Varie 25/5/2012, 25 maggio 2012
APPUNTI PER GAZZETTA. CHE SUCCEDE IN VATICANO
REPUBBLICA.IT
CITTA’ DEL VATICANO - Alla fine, il colpevole è il maggiordomo. Come in un romanzo ’giallo’, è stato trovato in possesso di documenti riservati e ora è in stato d’arresto Paolo Gabriele, "aiutante di camera" della famiglia pontificia, sospettato di essere, dalla Gendarmeria vaticana, il ’corvo’ della Santa Sede, quello che, dopo aver trafugato documenti segretissimi, li avrebbe fatti arrivare a Gianluigi Nuzzi per la stesura del libro ’Sua Santità’ 1. L’uomo è ora a disposizione del promotore di giustizia vaticano, Nicola Picardi. Lo ha reso noto il vice direttore della sala stampa della Santa Sede, padre Ciro Bendettini. Era stato padre Federico Lombardi, un’ora prima, ad annunciare che l’indagine della Gendarmeria vaticana sulla diffusione di documenti segreti "ha permesso di individuare una persona in possesso illecito di documenti riservati".
Il giorno dopo la decisione del Consiglio di sovrintendenza dello Ior di sfiduciare il presidente della Banca della Santa Sede, Ettore Gotti Tedeschi, 2 con l’accusa di non aver svolto funzioni di primaria importanza per il suo ufficio, Lombardi, in evidente riferimento a ’Vatileaks’, ha annunciato: "Questa persona - ha aggiunto il gesuita - si trova ora a disposizione della magistratura vaticana per ulteriori
approfondimenti". Ieri peraltro, sempre da ambienti vaticani, era filtrata anche l’ipotesi che il ’corvo’ fosse proprio Gotti Tedeschi.
Le indagini della Gendarmeria vaticana, ha precisato il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi, sono state svolte "secondo istruzioni ricevute dalla Commissione cardinalizia e sotto la direzione del promotore di Giustizia". La Commissione cardinalizia è composta dai cardinali julian Herranz, Josef Tomko e Salvatore de Giorgi.
Ingente mole di documenti. Una mole ingente di documenti riservati è stata trovata dalla Gendarmeria Vaticana in un appartamento di via di Porta Angelica, dove abita con la moglie e i tre figli Paolo Gabriele, l’assistente di camera, cioè il maggiordomo, di Benedetto XVI. Romano, poco più che 40enne, l’uomo lavora nell’appartamento pontificio dal 2006, ed è stato inserito nella Famiglia del Papa dopo essere stato a servizio del prefetto della Casa Pontificia, monsignor James Harwey. Ieri pomeriggio Gabriele è stato prima fermato dagli agenti comandati dall’ispettore generale Domenico Giani e poi interrogato dal promotore di giustizia, Nicola Picardi, che lo ha dichiarato in arresto. Anche se qualcuno ora si domanda in Vaticano se si tratti del ’corvo’ o di un ’capro espiatorio’, sembra molto difficile che l’arresto sia stato compiuto con leggerezza trattandosi di un ’familiare’ del Papa.
Dalla scrivania del Papa al libro di Nuzzi, le carte segrete di Vatileaks. Lettere top secret indirizzate al Papa e al segretario particolare, Georg Ganswein. Documenti riservati sul caso Boffo, su Emanuela Orlandi, su incontri privati di Benedetto XVI. Carte che dalla scrivania del Papa sono finite nelle pagine del libro ’Sua Santità’ del giornalista Gianluigi Nuzzi. Si scoprono equilibri di potere, rapporti diplomatici della Santa Sede, consigli rivolti al Papa da alti prelati. In un fax inviato al segretario particolare del Pontefice, l’ex direttore di Avvenire parla di un particolare "retroscena": a trasmettere all’ex direttore del Giornale, Vittorio Feltri, il "documento falso" sul procedimento per molestie a carico di Boffo "è stato il direttore dell’Osservatore Romano, professor Gian Maria Vian, il quale non solo ha materialmente passato il testo della lettera anonima, ma ha dato ampie assicurazioni che il fatto giudiziario da cui quel foglio prendeva le mosse riguardava una vicenda certa di omosessualità". L’ex direttore di Avvenire si lascia andare a ipotesi su chi possa essere stato in Vaticano ad aver ordito il complotto e, nella lettera inviata a Georg, tira in ballo il segretario di Stato, Tarcisio Bertone.
Tra le lettere e gli appunti segreti rivelati a Nuzzi dalla "gola profonda" in Vaticano, c’è anche una nota scritta in occasione di una cena di Benedetto XVI con il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e sua moglie Clio, in cui il capo dello Stato è indicato come interlocutore anche su temi come la famiglia, nonostante sia "sposato con rito civile". In altri documenti si parla di temi fiscali, come la questione dell’Ici, fino a toccare lo scandalo del San Raffaele.
(25 maggio 2012)
IL LIBRO DI NUZZI
ROMA - "Dopo la morte di Karol Wojtyla ho iniziato a mettere da parte copie di alcuni documenti di cui venivo in possesso per la mia attività professionale...". Comincia così il racconto che "Maria" (la "gola profonda vaticana) fa al giornalista Gianluigi Nuzzi nel libro "Le carte segrete di Benedetto XVI" (edizioni Chiarelettere) che è oggi al centro della vicenda che ha portato all’arresto di Paolo Gabriele, il maggiordomo del Papa.
