affacciava di sera a ritemprarsi al fresco del Ponentino e a vedere Roma rossa di tramonto. Oggi, oltre all’autostrada (la A24 Roma-L’Aquila), si vede bello bello il muro marrone della cava che nel giro di pochi mesi sarà la nuova discarica della capitale, ora che verrà finalmente chiusa quella di Malagrotta, la più grande d’Europa, la più illegale del pianeta, ancora funzionante per le proroghe delle proroghe. Qui a Corcolle, il pratone di Campo di volo Roma Est - dove atterrano e decollano gli ultraleggeri - è una splendida terrazza sulla voragine della cava. E al di là dei campi di grano si scorge distintamente l’Accademia, la grande casa in cui soggiornava la moglie di Adriano. Gli occhi non sanno misurare tanto bene, e infatti si discute accanitamente su quanto distino la Villa di Adriano e la discarica. Tanto per sapere se il Ponentino, oltre alla brezza marina, porterà alla Villa e ai suoi dintorni anche il fetore della spazzatura. C’è chi dice che la distanza è di tre chilometri, chi di settecento metri. In realtà sono sette-ottocento metri dall’area di tolleranza, cioè la zona protetta a beneficio della Villa; di circa un chilometro dal muro di cinta; di circa un chilometro e mezzo dall’area visitabile (perché fra le tante sciagure di questa meravigliosa Villa, dai saccheggi dei secoli passati all’incuria di oggi, c’è l’impedimento di girarla tutta poiché è più estesa dell’area archeologica di Pompei, e i soldi sono sempre pochi). E dall’ingresso della Villa, l’intervallo è di un paio abbondante di chilometri. E’ pomeriggio, il sole picchia ma il Ponentino soffia, come tutti i giorni di tutto l’anno, da mattina a sera. La manica di vento del Campo di volo indica inesorabile la direzione: verso la Villa e verso Tivoli, e infatti il mondo intero sa che Adriano volle lì la residenza per il sollievo offerto dal refolo eterno. Gianni Innocenti, responsabile della sezione tivolese della Lega Ambiente, allarga le braccia ed elenca le manifestazioni, le sfilate, i cortei, i presidi che gli abitanti di Corcolle e delle altre frazioni (alcune in territorio romano, altre in quello di Tivoli) metteranno in piedi per bloccare la discarica a cui il governo ha già detto sì, e per bloccare la quale il ministro della Cultura, Lorenzo Ornaghi, ieri in visita su quelle strade, si è detto pronto alle dimissioni. Attorno alla cava è pura cartolina bucolica. Pecore al pascolo, grano, ulivi e vigneti biologici, coltivazioni di pesche e di kiwi. Qui ci sono aziendine col raro permesso di produrre un eccellente pecorino da latte crudo, opportunità che si conserva soltanto rispettando standard di altissima genuinità. A voler indugiare nel pittoresco più quartaginnasiale, c’è da perdersi davanti alle distese di papaveri e ginestra. «Questo è l’ultima porzione di agro romano antico», dice Innocenti, e si intende che è campagna preservata così com’è da qualche secolo, e riconosciuta dalla Regione. Dall’altro lato della valletta occupata dalla cava c’è il castello di Corcolle, costruito nel 1074 e nel quale (1111) venne tenuto prigioniero Papa Pasquale II in seguito alle solite beghe sulla legittimità della salita al soglio. Il proprietario del castello è proprietario anche della cava, e dice di essere stato turlupinato, ma ormai gli toccherà tenersi una vista privilegiata sull’immondizia. E la gente del posto già pregusta l’invasione dei gabbiani e lo spargimento imperterrito di guano per cui a Malagrotta si fanno gli incubi la notte. E’ l’Italia che è così. Un posto di competitiva arretratezza in cui si costruiscono ancora le discariche fuori da città che non raggiungono il venti per cento di raccolta differenziata. E infatti, sentendosi condannati, quelli di Corcolle, di Tivoli, di San Vittorino, per mano del Comitato di protesta sciorinano studi, statistiche e pareri sul danno che la discarica arrecherebbe alle falde acquifere, mica roba da niente: servono i rubinetti di Roma Est. Ma più delle scartoffie, può il vecchio esperimento empirico. La prefettura, dice Innocenti (quello di Lega Ambiente), sostiene che la falda passa cinque metri sotto la cava. Noi, dal Campo di volo, scendiamo per un centinaio di passi. A quel punto la cava è scomparsa dietro gli alberi. «Qui saremo dodici-quindici metri sopra il piano della discarica, cioè la parte superiore», dice Innocenti. Dalla strada sterrata spunta un tubo arancione servito ai tecnici della prefettura per i carotaggi. Prendiamo un sasso, roba più o meno da cinquanta grammi e lo lasciamo cadere nel tubo. Neanche tre secondi e si sente il tonfo nell’acqua. Non possono essere venti metri. «Una volta - dice Innocenti - con una bottiglietta legata a uno spago abbiamo misurato che l’acqua era a otto metri e mezzo, un’altra a dieci».