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 2012  maggio 24 Giovedì calendario

I PADRONI FRANCESI DI PARMALAT INCASSANO IL TESORO DI BONDI


Chissà che gusto ha il “Sorrento”, uno dei formaggi di punta che da ieri fa parte del catalogo Parmalat. Di sicuro, monsieur Besnier, patron di Lactalis e proprietario dell’azienda di Collecchio, non ha fatto sconti alla cassa: il “Sorrento”, assieme alla “Vera Mozzarella”, la “Galbani Usa”ed altre prelibatezze è stata pagata 904 milioni. In contanti, beninteso, mica in pregiate forme di parmigiano. Soldi che escono dalla cassa del gruppo italiano, cioè parte di quel miliardo e mezzo recuperato a suo tempo da Enrico Bondi dalle banche internazionali che avevano appoggiato le imprese di Calisto Tanzi e che rientrano in quelle di monsieur Besnier, proprietario al 100 % della Lactalis Usa. Insomma, il patron francese di Parmalat, come ampiamente previsto, ha utilizzato i fondi che ha trovato a Collecchio per ripagarsi, in parte, l’acquisto dell’azienda che non ha trovato a suo tempo un solo imprenditore italiano disposto a fare un buon affare. Per carità, Lactalis non sta facendo nulla di illecito. Ma quella fetta di “Sorrento” rischia di essere davvero indigesta. Per più motivi.
1) L’operazione, a quel che si legge, ha «una forte valenza industriale». Sarà. Anche se sfugge il motivo per cui Parmalat controlla il certosino Galbani in Usa ma non in Italia. In realtà, fino a pochi giorni fa si parlava di fondere in Parmalat le attività nel latte in Francia e Spagna. Poi, chissà perché, si è cambiata strada. In sostanza, la vera preoccupazione era metterle mani sul tesoretto, anche se per lo statuto di Parmalat, quei quattrini non si sarebbero dovuti allontanare dall’Italia.
2) Le spiegazioni «industriali» , che sottolineano la «rapidità di crescita» del mercato Usa, servono a giustificare il prezzo: Parmalat paga i formaggi Ua 9,4 volte l’ebitda, cioè il margine di impresa, mentre l’azienda italiana in Borsa tratta a sole 4 volte. Insomma, il signor Besnier si è fatto un buon affare.
3) L’operazione è una risposta eloquente alle preoccupazioni del ministro Corrado Passera che, a suo tempo, nelle vesti di amministratore di Banca Intesa, si era coperto di ridicolo nel tentativo un po’ maldestro di organizzare una cordata italiana. Oggi, di fronte alle mosse del gruppo francese, Passera aveva fatto filtrare la voce della convocazione degli amministratori di Lactalis al ministero. Magari ci andranno. E porteranno con loro una fetta di certosino prodotto a Chicago.
4) Monsieur Besnier, però, è un democratico. Tratta a pesci in faccia il ministro, ma si guarda bene dallo spiegare le sue strategie e le sue scelte agli operatori di Borsa ed ai risparmiatori che possiedono azioni Parmalat. Né risulta che i sindacati, che a suo tempo stesero il tappeto rosso agli industriali d’Oltralpe abbiano ricevuto un trattamento migliore: d’un colpo solo l’azienda riduce il cash al servizio di investimenti in ricerca e sviluppo italiani, magari per crescere sui mercati internazionali. Il tutto per una fetta di Sorrento. Chissà che ne pensa Federico Pizzarotti, neo sindaco di Parma: Lactalis, in omaggio alla sua elezione, gli ha fatto vedere le stelle.
5) L’operazione è accompagnata, al solito, da uno stuolo di perizie: il prezzo è giusto per il comitato interno che, regolamenti alla mano, deve vistare le operazioni infragruppo. E lo stesso vale per il comitato governance, cui spetta la verifica della regolarità delle procedure. Non manca l’avallo di Mediobanca, che già aveva prestato i quattrini a Besnier per concludere l’affaire. Quando si parla di piccole e medie imprese di casa nostra, si sa, bisogna fare i conti con il credit crunch e Basilea 3, ma quando un imprenditore francese sale a 6 miliardi di debiti per comprare un gruppo italiano per 3,4 miliardi (con un miliardo e mezzo di quattrini in pancia) certe esitazioni cascano di colpo.
6) Del resto, si raccoglie quel che si semina. Quando si profilò la sola idea che un gruppo Usa preparasse l’assalto a Danone, la Francia mise a punto in tutta fretta una legge a tutela dei settori strategici. In quella lista Danone, che tratta yoghurt e formaggi, venne inserita perché proprietaria di brevetti nell’area salute e, in quanto tale, inserita nel settore pharma. In Italia, non solo l’industria privata restò con le mani in mano (salvo uno pseudo interesse della famiglia Ferrero) mentre le banche pensavano a non perdere un buon cliente. Lo stesso Silvio Berlusconi barattò il suo assenso in cambio del via libera a Mario Draghi alla Bce da parte di Nicolas Sarkozy.
7) Che fare adesso? In assemblea, a Collecchio, farà caldo perché il fondo Amber già affila le armi. Ma Lactalis possiede una maggioranza bulgara, perciò le cose alla fine fileranno lisce. Dal sindacato non è il caso di attendersi fuoco e fiamme: di questi tempi un posto di lavoro sicuro è già molto. La Consob farà bene a passare al microscopio le carte, così come farebbe al suo posto la Cob francese.
8) L’importante, però, è che il ministro Passera non digerisca questa presa in giro. Lactalis ha rispettato, probabilmente, la lettera delle leggi. Ma ha preso in giro, nella sostanza, i nostri rappresentanti. Chissà che avrebbe fatto in questo caso il generale De Gaulle, così sensibile ai formaggi di casa. Passera, che non è De Gaulle, rimandi almeno indietro il “Sorrento”. O pretenda che i 200 milioni che restano «da destinarsi ad una opportunità di investimento finanziario più favorevole» servano a far crescere Parmalat, non la “Vera Mozzarella”tarocca.

Ugo Bertone