Che sia lui o meno l’uomo che ha passato le carte (alcune davvero esplosive) a Nuzzi, lo diranno il tempo e la giustizia vaticana. La descrizione che ne fa Nuzzi ci fa pensare a un personaggio di livello per così dire "superiore" legato a una specie di organizzazione che compare nella fase iniziale del loro rapporto (primavera 2011) che lo controlla e lo protegge. Solo dopo alcuni incontri con personaggi di questo misterioso gruppo (dalla descrizione che ne fa Nuzzi, si potrebbe pensare ad agenti segreti di chissà quale servizio), il giornalista di "Libero" viene condotto in un appartamento vuoto (non lontano dal Vaticano) dove incontra la sua fonte "seduto su una sedia di plastica" in una stanza completamente vuota. Nel primo incontro "Maria" elenca diversi "scandali" vaticani e spiega così le sue motivazioni: "Finché non si fa piena chiarezza, certe vicende rimarranno sospese per sempre...".
Dunque, "Maria", non ce l’ha col Papa. Gli ruba i documenti segreti
e li passa a un bravo giornalista che ne fa un libro davvero interessante e sorprendente perché, in fondo, vorrebbe che Ratzinger riuscisse davvero a portare avanti il suoi progetti di "pulizia" nella Chiesa. Perché ha capito che senza verità questa pulizia sembra destinata ad arenarsi. Il "colpevole", nel libro di Nuzzi, non è dunque Benedetto XVI, che può essere al massimo accusato di una certa incoerenza o debolezza. L’uomo "nero" che impedisce il cambiamento, secondo il giornalista di "Libero", è certamente il segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone.
Paolo Gabriele, nel libro, compare una volta sola, a pagina 11 all’inizio del capitolo intitolato "Fonte informativa Maria" all’inizio dei paragrafi dedicati alle stanze di Benedetto XVI: "A curare ogni sua esigenza, nella residenza, ci sono le persone della famiglia pontificia. Innanzitutto lo staff dell’appartamento: Paolo Gabriele, aiutante di camera del papa, una sorta di maggiordomo...". Non più di nove parole per descriverlo anche se un involontario indizio potrebbe stare proprio nel fatto che il suo è il primo nome che compare (oltre a quello del Papa) nel capitolo che fa il ritratto di "Maria".
Il resto del libro, squaderna a uno a uno, documenti sempre più sconvolgenti, relativi ai "casi" che hanno riempito di veleni gli anni di Papa Ratzinger: la vicenda Boffo, la storia di Viganò, le azioni in territorio italiano degli uomini dei servizi vaticani, i rapporti sull’Ici del nuovo presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi (cacciato proprio ieri), il problema dei preti pedofili e quello dei Legionari di Cristo, i lefebvriani, il cardinale Carron, capo di Cl, che attacca la curia milanese di simpatie politiche a sinistra. E anche questioni più antiche ma sempre attuali, come il caso Orlandi. Sullo sfondo, importanti manovre politiche ed economiche in cui il "dio denaro" e il "dio potere" la fanno da padroni. E il capitolo forse "centrale", intitolato con estrema chiarezza "Tarcisio Bertone, l’ambizione al potere" in cui si dà conto dei molti che hanno cercato di convincere il papa a liberarsi del suo segretario di Stato, ma viene anche esplicitata la risposta che Benedetto XVI ha dato, una volta per tutte, a chi gli faceva pressioni: "De Mann bleibt woer ist, und basta" ("L’uomo resta dove sta. E basta").
Nuzzi e "Maria" non sembrano aver accettato quel "Basta". Le carte segrete di cui il libro è ricchissimo mostrano uno spaccato vaticano decisamente al curaro con gruppi di potere che si combattono duramente e un Papa che sembra quasi assente, impegnato a parole nel cambiamento, ma,in realtà, quasi succube del suo potentissimo superministro.
Sarà ora interessante sentire cosa avrà da dire Nuzzi. Dovrà coprire la sua fonte. Ma non è detto che negare eventuali rapporti con Paolo Gabriele, sia la strada migliore per salvare "Maria". Anche se dal libro sembra impossibile che "Maria" fosse sola e che fosse solo un umile cameriere, ancorché papale.
(25 maggio 2012)
REPUBBLICA.IT - RITRATTO DI GOTTI TEDESCHI
MILANO - Piacentino classe 1945, una moglie e cinque figli, Ettore Gotti Tedeschi è arrivato allo Ior dopo un cursus ampio nella finanza internazionale, durante il quale non ha mai dimenticato la pratica cattolica, dalle funzioni di precetto agli ambienti ovattati dell’Opus Dei. Per quasi tre anni ha presieduto l’Istituto opere di religione cercando di emendarne, almeno in parte, un passato non cristallino, in cui l’extraterritorialità della banca era stata sfruttata da più affaristi italiani per farvi transitare fondi neri e opere di tangenti. Pratica che gli è anche costata un’indagine per riciclaggio, tuttora in corso.
La polvere si depositerà e capiremo se il banchiere di Pontenure "non ha svolto bene il suo lavoro" o invece è vittima di scontri di potere tra alti prelati Oltretevere. Certo il cammino professionale e personale del docente di Etica della finanza all’università Cattolica di Milano è stato costellato di esperienze di riguardo. Negli anni Settanta si occupa di consulenza industriale e finanziaria, con Metra-Sema a Parigi e poi in McKinsey a Milano e Londra. Dal 1985 diventa banchiere d’affari, prima alla Procomin di Imi-Bnl, poi alla merchant Sige (gruppo Imi), dove conosce il banchiere Gianmario Roveraro (membro dell’Opus Dei, assassinato drammaticamente nel 2006). Con Roveraro nel 1987 fonda la banca d’affari Akros, raccogliendo fondi da 210 azionisti, tra cui i principali capitalisti italiani. Nel 1990 lavora al collocamento della Parmalat di Calisto Tanzi. Entra anche nel cda dell’agroalimentare poi fallita, solo un anno (1991).
