Federico Rampini, la Repubblica 25/5/2012, 25 maggio 2012
Il Grand Canyon è a secco "Per salvarlo lo innaffiamo" – Missione: salvare il Grand Canyon. E´ stato definito, in un sondaggio globale della Cnn, «una delle sette meraviglie naturali del mondo»
Il Grand Canyon è a secco "Per salvarlo lo innaffiamo" – Missione: salvare il Grand Canyon. E´ stato definito, in un sondaggio globale della Cnn, «una delle sette meraviglie naturali del mondo». E´ una delle bellezze più visitate dai turisti; tra le più sfruttate anche da Hollywood come sfondo per i film, dal western classico alla fantascienza. E´ un luogo sacro per le tribù native degli indiani d´America, dagli Zuni agli Hualapai e Havasupai. Fu tra i primi parchi nazionali sotto tutela federale, per decisione del presidente Theodore Roosevelt nel 1906. Eppure sta morendo. Anno dopo anno, il magnifico e sconfinato monumento naturale scolpito sull´altopiano dell´Arizona dal fiume Colorado, sta diventando un deserto. La flora e la fauna s´impoveriscono, a partire dalle specie di pesci che originariamente popolavano il fiume. Un´ecatombe di tante forme di vita che facevano parte del Canyon, impoveriscono un ecosistema fragile. La catastrofe al rallentatore, invisibile ad occhio nudo, è provocata da un´opera umana. La colpa è di una "novità" che data in realtà di cinque decenni, ma è recentissima rispetto alla vita del Grand Canyon, scavato dal Colorado River ben 17 milioni di anni fa. L´intervento umano risale agli anni Sessanta con la costruzione di una diga a monte, la Glen Canyon Dam, per generare corrente elettrica e rifornire sei milioni di abitanti in zone comprese tra l´Arizona e lo Utah. La diga è nata anche per regolare il corso del fiume, evitare danni da alluvioni: c´è riuscita fin troppo. Di fatto ha alterato il corso del fiume con effetti che nessuno aveva previsto all´origine. E´ bastato che scomparissero o si riducessero diversi banchi di terre e sabbie, formati dal Colorado nelle sue anse: in quei depositi sedimentati dalle correnti si nutrivano i pesci originari, la specie del "cavedano gobbo" (gila cypha, è il nome scientifico), ora in via di estinzione. La scomparsa dei pesci a sua volta ha delle ricadute sugli animali predatori che si nutrivano nel fiume, e così via secondo una catena di ripercussioni "a valle" che è tipica di ogni ecosistema dagli equilibri delicati. L´allarme degli ambientalisti ha fatto scattare la missione "salvare il Grand Canyon". Questo monumento naturale ha un esercito di aficionados non solo occasionali: il parco naturale ha un´associazione di membri-protettori attiva fin dal 1932, oltre al marchio di tutela dell´Unesco. E così l´Amministrazione Obama si è decisa a organizzare un salvataggio dalle caratteristiche complicate. Sotto il controllo del ministro dell´Interno, Ken Salazar, squadre di esperti geologi, idrologi e ambientalisti stanno preparando delle "inondazioni controllate". Manovrando le chiuse della diga vicino al lago Powell, l´obiettivo è simulare delle alluvioni naturali, come quelle che dalla preistoria hanno dato al Grand Canyon la sua fisionomia attuale, costruendo anche quei depositi naturali sul fondale del fiume dove trovavano rifugio e cibo i suoi pesci e le altre specie. La task force di scienziati sta lavorando per ottenere una "simulazione" quanto più fedele del comportamento che il fiume ha seguito per 17 milioni di anni, guidato dai capricci della meteo e delle precipitazioni. Tutto il contrario della "regolazione" del corso delle acque, per la quale fu costruita la diga. C´è una complicazione in più, che ostacola la "missione impossibile": non dovuta alla natura ma alla cultura umana. Oltre a ricreare l´ambiente geologico e idrologico più favorevole ai pesci autoctoni, i biologi del parco naturale avevano iniziato lo sterminio di una razza invasiva e aggressiva, le trote d´acqua dolce importate da altre aree. Apriti cielo: l´eliminazione in massa di esseri viventi come i pesci è un crimine contro la natura per i superstiti del popolo Zuni, una delle tribù (ora "nazione") degli indiani d´America originari dell´Arizona. Il Grand Canyon è un luogo sacro per gli Zuni, e le loro proteste hanno trovato l´immediata solidarietà degli ambientalisti. Così la missione "salvare il Grand Canyon" ha una coda aggiuntiva: salvare anche le trote. Che non saranno più uccise, bensì «trasportate vive» e infine «reinsediate in altri bacini d´acqua», secondo le garanzie formali che il ministro Salazar ha fornito ai rappresentanti Zuni. Con i diritti delle trote formalmente riconosciuti, può partire la parte più delicata: manovrare le chiuse perché lascino passare masse d´acqua improvvise, imitando quanto più sarà possibile "eventi estremi" come lo scioglimento dei ghiacciai, o i nubifragi estivi.