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 2012  maggio 24 Giovedì calendario

Ecco come la valuta parallela potrebbe aiutare l’euro in crisi - Quanti Wir occorrono per fare un Berliner? Semplice: 1,22 perché dietro quei nomi strani si nascondono un Franco svizzero e un Euro anche se in realtà si tratta di valute non ufficiali, non emesse dalla Bce ma utilizzate co­me pagamento rispettivamente in Svizzera e a Berlino

Ecco come la valuta parallela potrebbe aiutare l’euro in crisi - Quanti Wir occorrono per fare un Berliner? Semplice: 1,22 perché dietro quei nomi strani si nascondono un Franco svizzero e un Euro anche se in realtà si tratta di valute non ufficiali, non emesse dalla Bce ma utilizzate co­me pagamento rispettivamente in Svizzera e a Berlino. Un altro dei sinto­mi della crisi dell’Euro è il ritorno del­l’interesse nei confronti delle cosiddet­te «valute complementari», tranquilla­mente coesistenti da anni in parallelo alle valute ufficiali, spesso non notate dal grande pubblico. Eppure la valuta complementare è una cosa normalissima: un assegno non è una banconota statale, ma «mo­neta bancaria» e possiamo comprarci qualsiasi cosa, allargando poi lo sguar­do sempre di più possiamo considera­re gli scambi su internet pagati via paypal (che non è una banca), le mi­glia delle compagnie aeree, i punti dei programmi di fidelizzazione dei super­mercati fino a ricordare i vecchi getto­ni del telefono: sembravano monete, valevano 200 lire ma non erano affatto «moneta» ufficiale. Uno dei vantaggi della crisi è che co­stringe le persone a rivedere le proprie certezze: una di queste è costituita dal­la moneta. In molti sono ancora con­vinti che dietro al valore delle bancono­te ci siano beni reali, soprattutto oro. In realtà l’oro non ha più alcun peso nel valore di una moneta, basti pensa­re che l’Italia (che pur è il terzo stato possessore di oro al mondo) ha riserve auree per circa 100 miliardi di euro, quindi una minima frazione del valore della nostra economia e del debito pub­blico, pari a ben 2mila miliardi di euro. In realtà la moneta è semplicemente uno strumento di pagamento e trae il suo valore reale (quello venale è nullo, trattandosi di un pezzo di carta) dal fat­to di essere accettata come strumento di pagamento per le proprie obbliga­zioni. Sulle banconote in euro non si è avuta nemmeno l’accortezza di scrive­re a cosa servano, tuttavia nelle valute di più solida tradizione, come ad esem­pio il dollaro, vi è la nota che specifica come quel biglietto sia mezzo di paga­mento legale per ogni debito, pubbli­co o privato. Quindi, semplificando, possiamo dire che una moneta deriva il suo valore dalla sua capacità di estin­guere i debiti e, in particolare, dall’ob­bligo più grande che tutti i cittadini hanno, vale a dire quello fiscale. Se però l’unica moneta accettata co­me pagamento delle tasse è quella uffi­ciale, niente impedisce la diffusione di strumenti di pagamento alternativi che consentano di saldare conti relati­vi a un bene di cui è certa la richiesta da parte del pubblico (telefonate o bigliet­ti aerei, nel caso dei gettoni o delle mi­glia) oppure, nel caso di comunità suffi­cientemente coese, la formazione di un sistema di compensazioni recipro­che tale da formare una vera e propria «valuta ombra» come accade con il Wir svizzero, presente sin dal 1930. Co­me altre valute complementari si trat­ta di un’unità di conto cambiata alla pa­ri con la valuta ufficiale e con la quale una rete di imprenditori regola al pro­prio interno debiti e crediti, riuscendo a coprire transazioni anche di importo assai rilevante. In Germania si è assistito a un vero boom di queste valute parallele (il più famoso è il Berliner) equivalenti in va­lore a un euro e accettate in aree cittadi­ne, tanto da essere state oggetto di un approfondito studio da parte della Bundesbank che le ha bollate come «inefficienti». In barba alla Bunde­sbank però le valute complementari in­teressano molto, anche in Italia, dove si fanno interessanti test con strutture ispirate al Wir, come è il caso della Sar­degna e del circuito commerciale Sar­dex. In determinati casi la valuta paralle­la divenne addirittura necessaria, co­me nel caso della crisi argentina, dove a causa della distruzione del tessuto economico tradizionale si utilizzaro­no note di credito degli enti locali. Lo studio di questi sistemi di pagamento è di grande interesse e potrebbe aprire la strada a un furbo espediente per «creare moneta» in Italia senza dover passare necessariamente per la Bce, basterebbe consentire ai cittadini di pagare le tasse anche con titoli di Stato per creare contemporaneamente ad­dizionale domanda per il nostro debi­to e una comoda valuta complementa­re. Dal Berliner al Bot.