Nel 1992 lascia Akros e fonda con Emilio Botín la filiale italiana del Banco Santander. Con il banchiere spagnolo, tra i più influenti al mondo, è in rapporti diretti e fiduciari. Ne guida le attività in Italia, con un ruolo importante nella gestione della partecipazione nel Sanpaolo (di cui è per anni consigliere).
Negli anni del quarto governo Berlusconi rinsalda i rapporti con Giulio Tremonti, ministro del Tesoro, che lo nomina consigliere per "i problemi economico-finanziari ed etici nei sistemi internazionali" e lo inserisce nel cda della Cassa Depositi e Prestiti dal 2004 al 2007 e dal 2009 a oggi.
Economista di stampo liberista, autore di un libro dal titolo "Denaro e paradiso" è presidente del Direttivo del Centro Studi Tocqueville-Acton. E’ editorialista de L’Osservatore Romano e del Sole 24 Ore. Il suo avvicinamento al Vaticano era iniziato nel 2008 quando il Segretario di Stato Tarcisio Bertone lo chiamò a occuparsi della gestione finanziaria del Governatorato Vaticano, i cui bilanci erano in rosso per 15 milioni.
(24 maggio 2012)
CORRIERE.IT
MILANO - È il maggiordomo del Papa il "corvo" che ha fatto uscire dal Vaticano le carte segrete. Si tratta di Paolo Gabriele, aiutante di camera della famiglia pontificia, in sostanza il cameriere del Pontefice. Questa mattina Gabriele sarebbe stato ascoltato in un interrogatorio dal promotore di giustizia vaticano, Nicola Picardi. Le autorità vaticane avevano dato notizia del fermo di una persona «in possesso illecito di documenti riservati». Almeno così aveva riferito in mattinata il responsabile della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, senza però rivelare il nome del "corvo". Ma secondo alcune indiscrezioni, una mole ingente di documenti riservati è stata trovata dalla Gendarmeria Vaticana nell’appartamento di Gabriele, inserito nella «Famiglia del Papa» dopo essere stato a servizio del prefetto della Casa Pontificia, monsignor James Harwey.
IL MAGGIORDOMO - Gabriele, Paoletto negli ambienti vaticani, figura nell’Annuario Pontificio con la qualifica di «aiutante di camera» di Benedetto XVI ed è tra i «familiari» di Sua Santità. Fa parte infatti del ristretto gruppo di persone ammesse all’interno della «famiglia pontificia». Una selezionatissima cerchia di persone che lavorano a contatto con il Papa: uno staff di collaboratori in cui figurano anche quattro laiche, coordinate da una suora tedesca. È diventato maggiordomo del Pontefice nel 2006, con il passaggio di consegne da parte di Angelo Gugel, per anni a servizio di Giovanni Paolo II. Gabriele sarebbe uno dei pochi laici ammessi all’interno delle stanze degli appartamenti papali.
LE FUNZIONI - Il suo ruolo prevede la cittadinanza vaticana e infatti vive con la famiglia in una palazzina all’interno della mura leonine, nella zona residenziale dello Stato. Già fin dalle prime ore del mattino, l’aiutante di camera compare nella stanza del Pontefice per aiutarlo a vestirsi e partecipa alla messa che il Papa celebra in forma privata nella Cappella dell’Appartamento. L’aiutante lo segue poi negli appuntamenti della giornata, come le udienze pubbliche e private. Tra i suoi compiti, anche quello di servire il Pontefice al momento del pranzo quando, non di rado, egli stesso siede poi alla tavola di Benedetto XVI per consumare i pasti. Alla sera, prepara la stanza da letto del Pontefice e si congeda quando Ratzinger si ritira nel suo studio. Inoltre, assiste il Papa anche durante i viaggi. Proprio per il suo ruolo, ha accesso a tutte le «chiavi» che aprono porte, scale e ascensori tra i più riservati del mondo.
IL LIBRO DI NUZZI - Nei giorni scorsi il Vaticano aveva definito «atto criminoso» la pubblicazione di documenti riservati e di lettere private al Papa in un libro del giornalista Gianluigi Nuzzi. Lettere top secret indirizzate al Pontefice e al segretario particolare, Georg Ganswein. Documenti riservati sul caso Boffo, su Emanuela Orlandi, su incontri privati di Benedetto XVI.
GOTTI TEDESCHI - L’arresto del maggiordomo è solo l’ultimo capitolo del Vaticanleaks e dello scontro interno al Vaticano degli ultimi giorni: giovedì la discussa sfiducia al presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi. Il banchiere guidava l’Istituto per le opere di religione - la cosiddetta banca vaticana - dal 2009, un periodo relativamente breve ma denso di avvenimenti e tensioni.
CORRIERE.IT - PAOLA PICA
MILANO - «Sono dibattuto tra l’ansia di spiegare la verità e il non voler turbare il Santo Padre». Il presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi commenta così, con l’ Ansa, la drammatica rottura con il Consiglio di Sovrintendenza della Banca Vaticana, il board dei laici, che giovedì lo ha sfiduciato all’ unanimità. «Il mio amore per il Papa - ha aggiunto - prevale anche sulla difesa della mia reputazione vilmente messa in discussione». Fu proprio Benedetto XVI a chiamare il banchiere ed economista al vertice dell’Istituto per le Opere religiose nel 2009. Il contrasto di Gotti Tedeschi con il Consiglio è maturato sull’applicazione della legge sulla trasparenza e l’antiriciclaggio e lo scandalo del San Raffaele.
