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 2012  maggio 25 Venerdì calendario

QUEI 60 MILIONI DELLO STATO ALLE RADIO «POLITICHE»

Ucciderne mille per mantenerne sei: il governo ha tagliato i rimborsi previsti per le radio locali ma continua a regalare milioni alle cosiddette radio «di partito». Contributi diretti, che arrivano al 70% delle spese messe a bilancio. Molto si è parlato delle ruberie perpetrate dai finti giornali di partito: per accedere ai contributi bastavano uno o due parlamentari compiacenti che dichiarassero (solo sulla carta) di rappresentare un movimento fittizio poi, come per incanto, compariva un giornale che ne diventava «organo» intascando i rimborsi. La legge sull’editoria, però, prevede che i contributi possano essere «corrisposti alternativamente per un quotidiano, un periodico o un’impresa radiofonica...».
Quando per i giornali venne abrogata la possibilità di ricevere i contributi col giochino del deputato «disponibile», ci si dimenticò di fare lo stesso per il settore radio-tv. Nel 2007 il claudicante governo Prodi pensò di intervenire stabilendo che anche le radio dovevano quantomeno «essere organi di partiti politici che abbiano il proprio gruppo parlamentare in una delle Camere o due rappresentanti nel Parlamento europeo, eletti nelle liste di movimento...». Subito dopo, però, ecco arrivare il salvagente per i furbetti. Nella stessa legge si stabilisce infatti che le emittenti «di partito» già inserite in graduatoria «continuano a percepire in via transitoria con le medesime procedure i contributi stessi, fino alla ridefinizione dei requisiti di accesso». Insomma, per chi ha già intascato continua la cuccagna e sparisce addirittura la scocciatura di cercarsi un onorevole che di anno in anno firmi la dichiarazione da allegare alla domanda.
In via transitoria, si capisce, d’altronde in Italia nulla è più stabile del transitorio... Dal 2004 al 2009 i contribuenti hanno versato nelle casse di sei radio «di partito» circa 60 milioni di euro. In cima al podio, tra i fortunati vincitori della lotteria (sempre gli stessi) c’è Radio Radicale, voce della lista di «Marco Pannella». Oltre alle decine di milioni erogati per un servizio di diretta parlamentare che fa pure la Rai, riceverà anche quest’anno più di 4 milioni di euro. Le radio di partito «verosimili», diciamo così, sarebbero finite qui: esiste anche Radio Padania ma i leghisti preferiscono incassare i contributi per il giornale La Padania che costa ben di più...
A seguire troviamo Ecoradio, un’invenzione dei Verdi di Pecoraro Scanio che entrò nel club grazie alle firme dei deputati ambientalisti Cento e Lion a nome del «Movimento politico Italia e libertà». I verdi si sfaldano, non così la scatola da soldi che passa a tal Marco Lamonica, proprietario di Ecomedia spa, voce del movimento «ComunicAmbiente» (e chi non lo conosce...) che sta per incassare 3 milioni e 274 mila euro. Tra i deputati che si sono alternati negli anni a metter la firma per garantire i finanziamenti a Ecoradio troviamo Massimo Fundarò (Verdi), Cinzia Dato (Ulivo), Mauro Libè (Udc) e Sandro Gozi (Pd). In sei anni Ecomedia spa ha portato a casa ben 18 milioni e 445 mila euro. Le spese di Ecoradio sono aumentate negli anni a dismisura: non così gli occupati, calati drasticamente. Dulcis in fundo, l’anno scorso il giudice del lavoro ha condannato Ecomedia per comportamento antisindacale. Insomma, soldi spesi bene.
Ottima performance anche per Radio Città Futura di Roma. L’ex emittente della sinistra extraparlamentare dopo tante vicissitudini è finita da alcuni anni nell’orbita di una nota agenzia di stampa radiofonica, storicamente vicina al Pd. Magicamente è diventata anche organo del movimento «Roma idee». I rimborsi sono lievitati dai 366 mila euro del 2004 ai 2 milioni e 182 mila euro nel 2009. Tutto reso possibile dalle firme pesanti date a suo tempo da due nomi grossi del Pd, Goffredo Bettini e Nicola Zingaretti. La rappresentanza del movimento «Roma Idee» ha fruttato a Rcf in sei anni oltre 10 milioni di euro. Quel movimento ovviamente esiste solo sulla carta, ma come idea per intascare soldi dallo Stato non è niente male.
A metà classifica, con 496 mila euro, troviamo Radio Veneto 1 di Treviso di proprietà di Tr.Ad sas di tal Roberto Ghizzo, rappresentante del movimento «Liga fronte veneto nord-est Europa». A «garantire» in questo caso sono prima il parlamentare leghista Antonio Serena e poi Simonetta Rubinato (Pd). Quasi lo stesso importo prende Radio Galileo di Terni che si è dichiarata «organo» di «Cittaperta» per gentile concessione del senatore Pd Leopoldo Di Girolamo. I contribuenti per finanziare questi famosissimi movimenti politici hanno già staccato un assegno rispettivamente di 3 milioni 227 mila euro e 2 milioni 412 mila euro.
L’ultima ruota del carro è Radiondaverde di Cremona diventata organo del movimento «A viva voce» grazie alle firme dei deputati ulivisti Lucia Codurelli e Daniele Marantelli. Per il 2009 prenderà 170 mila euro. Poveretti, una vera e propria elemosina, che comunque negli anni ha fruttato un gruzzoletto di quasi un milione di euro. Piccolo neo: a dicembre 2010 il Gip Guido Salvini, nell’ambito di un’inchiesta su una megatruffa perpetrata da alcuni editori emiliani e lombardi sui contributi editoria, ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare anche per l’amministratrice di Radiondaverde Raffaella Storti. L’accusa è stata successivamente archiviata e i soldi continuano ad arrivare.
Ora il governo Monti ha abbassato la percentuale del rimborso alle (finte) radio di partito dal 70% al 40% (che può però arrivare al 50% se hanno poca pubblicità). Bene, anzi male, malissimo. Vorrà dire che invece di regalare dieci milioni di euro all’anno ne regaleranno «solo» sette. Altro che «spending review», i tecnici adottano la stessa linea di Tremonti: tagli lineari che limano i contributi a questi sedicenti «organi», ma non mettono minimamente in discussione la legittimità a riceverli. Sarebbe invece il momento di presentare il conto, destinando risorse solo agli aventi diritto e non a chi prospera sfruttando amicizie politiche, costi quel che costi, anche al prezzo di ambiguità, compromessi, o veri e propri sotterfugi.
Paolo Soglia