PAOLO MASTROLILLI, la stampa 25 5 12, 25 maggio 2012
LA STORIA
Etan, il bimbo che gettò New York nell’incubo
Sparì nel nulla nel 1979, ora un uomo confessa: l’ho ucciso io
Oggi sono trentatré anni. Tanto è passato dal peggior incubo che possa capitare ad un genitore: un figlio di 6 anni che sparisce nel nulla mentre va a scuola.
Stavolta, però, l’anniversario ha portato ai genitori di Etan Patz un frammento di tragica verità, se gli investigatori dimostreranno che la confessione fatta da Pedro Hernandez è vera.
Etan viveva a Prince Street, nel quartiere Soho di Manhattan, col padre Stanley, la madre Julie e i fratelli Shira e Ari. Il 25 maggio del 1979 era un giorno speciale per lui: per la prima volta i genitori gli avevano dato il permesso di camminare da solo fino alla fermata dell’autobus che ogni mattina lo portava a scuola.
Solo due strade da percorrere, ma a lui dovevano sembrare la via d’ingresso nel mondo dei grandi. Aveva pianificato tutto nei dettagli, ripetendo mentalmente la passeggiata fatta decine di volte per mano con i genitori. In tasca custodiva un dollaro, che voleva spendere dentro un negozio lungo la strada, per comprare una lattina di soda da bere in classe.
Etan però non arrivò mai a scuola. Non arrivò mai alla fermata del bus. Si perse lungo quei pochi metri, senza che nessuno lo notasse. Dopo diverse ore di angoscia i genitori chiamarono la polizia, che all’inizio li considerò come i principali sospetti. Poi gli investigatori capirono che no, non poteva essere così: la disperazione di Stan e Julie era vera, e non avevano idea di dove fosse finito il figlio.
Cominciò una caccia all’uomo, che ben presto divenne un caso nazionale. Prima cento agenti della polizia locale, con i cani da fiuto sguinzagliati nel quartiere. Poi l’Fbi e persino la Casa Bianca. Stan, che faceva il fotografo, diede le immagini di Etan che venivano proiettate a Times Square e stampate sui cartoni del latte.
Passarono i giorni, le settimane, i mesi, ma nessuna traccia veniva fuori. Nessuno che avesse notato anche un minimo indizio. Il presidente Reagan si commosse, proclamando il 25 maggio come la giornata nazionale dei bambini scomparsi. Una piaga che tormenta gli Stati Uniti, dove in media spariscono 2185 minorenni al giorno. Però niente, neanche questa mobilitazione nazionale riuscì a risolvere il caso.
Solo nel 1985, quando ormai le speranze di ritrovare Etan vivo erano finite, il procuratore Stuart Gra Bois mise un nome nella lista dei sospetti. Era quello di José Antonio Ramos, un molestatore di bambini del Bronx, amico della baby sitter che lavorava in casa Patz.
Gra Bois trovò Ramos in una prigione della Pennsylvania, dove era stato rinchiuso per aver aggredito un altro minorenne. Lui ammise che il giorno della scomparsa di Etan aveva portato un bambino a casa per abusarne, e gli sembrava che somigliasse al 90% a quello cercato in televisione. Conosceva anche il percorso del bus del piccolo Patz, che saliva alla terza fermata. Eppure il procuratore non riuscì ad ottenere una condanna, perché mancavano il cadavere e prove certe.
Nel 2001 Etan fu dichiarato legalmente morto, e i genitori presentarono una causa civile contro Ramos. Nell’aprile del 2004 il giudice Barbara Kapnick lo dichiarò colpevole e lo condannò a pagare 2 milioni di risarcimento.
Ogni anno, il giorno dell’anniversario, Stan mandava in carcere a Ramos una foto di suo figlio, con su scritto: «Cosa hai fatto al mio piccolo ragazzo?».
Nel 2010 il procuratore di Manhattan Cyrus Vance Jr ha riaperto il caso, e il mese scorso la scientifica ha perquisito il sotterraneo della casa di Othniel Miller, un muratore che faceva lavoretti nel quartiere. Sembrava la svolta, ma non avevano trovato tracce.
Proprio in quei giorni, però, la polizia ha ricevuto la telefonata di un parente di Pedro Hernandez, che nel 1979 lavorava in un negozio sulla strada dove era sparito Etan. Questa persona aveva detto agli agenti che Pedro aveva confessato di aver ucciso un bambino, senza rivelare il suo nome.
Gli investigatori lo avevano considerato un sospettato dal principio, ma poi lui si era trasferito a Camden, nel New Jersey, e lo avevano mollato. Ieri lo hanno arrestato, e tra le lacrime ha confessato: aveva attirato Etan nel negozio con una caramella, e l’aveva strangolato. Poi aveva fatto a pezzi il cadavere e lo aveva nascosto in una scatola.
La polizia sta ancora verificando la sua storia, ma l’arresto dimostra che la ritiene credibile. I genitori di Etan intanto stanno ancora là, nella stessa vecchia casa a Prince Street, aspettando almeno di conoscere la verità.
Nel 2010 il procuratore di Manhattan Cyrus Vance Jr ha riaperto il caso, e il mese scorso la scientifica ha perquisito il sotterraneo della casa di Othniel Miller, un muratore che faceva lavoretti nel quartiere. Sembrava la svolta, ma non avevano trovato tracce.
Proprio in quei giorni, però, la polizia ha ricevuto la telefonata di un parente di Pedro Hernandez, che nel 1979 lavorava in un negozio sulla strada dove era sparito Etan. Questa persona aveva detto agli agenti che Pedro aveva confessato di aver ucciso un bambino, senza rivelare il suo nome.
Gli investigatori lo avevano considerato un sospettato dal principio, ma poi lui si era trasferito a Camden, nel New Jersey, e lo avevano mollato. Ieri lo hanno arrestato, e tra le lacrime ha confessato: aveva attirato Etan nel negozio con una caramella, e l’aveva strangolato. Poi aveva fatto a pezzi il cadavere e lo aveva nascosto in una scatola.
La polizia sta ancora verificando la sua storia, ma l’arresto dimostra che la ritiene credibile. I genitori di Etan intanto stanno ancora là, nella stessa vecchia casa a Prince Street, aspettando almeno di conoscere la verità.