LA «WHITE LIST» E LA ROTTURA CON BERTONE - «Pago la difesa della legge antiriciclaggio e la vicenda del San Raffaele» si era confidato giovedì sera dopo la drammatica rottura Gotti Tedeschi, consulente del Papa per l’Enciclica «Caritas in Veritate» ed editorialista dell’ Osservatore Romano. Il deteriorarsi dei rapporti con il cardinale Tarcisio Bertone, presidente della Commissione di Vigilanza dello Ior, è stato attribuito alle diverse vedute, e ai tortuosi passaggi, dell’applicazione delle norme antiriciclaggio con le quali il Vaticano aspira, nelle prossime settimane, a entrare nella «White List» dei Paesi virtuosi.
BAGNASCO: TUTTI SIAMO PER LA TRASPARENZA - La «trasparenza» in questa vicenda è un valore su cui «dobbiamo convenire, e tutti gli attori in gioco ai vari livelli vogliono questo e perseguono questo» ha commentato il cardinale Angelo Bagnasco che ha assicurati di aver appreso la notizia «questa mattina dai giornali».
Paola Pica
PEZZO DI VECCHI STAMATTINA SUL CORRIERE
CITTÀ DEL VATICANO - Tutta l’amarezza e il senso dello scontro che si è consumato in Vaticano sta in una frase, quando tutto ormai era finito: «Pago la difesa della legge antiriciclaggio e la vicenda del San Raffaele». Ettore Gotti Tedeschi dalle 14 di ieri non è più il presidente dello Ior. È uscito dalla sala quando il Consiglio di sovrintendenza dell’istituto lo ha sfiduciato «all’unanimità». Di lì a poco è stata diffusa una nota di durezza inaudita, per la Santa Sede.
NEMMENO UN «GRAZIE» - Nessuna frase o ringraziamento di circostanza. Solo la comunicazione che «fra i temi in agenda» c’era «ancora una volta» la «governance» dello Ior che «nel tempo» ha «destato progressiva preoccupazione», una situazione che si è «ulteriormente deteriorata» nonostante le «ripetute comunicazioni» all’ormai ex presidente. Gotti Tedeschi, si legge, è stato sfiduciato «per non avere svolto varie funzioni di primaria importanza per il suo ufficio», e ora si «guarda avanti» per cercare «un nuovo ed eccellente presidente». Venerdì si riunirà la commissione di vigilanza dello Ior - composta da cinque cardinali e presieduta dal Segretario di Stato Tarcisio Bertone - per «trarre le conseguenze» della sfiducia. La presidenza dovrebbe andare ad interim al vicepresidente Ronaldo Hermann Schmitz.
WHITE LIST - Ma certo la faccenda non si chiuderà qui, tanto più mentre la Santa Sede attende «a luglio» di sapere se sarà ammessa nella «white list» dell’Ocse, la lista dei Paesi virtuosi contro il riciclaggio di denaro sporco.
La «sfiducia» è clamorosa, Gotti Tedeschi è stato uno dei consulenti di Benedetto XVI per la Caritas in Veritate , un editorialista di punta dell’ Osservatore , con un rapporto diretto col Papa e l’Appartamento. Uno dei motivi principali dello scontro - da mesi si parlava di una destituzione di Gotti Tedeschi, veleni anonimi Oltretevere sono arrivati a collegarlo allo scandalo dei corvi - sta proprio nella legge antiriciclaggio che ha finito per farlo scontrare con il cardinale Bertone, proprio l’uomo che d’accordo con il Papa lo aveva voluto allo Ior nel 2009 il nome del nuovo corso e della trasparenza: ad alcuni non piacque quando Gotti Tedeschi si presentò ai giudici italiani senza attendere rogatorie.
SAN RAFFAELE - Poi l’anno scorso i suoi dubbi crescenti sull’operazione (rientrata) San Raffaele hanno incrinato i rapporti. Ma soprattutto il problema è che la Santa Sede, per entrare nella white list , ha approvato successivamente due versioni delle norme antiriciclaggio. La prima è la legge vaticana «CXXVII» (127), in vigore il 1° aprile dell’anno scorso. Fu curata da esperti dell’Authority presieduta dal cardinale Attilio Nicora, come il direttore Francesco De Pasquale e Marcello Condemi, autori nel febbraio 2008 di un «Quaderno» della Banca d’Italia sui «Lineamenti della disciplina internazionale di prevenzione e contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo». Ma il 25 gennaio di quest’anno «per urgente necessità» la legge è stata «modificata e integrata» con il decreto «CLIX» (159). Il cardinale Nicora si era mostrato preoccupato, «la nuova versione riforma in toto l’assetto istituzionale del sistema antiriciclaggio, ridefinendo compiti e ruoli dell’Autorità. Dall’esterno, anche se erroneamente, potrebbe essere visto come un passo indietro». Gli ispettori di «Moneyval» arrivati a novembre in Vaticano sono così tornati a marzo. Gotti Tedeschi difendeva la prima versione contro la seconda, corretta dall’avvocato della Santa Sede negli Usa, Jeffrey Lena. Ciascuna parte ha sostenuto che il proprio testo fosse più aderente agli «standard internazionali».
I DUBBI DI MONEYYAL - Di certo a metà maggio, a Strasburgo, Moneyval ha espresso dubbi sul ridimensionamento dell’Authority di vigilanza e il controllo della Segreteria di Stato, con la nuova e ormai definitiva legge. Il momento è delicato. E pensare che ancora a marzo, Oltretevere, si negavano le voci dicendo: «Destituire Gotti Tedeschi, uno degli artefici della trasparenza, darebbe un’immagine devastante in vista del giudizio europeo, come tornare ai tempi di Marcinkus».
Gian Guido Vecchi
FRANCO SUL CORRIERE DI STAMATTINA: UN ANNO DI VELENI
Raccontano che sia l’ultima vendetta di Tarcisio Bertone, il controverso Segretario di Stato vaticano. Il «licenziamento» di Ettore Gotti Tedeschi, economista e banchiere, è il frutto marcio di uno scontro nei meandri più segreti e torbidi del potere finanziario d’Oltretevere. Una guerra coperta, felpata, combattuta per mesi senza rotture pubbliche; ma ufficializzata ieri con un comunicato così duro da far sorgere molte domande, più che offrire risposte e spiegare in modo convincente l’accelerazione. L’impressione è che la sorte di Gotti Tedeschi sia stata segnata dalle sue perplessità sull’operazione di salvataggio dell’ospedale San Raffaele, voluta fortemente da Bertone e dalla sua cerchia; poi dalle resistenze del numero uno dello Ior di fronte al blitz natalizio che ha cambiato la legge antiriciclaggio, considerata uno dei punti fermi per spezzare la continuità col passato della banca; e infine dalle sue esplicite riserve ad avallare il ridimensionamento dell’Aif: l’Autorità di informazione finanziaria presieduta dal cardinale Attilio Nicora.
Insomma, non è stata una decisione inattesa né improvvisa. Ha l’aria di un siluramento al rallentatore, ovattato e perfido come avviene in questa stagione nelle stanze vaticane. L’epilogo arriva dopo ripetute offerte di dimissioni respinte e un lungo, graduale processo di isolamento passato attraverso lusinghe, poi avvertimenti, e alla fine vere intimidazioni. E conclusosi con una decapitazione che prende atto dell’incomunicabilità e dell’incompatibilità che regnava da mesi fra il «primo ministro» del papa e quello che ormai era il suo banchiere di riferimento solo formalmente. Il conflitto fra Gotti Tedeschi, chiamato da Benedetto XVI e dallo stesso Bertone per restituire credibilità anche internazionale allo Ior, si consuma sotto gli occhi di un’opinione pubblica già disorientata dalle faide che affiorano dalle cronache della Curia; e, almeno finora, nel silenzio dell’«appartamento» papale.
Ma qui si indovina qualcosa di più inquietante, che riguarda l’identità e il futuro della banca del Vaticano, candidata a entrare nella «white list», la «lista bianca» degli istituti di credito ritenuti virtuosi dalla comunità finanziaria internazionale. La sfiducia a Gotti Tedeschi sembrerebbe il primo passo per circoscrivere i compiti dell’Aif, creata da Benedetto XVI nel dicembre del 2010 in primo luogo per prevenire e contrastare «il riciclaggio dei proventi di attività criminose». Parallelo a quello di Gotti Tedeschi, in questi ultimi tempi si sarebbe infatti accentuato il ridimensionamento del cardinale Nicora, ritenuto non abbastanza docile alle indicazioni della Segreteria di Stato; e, riferiscono in Vaticano, obbligato ad aspettare anche giorni e giorni prima di essere ricevuto da Bertone.
Nelle ultime settimane, la situazione si era appesantita attraverso segnali inequivocabili. Riunioni convocate in segreto, tagliando fuori dalle informazioni più «sensibili» Gotti Tedeschi. Voci velenose quanto inverosimili per additare il cattolicissimo banchiere come «il corvo» che faceva filtrare sui giornali le lettere più riservate al papa: una tesi risibile ma utile a fargli arrivare il messaggio che ormai era considerato un nemico indesiderato. L’accusa non detta: essere troppo amico della Banca d’Italia e della Bce di Mario Draghi, e non abbastanza duttile. A questo contorno si sono aggiunti, nel marzo scorso, articoli «ispirati» che accusavano il banchiere di essere all’origine delle classifiche del Dipartimento di Stato Usa, secondo le quali il Vaticano è poco affidabile quanto a trasparenza finanziaria.
In quelle analisi si sosteneva che il vecchio testo della legge antiriciclaggio, quello cambiato da Gotti Tedeschi, era migliore dell’attuale; e che il banchiere si era mosso solo per lucidare la sua immagine di moralizzatore, a discapito del Vaticano: anche se non si spiega perché allora, fra Natale e Capodanno, qualcuno ci abbia rimesso le mani all’insaputa del presidente dello Ior e, pare, dello stesso Nicora. Insomma, le tracce dell’accerchiamento c’erano tutte. E di recente si sono aggiunte brusche convocazioni, rigorosamente in inglese, da parte dell’avvocato Jeffrey Lena: il californiano di Berkeley che rappresenta il Vaticano nelle cause contro i preti pedofili negli Usa; e che da tempo ha assunto un ruolo-chiave nelle vicende finanziarie della Santa Sede come difensore dell’ortodossia bertoniana nei confronti dello Ior e dell’Aif.
Tocco surreale, qualche giorno fa gli ambasciatori presso la Santa Sede sono stati invitati a visitare la banca vaticana. A spiegarne il funzionamento e il ruolo è stato il direttore generale, Paolo Cipriani, bertoniano di stretta osservanza. Alcune agenzie hanno riferito che «fra gli altri» era presente anche Gotti Tedeschi, in realtà assente. Assenza strana, anche se è più singolare che qualcuno abbia voluto fingere che ci fosse. Il banchiere è stato sfiduciato «all’unanimità», precisa un comunicato della Santa Sede, «per non avere svolto varie funzioni di primaria importanza». Eppure, si sa che Benedetto XVI ha sempre apprezzato il rigore morale e la competenza di Gotti Tedeschi: compreso il suo «pallino», non da tutti condiviso, sulla crescita demografica come uno degli strumenti per risolvere la crisi dell’Occidente.
Per il Vaticano si tratterà ora di fronteggiare un incidente con un’eco internazionale insidiosa. Forse, una delle poche consolazioni del pontefice è che dall’allevamento dell’architetto Paolo Portoghesi a Calcata, a nord di Roma, stanno arrivando asinelli e caprette maltesi per ripopolare i giardini vaticani. E sono spuntate delle cucce per gli amati gatti, riapparsi dopo un periodo in cui, a dare ascolto a certe leggende del sottosuolo papalino, venivano abbattuti da un chiacchierato monsignore amante della caccia.
Massimo Franco
PEZZO DI MARCO ANSALDO SU REPUBBLICA DI STAMATTINA
CITTÀ DEL VATICANO - L´accusa, detta a voce, arriva solo in fondo. Ed è secca come una stilettata: «Ettore Gotti Tedeschi è stato sfiduciato all´unanimità dal Consiglio di sovrintendenza dello Ior perché non ha svolto funzioni di primaria importanza per il suo ufficio. E perché era uno dei "corvi"».
Il presidente della Banca della Santa Sede uno degli autori delle lettere vaticane segrete diffuse sui media? Gotti Tedeschi, con la moglie in clinica appena operata, reagisce con furia all´insidia che, in realtà, è un carico da quaranta perché proviene - nientemeno - che dalla Segreteria di Stato vaticana: «Se ci provano solo a dirlo, dica loro che li querelo».
Finisce così, con gli stracci che volano all´ombra dei "Vaticanleaks", le rivelazioni nella Santa Sede, quella che fino a solo pochi mesi fa era un´alleanza solida fra l´economista di Piacenza e il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone. L´avventura di Gotti Tedeschi allo Ior giunge al capolinea dopo quattro anni. La commissione cardinalizia di vigilanza formalizzerà oggi la nomina di un presidente ad interim, che sarà l´attuale vicepresidente Ronaldo Hermann Schmitz, rappresentante della Deutsche Bank nel Consiglio dello Ior. E con "Repubblica", Gotti Tedeschi, membro dell´Opus Dei, vicino all´ex ministro dell´Economia Giulio Tremonti, e fino a ieri molto stimato anche da Papa Benedetto XVI, enumera uno per uno i motivi che hanno portato alla rottura. «Ma non è stato lui a dimettersi - dicono alla Segreteria di Stato - questa è la voce che sta spargendo. È stato, invece, sfiduciato da tutti i membri del Consiglio dello Ior nella loro capacità e autonomia. E persino dal rappresentante del suo Istituto, la banca spagnola Santander».
I suoi nemici? Gotti Tedeschi a questo punto non ha più remore. E li indica uno per uno: «Marco Simeon e Cesare Geronzi», risponde. Il primo, pupillo del cardinale Bertone, oggi direttore delle Relazioni istituzionali e internazionali della Rai, snodo centrale dei rapporti con la Santa Sede, non ha mai avuto un buon feeling con il presidente dello Ior. «Io voglio portare trasparenza nell´Istituto», ha sempre detto Gotti Tedeschi di Simeon, giudicato come controverso. E difficile è stato anche gestire i rapporti con il secondo, il potentissimo banchiere romano. Gotti Tedeschi non vuole dire di più su questo fronte, ma indica un altro scenario.
«Il caso del San Raffaele», dice. La decisione dello Ior di non rilanciare nell´asta che si era aperta per rilevare il San Raffaele di Don Verzé, e alla fine poi vinta dal re delle cliniche Giuseppe Rotelli, era diventata un boomerang di immagine per il Vaticano. Eppure, quando l´estate scorsa venne adottata la decisione di muoversi per salvare l´ospedale, la Santa Sede si mosse compatta. Il cardinale Bertone aveva inviato a organizzare la cordata il suo uomo Giuseppe Profiti e lo stesso Gotti Tedeschi. Obiettivo: formare un polo d´eccellenza da unire ad altre strutture sanitarie vaticane all´avanguardia, come ad esempio il Bambin Gesù di Roma, molto caro al segretario di Stato.
Due però i tipi di problemi che portarono Gotti allo scontro. Primo, il forte esborso economico. Difatti i 250 milioni messi sul piatto della bilancia sarebbero stati alla fine caricati in buona parte proprio sulle spalle dell´Istituto delle Opere Religiose. E già questo avrebbe rappresentato un problema. Secondo, una questione di carattere etico, come difatti le operazioni sommerse di Don Verzè e del vicepresidente Mario Cal, poi suicidatosi, hanno dimostrato.
Nell´amarezza, Gotti Tedeschi va avanti. Altro motivo del braccio di ferro. «La difesa del cardinale Attilio Nicora». E, aggiunge subito dopo: «La legge anti riciclaggio per il Vaticano». Di recente nella Santa Sede erano infatti emerse valutazioni diverse rispetto a quelle propugnate da Nicora, presidente della Autorità di Informazione Finanziaria. Ma la situazione sembrava rientrata dopo la pubblicazione di nuove norme, «volute da me», ha sempre detto Gotti, che chiarivano meglio le competenze dell´organo di controllo assicurando ancora maggiore trasparenza. Come è poi emerso dalle fughe di notizie, i "Vatileaks" li ha ribattezzati il portavoce papale, padre Federico Lombardi, il ruolo della neonata Autorità di Informazione Finanziaria è stato considerato come controverso. Una lettera del cardinale Nicora, pubblicata alcuni mesi fa da "Il Fatto quotidiano", fece infatti emergere uno scontro interno al Vaticano sulla retroattività della nuova normativa. Scossoni ai quali si aggiunse, lo scorso 15 febbraio, la decisione di JPMorgan di chiudere il conto dello Ior. «Si possono capire ora gli attacchi ricevuti - dice Gotti - per aver preso la posizione del cardinale Nicora contro la modifica della vecchia legge, la mia». E ancora: «Il tema del riciclaggio vaticano, che il governo americano di recente aveva segnalato, spiegava perché ero preoccupato. E anche altro…».
Eppure, solo dieci giorni fa, un gruppo di ambasciatori, capi delle missioni diplomatiche accreditate presso la Santa Sede, aveva visitato l´Istituto per le Opere di Religione, dove ad accoglierli c´erano monsignor Fortunatus Nwachukwu, capo del Protocollo della Segreteria di Stato e monsignor Peter Bryan Wells, assessore, che hanno spiegato il significato della visita nella linea di una piena trasparenza da parte del Vaticano per quanto riguarda le attività economiche. Tutto apparentemente in ordine. E alla presenza di Gotti Tedeschi il direttore generale dell´Istituto, Paolo Cipriani, aveva tranquillizzato i diplomatici sul fatto che la Banca vaticana era impegnata nell´applicare le nuove norme contro il riciclaggio, e per la trasparenza voluta da Papa Ratzinger e sotto esame da parte degli organismi monetari europei. In particolare era stato assicurato l´adeguamento dello Ior agli standard internazionali più esigenti in materia di lotta al riciclaggio.
Gotti Tedeschi ha ora anche altri motivi da indicare, come ulteriori motivo di attrito: «La sfiducia data a due manager di Bertone». Ecco. Che i rapporti interni allo Ior non fossero più come prima, gli ultimi mesi lo avevano fatto capire con chiarezza. L´amicizia e la stima con il segretario di Stato si erano allentate, fino a venire meno. E la battaglia con i tecnici, per Gotti si era unita a una incompatibilità con il vertice, e a una spigolosità di carattere che ha finito per incidere per entrambi, Gotti e Bertone.
Questo nonostante la vicinanza dell´economista a Benedetto XVI. «Difendiamo il Papa», continua a dire. Perché, sostiene l´ex presidente dello Ior, «è lui l´obiettivo vero di tanti attacchi». Da qui, ancora di recente, la sua proposta di candidare il Pontefice al Nobel, per l´enciclica Caritas in veritate, alla cui stesura lo stesso Gotti Tedeschi ha contribuito.
Ma a fare saltare tutto, infine, è stata la pubblicazione delle carte segrete. Molti documenti, oggi riportati nel libro "Sua Santità" di Gianluigi Nuzzi, portano i nomi del Papa, del suo segretario personale Georg Gaenswein, di Tarcisio Bertone, del cardinale arcivescovo di Milano Angelo Scola, e tanti altri. E di Gotti Tedeschi. La Segreteria di Stato lo addita adesso come «uno dei corvi». «Ma io querelo», ribatte il presidente dello Ior, nella bufera. Dal Vaticano la replica è gelida e sicura: «In proposito - dicono - l´investigazione è accurata».
LA STAMPA DI STAMATTINA - ANDREA TORNIELLI
l presidente dello Ior, Ettore Gotti Tedeschi, alle due di ieri pomeriggio è stato sfiduciato dagli altri quattro membri del Consiglio di sovrintendenza dell’Istituto per le Opere di Religione e ha lasciato l’incarico. Una decisione che arriva dopo mesi di tensioni, contrasti e scontri che si sono consumati all’ombra dei palazzi vaticani e che sono emersi all’inizio dell’anno con i «vatileaks», la pubblicazione di documenti e memoriali interni, alcuni dei quali riguardanti proprio la gestione delle finanze vaticane.
La guida dello Ior viene assunta ad interim dal vicepresidente del Consiglio di sovrintendenza, il tedesco Ronaldo Hermann Schmitz. Gli altri membri che hanno sfiduciato Gotti sono l’americano Carl Anderson (leader dei Cavalieri di Colombo), l’italiano Giovanni De Censi e lo spagnolo Manuel Soto Serrano (che è nel board del Banco di Santander, lo stesso per il quale lavora anche l’ormai ex presidente della banca vaticana). Poco dopo la diffusione della notizia, nel tardo pomeriggio di ieri, la Sala Stampa della Santa Sede ha comunicato che nella riunione del Consiglio di sovrintendenza «fra i temi in agenda, c’era ancora una volta la governance dell’Istituto. Nel tempo, questa ha destato progressiva preoccupazione nel Consiglio e, nonostante ripetute comunicazioni in tal senso al prof. Gotti Tedeschi, presidente dello Ior, la situazione è ulteriormente deteriorata».
«Dopo una delibera, il board ha adottato all’unanimità un voto di sfiducia del presidente, per non avere svolto varie funzioni di primaria importanza per il suo ufficio». I membri del Consiglio «sono rattristati per gli avvenimenti che hanno condotto al voto di sfiducia, ma considerano che quest’azione sia importante per mantenere la vitalità dell’Istituto» e guardano «avanti, al processo di ricerca di un nuovo ed eccellente presidente, che aiuterà lo Ior a ripristinare efficaci ed ampie relazioni fra l’Istituto e la comunità finanziaria, basate sul mutuo rispetto di standard bancari internazionalmente accettati». Parole che sottintendono come questo non sia avvenuto sotto la presidenza di Gotti Tedeschi.
La Commissione cardinalizia che vigila sullo Ior – composta dagli italiani Tarcisio Bertone e Attilio Nicora, dal francese Jean Luis Tauran, dall’indiano Telesphore Placidus Toppo e dal brasiliano Odilo Pedro Scherer – è stata convocata d’urgenza e si riunirà quest’oggi «per trarre le conseguenze della delibera del Consiglio e decidere i passi più opportuni per il futuro». Le fonti vaticane considerano altamente improbabile che i cardinali ribaltino la decisione presa ieri.
Ettore Gotti Tedeschi, banchiere cattolico, considerato vicino all’Opus Dei, era stato chiamato alla presidenza della banca vaticana nel 2009. Il suo arrivo doveva accelerare il processo di trasparenza voluta da Benedetto XVI nelle finanze vaticane. Pochi mesi dopo il suo arrivo, lo Ior era stato coinvolto in un’inchiesta della magistratura romana per alcune movimentazioni di denaro: Gotti aveva deciso di collaborare con i giudici, facendosi interrogare senza passare attraverso le rogatorie internazionali, con un’iniziativa che non era piaciuta a tutti Oltretevere.
Professore di etica e finanza all’Università Cattolica di Milano, autore di saggi, editorialista de «L’Osservatore Romano», l’ex presidente dello Ior è stato un consigliere molto ascoltato dall’ex ministro Giulio Tremonti, che ha accompagnato da Benedetto XVI per parlare di economia e globalizzazione. Tremonti lo aveva nominato consigliere per «i problemi economico-finanziari ed etici nei sistemi internazionali» oltre che membro della Cassa Depositi e prestiti.
La decisione di sfiduciarlo è stata presa in un momento particolarmente complicato e difficile per la Santa Sede, alle prese con una massiccia fuga di documenti: alcuni di questi erano transitati anche attraverso l’email di Gotti Tedeschi e riguardavano le tensioni interne sorte nella fase preparatoria della nuova legge sulla trasparenza, che nelle intenzioni doveva servire ad avvicinare il Vaticano agli standard internazionali. In discussione ruolo e poteri dell’Aif, autorità di informazione finanziaria di controllo presieduta dal cardinale Attilio Nicora, che secondo il porporato e secondo lo stesso Gotti risultava ridimensionata dalle nuove norme entrate in vigore lo scorso gennaio.
LA STAMPA - AN. TOR.
Preferisco non parlare, altrimenti dovrei dire solo brutte parole. Abbiate pazienza». La sfiducia che ha portato all’uscita di scena di Ettore Gotti Tedeschi dallo Ior dopo neanche tre anni di presidenza, è giunta improvvisa ma erano mesi che il banchiere aveva preso in considerazione la possibilità delle dimissioni. Fin dai giorni dell’inchiesta della magistratura romana sulla movimentazione di denaro in alcuni conti dello Ior da banche italiane a banche tedesche, Gotti aveva scelto di collaborare direttamente con i magistrati. Quella vicenda era stata l’inizio delle incomprensioni con il direttore generale dell’Istituto, Paolo Cipriani. In quella occasione Gotti, sottoposto a indagine dai Pm, ricevette un pubblico sostegno da parte di Benedetto XVI che lo salutò dopo un Angelus a Castel Gandolfo ricevendolo insieme alla moglie. «Dobbiamo essere esemplari» aveva ripetuto il Pontefice. E il nuovo presidente, scelto dal Segretario di Stato Tarcisio Bertone, aveva continuato il processo di rinnovamento e trasparenza già in atto, chiudendo i conti correnti «in sonno» intestati a prestanome.
Tra le persone con le quali si era scontrato Gotti Tedeschi c’era Marco Simeon, l’attuale direttore di Rai Vaticano legato al faccendiere Luigi Bisignani. L’estate scorsa lo Ior era stato coinvolto nell’operazione di salvataggio dell’ospedale San Raffaele di Milano, voluta dal cardinale Bertone e auspicata da diversi uomini della finanza e della politica milanese. Gotti Tedeschi, inizialmente favorevole, si era poi convinto del contrario ritenendola un’avventura pericolosa, e si era scontrato con Giuseppe Profiti, manager dell’ospedale Bambin Gesù e uomo di Bertone nel mondo della sanità. Pure rapporti con il cardinale Segretario di Stato si erano progressivamente raffreddati, anche se negli ultimi tempi si è registrato un miglioramento.
Ma il punto di non ritorno per Gotti Tedeschi è stata la nuova legge sulla trasparenza che doveva portare il Vaticano nella «white list» dei Paesi virtuosi in materia di antiricilaggio. Il presidente dello Ior, d’accordo in questo con il cardinale Attilio Nicora, riteneva che le modifiche apportate fossero troppe e soprattutto che venisse ridimensionato il ruolo dell’Aif, l’organismo di controllo istituito con la precedente normativa. Dove stia la ragione saranno gli esperti di Moneyval a sancirlo il prossimo luglio, quando si conoscerà il rapporto finale sull’adeguamento della Santa Sede alle normative internazionali. Dietro la sfiducia di ieri, Gotti Tedeschi vede una sorta di regolamento di conti. Motivato dalle sue posizioni prese nel corso dell’ultimo anno da un uomo sempre più isolato Oltretevere, che aveva però mantenuto sempre aperto un collegamento con il segretario particolare del Pontefice, don Georg Gänswein.